giovedì 31 dicembre 2020

SOLENNITA’ DELLA BEATA VERGINE MARIA MADRE DI DIO

SOLENNITA’ DELLA BEATA VERGINE MARIA MADRE DI DIO
«i pastori andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia».

Carissimi amici,
L’origine di questa festa e’ molto antica. La Chiesa di Roma, già nei primi secoli, il 1 gennaio celebrava la festa di Santa Maria, ma e’ con il Concilio di Efeso del 431 che viene riconosciuto ufficialmente il titolo “Maria madre di Dio”, perché viene riconosciuto che Gesù e’ Dio.

Riconoscere Gesù come Dio, non è stato un cammino semplice, proprio perché era inconcepibile che un Dio grande ed immortale, si rivestisse di umana debolezza. È la bellezza della nostra fede sta proprio nel vedere Dio accanto ad ogni essere umano. Un Dio che non è in cielo a puntare il dito contro ogni nostro errore, ma che si è fatto nostro
compagno di cammino. In questi mesi di pandemia, Dio non è stato lontano, ma ha lottato con noi e per noi. La scienza in questi mesi ha fatto tantissimo, ma non dimentichiamo che la scienza è uno dei sette doni dello Spirito Santo. Se abbiamo degli strumenti per poter lottare contro questo male, è vero che esseri umani li hanno realizzati, ma è
lo Spirito Santo che ha suggerito, così come lo spirito cattivo suggerisce di fare il male, di disobbedire alle regole. Forse un po’di esercizi spirituali di Sant’Ignazio, ci saranno utili per fare saggio discernimento!

Lo stupore dei pastori è grande, perché pensavano di trovare chissà cosa, invece hanno trovato uno di loro. Uno di loro capace di cambiare il mondo, di salvarlo. Ed è così! Dio si serve dell’umanità per salvarla e questo lo aveva capito bene anche San Francesco d’Assisi. Salvare la Chiesa rimanendo nella Chiesa, non mettendosi contro, come hanno fatto altre persone che hanno diviso la Chiesa. Questa è la logica dell’incarnazione!

Dio per salvare l’uomo si è fatto uomo, ma l’uomo è disposto a fare la stessa cosa per salvare gli altri? Ci siamo lamentati che il 2020 è stato funesto, ma ci siamo mai chiesti quanto c’è di opera nostra in tutto questo? Il voler per forza trovare l’escamotage per raggirare le leggi e le regole. Come vogliamo vivere il 2021?

Non dobbiamo rispettare solo le regole statali, ma dobbiamo sopratutto rispettare le regole della nostra coscienza, del nostro cuore. Solo così capiremo il vero significato dell’incarnazione, dove io non vivo da solo, ma vivo in una comunità che ha le mie stesse necessità e che devo tutelare e rispettare. Il principio è quello del Vangelo: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti» (Mt 7,12). Prima applichiamo questo principio, prima ne usciremo non solo dalla Pandemia, ma da tutte queste forme di egoismo, relativismo e anarchia. Un mondo migliore può esistere se siamo noi a volerlo!

Che il Signore e la Vergine Maria ci accompagnino nelle piccole grandi scelte di questo nuovo anno! Auguri!

sabato 26 dicembre 2020

I DOMENICA DI NATALE – Festa della Santa Famiglia

 I DOMENICA DI NATALE – Festa della Santa Famiglia

«Maria e Giuseppe portarono il bambino Gesù a Gerusalemme»

 

Carissimi amici,

come ogni anno, la domenica dopo Natale, la Chiesa fa memoria della Santa Famiglia di Nazareth. Nella preghiera di colletta abbiamo invocato Gesù, Maria e Giuseppe come modello di vita, ma perché questa famiglia, umanamente sfortunata, deve essere il nostro modello? Un concepimento tutto particolare, la nascita di questo figlio lontano dagli affetti e da un rifugio sicuro, la fuga in Egitto nel cuore della notte, la triste profezia, lo smarrimento, la passione, ecc. Perché a noi che abbiamo diversi problemi, ci viene affidata una famiglia problematica? Il motivo è semplice, perché la famiglia di Nazareth ci insegna come convivere e superare le difficoltà. E ciò che ci permette di superare le difficoltà, è l’Amore e la Fede, come ci ha detto l’autore della lettera agli Ebrei.

 

La famiglia esiste solo e soltanto se c’è l’Amore e la Fede. Ma non parliamo di cose astratte, ma concrete. Maria e Giuseppe non si sono amati spiritualmente o ideologicamente. Maria e Giuseppe non sono stati passivi alla volontà di Dio. L’Amore vero è quello che ci ha insegnato Gesù, quando dice: «Non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici». L’Amore in una coppia è mettere la nostra vita nelle  mani dell’altro. E qui entra in gioco la Fede, ovvero la fiducia.

 

Quello che spesso manca alle nostre famiglie è proprio la Fede, la fiducia. Ci si mette insieme per convenienza, (economica, di prestigio, sessuale) quasi a stipulare un compromesso e non perché si è disposti a fidarsi ed amarsi l’uno dell’altro. Pongo spesso ai fidanzati questi interrogativi: «ma perché su migliaia di uomini o donne hai scelto proprio lui o lei? Sei sicuro che lui o lei ti ami realmente?. Quando non ci sono problemi, tutto è bello, e poi? La casa della famiglia è fondata sulla sabbia o sulla roccia?».

 

L’Amore vero esiste nella misura in cui sono capace di amare e di essere amato. Il resto non conta, come ci ricorda San Paolo a conclusione dell’inno alla Carità. Alla fine rimarranno tre cose: la Fede, la Speranza e la Carità, ma la più grande di tutte è la Carità!

 

Apriamo il nostro cuore per vivere l’Amore vero, quello che tutto sopporta e quello che tutto spera, perché solo l’Amore ci terrà uniti tra di noi e ci terrà uniti a Cristo.

 

Buon cammino!

giovedì 24 dicembre 2020

SOLENNITÀ DEL NATALE DEL SIGNORE

 SOLENNITÀ DEL NATALE DEL SIGNORE

«In quei giorni, un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra»

 

Carissimi amici,

questo è il vero Natale, Dio è entrato nella storia, proprio nelle nostre stesse condizioni. Cerchiamo di capire come. Nel Vangelo di Luca troviamo questo versetto: «In quei giorni, un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra» (Lc 2,1). Quello che ormai noi chiamiamo un DPCM. Giuseppe e Maria, non si oppongono, obbediscono e da Nazareth si recano a Betlemme. Lo stesso Gesù, sulla domanda dei farisei sui tributi risponde: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (Mt 22,21). Erano i giorni del parto, Maria e Giuseppe sicuramente volevano condividere la loro gioia a Nazareth con tutta la famiglia intorno, ma il rispetto per la legge, ha prevalso sui sentimenti. Non a caso, Giuseppe è definito uomo giusto, cioè amante della giustizia, della verità, della lealtà. Lungo il viaggio avviene la nascita di Gesù e il tutto si svolge in solitudine e in una stalla, visto che «per loro non c’era posto nell’alloggio» (Lc 2,7). Maria in quel momento non pensa ad Anna e Gioacchino che sono da soli a Nazareth, Giuseppe non pensa alla sua famiglia rimasta lontana. La loro attenzione è sul quel bambino che è nato, fissano il loro cuore su Dio. Il Natale cristiano, non è vedere nonni, zii, cugini, ecc. quello lo possiamo fare tutti i giorni! Natale è vedere Dio nel nostro cuore, è vedere Dio nel cuore di chi mi sta accanto. Scopriremo così che Natale è ogni giorno, ogni Eucaristia nella quale Cristo viene in mezzo a noi e in noi.

Giuseppe Maria e Gesù, non hanno i parenti intorno, ma pochi pastori sconosciuti, ma questo non toglie la gioia del momento: una vita che nasce!

 

Le conclusioni per noi. Gli altri anni, la nostra attenzione era più sull’aspetto tradizionale del Natale e poco sulla dimensione religiosa e di fede. I regali, gli addobbi, i pranzi, le cene, le lunghe tavolate, la mezzanotte. E Cristo? Il festeggiato? Solo con Maria e Giuseppe nella stalla di Betlemme. Come dico spesso, il Covid19 ha smascherato tutte le nostre ipocrisie e false convinzioni, ci ha tolto tutto ciò che offuscava la nostra vita.

 

Oggi abbiamo la possibilità unica di vivere il vero Natale, ovvero l’incontro con Cristo. Non lasciamoci rubare la gioia da qualche tavolata saltata, (quelle si recuperano anche dopo Natale, l’anno è fatto da altri 364 giorni!). Oggi dobbiamo essere felici, perché Dio è con noi e non ci lascerà mai e poi mai da soli.

 

Il Natale per noi, è l’incontro con l’Eucaristia. Un Dio grande e onnipotente che un tempo decise di rivestirsi di umanità, oggi riveste il Pane e il Vino dell’Eucaristia. Il vero presepe oggi è l’altare! Gesù Eucaristia adagiato sul corporale e noi come i pastori, andiamo ad adorarlo e a nutrirci di Lui. Tra poco, avverrà il grande prodigio. Gesù sarà qui vivo e presente in mezzo a noi, non possiamo non accoglierlo con tanta gioia, con tanto amore, con tanta devozione. E questo non avviene solo tra poco, avviene in ogni Eucaristia! Partecipare all’Eucaristia è rivivere non solo la passione, morte e risurrezione di Gesù, ma è rivivere la notte del Natale, una notte che ha donato al mondo il regalo più bello: il Paradiso!


Buon Natale!

sabato 19 dicembre 2020

IV DOMENICA DI AVVENTO (Anno B)

IV DOMENICA DI AVVENTO (Anno B)

«Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio»

 

Carissimi amici,

a distanza di pochi giorni, la liturgia ci fa meditare nuovamente il brano del Vangelo dell’Annunciazione. Se l’8 dicembre abbiamo parlato del valore del concepimento e della vita, oggi la nostra attenzione si orienta su un’altra figura che in questi giorni abbiamo spesso ritrovato.

 

Dopo la testimonianza del Battista, chi ci accompagna in questi giorni prima del Natale, è l’Arcangelo Gabriele. Lo abbiamo trovato due giorni fa che ha parlato in sogno a Giuseppe, ieri ha portato l’annuncio a Zaccaria, oggi lo ritroviamo a Nazareth dalla Vergine Maria e saranno gli angeli a dare l’annuncio ai pastori della nascita del Messia.

 

Spesso parliamo di spiriti impuri, del Diavolo che ostacolano la nostra vita, ma difficilmente parliamo degli angeli che sono messi a custodia e tutela della nostra vita. La voce e la volontà di Dio si rivela proprio attraverso queste figure che ci parlano nel sogno come è avvenuto con Giuseppe, ci parlano nella preghiera come è avvenuto a Zaccaria, ci parlano nella quotidianità come è avvenuto per Maria e per i pastori.

 

Sant’Ignazio di Loyola, negli esercizi spirituali, parla spesso dell’angelo buono e dell’angelo cattivo e di come queste figure sono determinanti nelle nostre piccole e grandi scelte quotidiane, tant’è che quando facciamo una scelta sbagliata, subito deleghiamo la responsabilità al diavolo, dicendo che è colpa sua, però quando facciamo del bene, il merito non lo diamo agli angeli, ma ce lo prendiamo noi.

 

Ecco, allora, che è giunto il momento di valorizzare queste figure che ogni giorno ci sono accanto, perché sono di fondamentale aiuto. Se Gabriele non avesse parlato a Giuseppe, probabilmente Maria si sarebbe ritrovata da sola, isolata da tutto e da tutti. Stessa cosa con Maria. Lei ha accettato perché Gabriele le ha spiegato questo progetto divino. Ma come riconoscere queste figure? Queste figure si riconoscono nel silenzio, nel discernimento,  e soprattutto nell’aiuto di coloro che ci amano e ci vogliono bene. Nessuno si salva da solo! Ognuno di noi ha la necessità di confrontarsi con qualcuno di fiducia, che è capace di tendere la mano. Ma il riferimento non è solo per i vivi, ma anche per i nostri cari che sono in cielo. Loro, come gli angeli ci sono sempre accanto e non ci lasciano mai, proprio perché conoscono i nostri bisogni e le nostre necessità e sanno come aiutarci.

 

E concludo con una frase che sempre utilizzava don Tonino Bello e che a me piace tanto. “Siamo angeli con una ala sola. Possiamo volare solo se rimaniamo abbracciati!”

 

Buon cammino!

sabato 12 dicembre 2020

III DOMENICA DI AVVENTO (Anno B)

 III DOMENICA DI AVVENTO (Anno B)

«In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me»

Carissimi amici,
il Vangelo di questa domenica, ci presenta la testimonianza di Giovanni il Battista. Il contesto dove si sviluppa questa testimonianza è molto interessante. Ci troviamo lungo le rive del Giordano e siamo agli inizi del ministero pubblico di Gesù. Circa trent’anni prima di questo evento, i saggi alla corte di Erode, avevano attestato che il Messia era nato, citando il famoso brano del profeta Michea su Betlemme. Allora, mettendo insieme il fatto che il Messia era ormai giunto e che lungo il Giordano stava succedendo qualcosa di grande, ecco che gli scribi e i farisei interrogano Giovanni e gli chiedono se è lui il Messia. La risposta di Giovanni è chiara e decisa: «No, non sono io!» e aggiunge che lui è solo uno dei tanti messaggeri che annuncia l’arrivo del Messia.

Sulla testimonianza di Giovanni, c’è una frase che mi ha impressionato, ed è quella che ho scelto come titolo a questa meditazione. «In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me». Io immagino questa scena. Ci sono gli scribi e i farisei, c’è Giovanni e intorno a loro ci sono tante persone. Gesù potrebbe essere tra quelle persone e nessuno lo conosce.
Effettivamente, l’intera Bibbia, ci dice di come Dio entra nella storia dell’uomo in maniera decisa, ma silenziosa. La voce del Signore non è nel fuoco, nel terremoto, nell’uragano, ma in una brezza leggera (Cf 1Re 19,8-12). Il Signore dona la vita con un soffio (Cf Gen 2,7) e il Signore viene in mezzo agli uomini nella piccola stalla a Betlemme. Io sono fermamente convinto che Gesù era lì, mentre Giovanni veniva interrogato.

Ciò che hanno fatto gli scribi e i farisei, noi lo facciamo ogni giorno quando ci rivolgiamo a persone che hanno dei doni sopranaturali. Quante volte cerchiamo la salvezza nelle grandi manifestazioni spirituali, nei miracoli e seguendo apparizioni, mentre il Signore è nel Tabernacolo! È in quella presenza silenziosa dell’Eucaristia che c’è la salvezza. Gesù è realmente presente in mezzo a noi e non c’è ne rendiamo conto.

Allora, preparandoci al ricordo della prima venuta del Signore, fermiamoci dinnanzi all’Eucaristia e adoriamo il Signore, nel silenzio, nella tranquillità. Egli è qui e non ci lascerà mai più!

Vorrei concludere con le bellissime parole di San Paolo.
Siate sempre lieti pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie (Eucaristia): questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.  Non spegnete lo Spirito,  non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male.
Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo! (1Ts 5,16-24)

lunedì 7 dicembre 2020

SOLENNITÀ DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA

SOLENNITÀ DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA
«Et incarnatus est»

Carissimi amici,
La Chiesa oggi celebra la prima delle tre solennità della Beata Vergine Maria, collegate alle tre principali solennità del Signore, e la Liturgia ci fa riflettere sul tema della vita.

Per secoli si è pensato che la vita umana iniziasse al momento della nascita (e secondo lo stato è ancora così!), ma gli studi scientifici hanno dimostrato con assoluta certezza, che la vita umana inizia al momento del concepimento, con una cellula totipotente con un patrimonio genetico proprio. Quello che noi chiamiamo embrione, è già una nuova vita con un’identità genetica ben definita. Non solo, ma è scientificamente provato che dopo i primi giorni dal concepimento, la nuova vita emana delle pulsioni al cervello della madre. È il primo di una lunga serie di contatti che ci saranno tra madre e figlio nel corso dei 9 mesi di gravidanza. Ma se questo la scienza lo ha scoperto negli ultimi decenni, lo Spirito Santo ha da sempre illuminato la Chiesa su questo tema. Non a caso la Chiesa festeggia con grande solennità l’8 dicembre e non l’8 settembre. Festeggia il concepimento di Maria e non tanto la sua nascita. E la solennità di quest’oggi è collegata alla solennità del 25 marzo: l’Annunciazione.

La solennità del Natale, tanto discussa in questi giorni a causa del Covid19, ha origine tardiva rispetto alla Pasqua, ed è interessante capire come si è arrivati alla data del 25 dicembre. Il ragionamento dei Padri della Chiesa è molto semplice. Tutto parte dalla Pasqua e un Dio perfetto, nasce e risorge nello stesso periodo. Se la Pasqua è approssimativamente intorno al 14 di Nisan, l’incarnazione doveva coincidere con quel periodo, ed ecco la data del 25 marzo. Molto spesso questa solennità viene spostata proprio perché capita durante la Settimana Santa. Quindi, senza voler sminuire la solennità del Natale, credo che il momento in cui Dio è venuto in mezzo a noi è all’Annunciazione, e il Vangelo di quest’oggi ci illumina su questa realtà di fede. Con il SI di Maria, Dio entra nella storia, e Giovanni Battista lo riconosce, quando Maria si reca da Elisabetta e il Magnificat è un inno di lode alla vita.

Oggi vogliamo pregare per tutte le nostre mamme, quelle sulla terra e quelle nel cielo. Vogliamo far sentire il nostro affetto e la nostra vicinanza a tutte le donne che per diversi motivi non sono riuscite a portare a termine la gravidanza. Vogliamo pregare per quelle donne che vengono sfruttate per fare figli che poi vengono venduti (la famosa gestazione per altri!).

La vita è un dono prezioso, che dobbiamo difendere sempre, dal concepimento alla morte naturale. E il valore della vita è maggiore di ogni altra cosa, anche delle nostre tradizioni, della nostra libertà.

Che la Vergine Maria ci aiuti ad essere saggi custodi della vita, come Lei lo è stata durante la gravidanza e non solo. 

sabato 5 dicembre 2020

II DOMENICA DI AVVENTO (Anno B)

II DOMENICA DI AVVENTO (Anno B)
«Voce di uno che grida nel deserto»

Carissimi amici,
come nel tempo della Quaresima, anche in Avvento siamo chiamati a vivere un luogo: il deserto, che proviene dall'ebraico midbar, ovvero il “luogo della Parola”.

Vivere il deserto non è facile, perché richiede tempo, solitudine, silenzio. In questo anno così particolare, abbiamo sperimentato e stiamo sperimentando come è dura la solitudine, l'incertezza, la precarietà, sopratutto in questo periodo che ci porta al Natale, festività che la tradizione vede la famiglia riunita, ma di questa realtà ne parleremo il giorno di Natale!

Oggi, ci viene richiesto di vivere un deserto particolare, e non possiamo tirarci indietro difronte a questa grande sfida. Nel deserto, tutto è messo in discussione e le convinzioni personali lasciano spazio alla vita reale, che è fatta di avventure, belle e brutte, che dobbiamo affrontare con lucidità e serietà. Ma come si affrontano queste sfide? Innanzitutto riconoscerle, chiamarle per nome, dare loro un'identità. E già questo primo passaggio è molto impegnativo e a tratti doloroso, ma una volta identificata questa sfida, affrontarla sarà più semplice, perché sai cosa hai difronte a te. Io ho dovuto affrontare diverse sfide, due molto dure, dal punto di vista psicologico. Ci sono voluti tanti anni e tanto lavoro personale, ma alla fine ho vinto! E così faccio con tutte le sfide quotidiane. Certo, durante il cammino capita di rallentare il passo a causa della fatica, è normale! Ma mai bisogna abbandonare l'obiettivo.

Ecco, a livello spirituale è la stessa cosa, perché chi da la forza e la grinta di affrontare le sfide, è lo Spirito Santo, il Signore! Senza la speranza della Pasqua, del Paradiso, ogni nostra sfida, diventa il nostro incubo. Si è vincitori, perché Cristo ci sostiene, ci accompagna, ci guida, lotta insieme con noi.

Sento spesso parlare che siamo soli, che non abbiamo più nessuno. Non è vero! Gesù non ci ha mai abbandonato e mai lo farà. Riportiamo alla mente le sue parole al momento dell'Ascensione :”Sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine dei tempi”. Ed è presente in ogni Eucaristia, sull'altare. Non importa l'orario in cui si celebra, ma è importante celebrare, è importante chiedere la Sua presenza in mezzo a noi. Ecco come si supera questa sfida drammatica che ci è richiesta in questo periodo particolare. Focalizzare la nostra attenzione su Cristo, vivo e presente in mezzo a noi, che ci ama e che ci accompagna sempre.

Non è facile, perché togliersi dal proprio vissuto, anni e anni di “convinzioni” e false sicurezze è un lavoro immane, ma alla fine ti rendi conto di aver recuperato la libertà e la dignità, di aver riscattato la tua vita e di vivere la bellezza del Paradiso già qui sulla terra.

Che il Signore ci aiuti a fare questo cammino di conversione, per godere, un giorno, la felicità del Paradiso. Amen!

Buon cammino!

sabato 28 novembre 2020

I DOMENICA DI AVVENTO (Anno B)

I DOMENICA DI AVVENTO (Anno B) 
«Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate»

Carissimi amici,
con questa domenica, iniziamo il nuovo anno liturgico con il tempo dell’Avvento, che ci accompagnerà fino al 24 dicembre. L’Avvento, come dice la parola stessa, è un tempo di attesa. Esso è strutturato in due momenti. Il primo momento (I-II settimana) è l’attesa escatologica, cioè si riflette e si prega sul ritorno glorioso del Signore. il secondo momento (III-IV settimana) è l’attesa messianica, cioè facciamo memoria della prima venuta del Signore, ovvero la nascita nella grotta di Betlemme. 

Come primo momento, il Vangelo ci propone uno dei discorsi escatologici di Gesù, il quale invita ad essere vigilanti e pronti perché Lui potrebbe tornare quanto prima.
Chiaramente, noi non sappiamo il giorno e il momento quando questo avverrà, l’unica certezza assoluta è che ritornerà!
Per capire un po’ questo concetto, possiamo paragonare questo tempo di attesa ad una persona che ogni giorno tiene in ordine la casa, nell’eventualità che qualcuno vada a trovarla. Oppure quando una coppia riceve la notizia che tra circa nove mesi avrà un figlio, già da subito, con grande gioia e trepidazione, iniziano a preparare tutto per accogliere questa nuova vita. Così come anche due fidanzati, che curano il loro amore, in attesa che arrivi il giorno del loro matrimonio.

Ecco, alcuni esempi di quotidianità, che ci aiutano a riflettere sul senso dell’Avvento. Come noi ci impegniamo a fare queste cose, così dovremmo impegnarci ad accogliere il Signore. Come? Mettere in pratica ciò che abbiamo meditato nel Vangelo di domenica scorsa, ovvero le opere di Misericordia, che non sono solo quelle corporali e spirituali, ma soprattutto i nostri talenti, il tutto vissuto nella preghiera e nella fede, perché, se a ciò che facciamo manca il cuore e l’amore, abbiamo messo in mostra il nostro io e non Dio!
Allora possiamo sintetizzare il messaggio di Gesù in questo modo: vivi ogni giorno in prospettiva dell’ultimo. Dove l’ultimo non è la morte, la tomba, ma la risurrezione, il Paradiso.

Chiediamo al Signore di renderci saldi ed irreprensibili, come ci ricorda San Paolo, fino alla venuta gloriosa del Signore.

“Signore, il Tuo invito ad essere vigilante, mi è di grande aiuto, perché spesso mi lascio distrarre dalle cose del mondo. Continua ogni giorno ad esortarmi a vivere il Vangelo, in modo da poter gustare in pienezza il Tuo Amore e la vita senza fine. Amen!”

Buon cammino!

sabato 21 novembre 2020

XXXIV DOMENICA T.O. (Anno A)

XXXIV DOMENICA T.O. (Anno A)
Solennità di Cristo Re dell’Universo
 
«In verità io vi dico: tutto quello che avete fato a uno dei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me».

Carissimi amici,
la Solennità di questa domenica conclude l’anno liturgico e la Chiesa ci fa riflettere sul giudizio universale, raccontato nel capitolo 25 di Matteo.
È un testo molto bello, ricco e coinvolgente, dai tratti apocalittici, dove si parla del ritorno glorioso e del giudizio ultimo di Dio.

Quest’oggi vi propongo una riflessione che va oltre le già note opere di Misericordia. Domenica scorsa, ho spiegato che i talenti sono doni che il Signore ci ha dato e che noi siamo chiamati ad investire. In quella spiegazione mi ero soffermato molto sull’aspetto sociale dell’investimento dei talenti. Oggi proviamo a sostituire, o meglio, ad aggiungere i nostri talenti, alle opere di Misericordia, e vedremo come i nostri talenti sono il «pass» per il Paradiso.
Faccio qualche esempio, in modo da essere più chiaro. Se il Signore mi ha donato il talento della musica, io suono non solo per diventare famoso e prendere gli applausi degli altri, ma perché, attraverso la musica, gli altri facciano esperienza del divino. Così come l’arte, la cultura, l’artigianato, ecc.

Entriamo ancora di più in profondità. Prendiamo le opere di Misericordia così come le ha elencate Matteo e vediamo come le abbiamo vissute realmente nella quotidianità della nostra vita, perché io Mariano un giorno ho avuto fame e qualcuno mi ha dato da mangiare, ho avuto sete e qualcuno mi ha dato da bere, ero malato e qualcuno si è preso cura di me, ero solo e qualcuno mi è stato accanto. Sto parlando dei miei genitori! Tutti noi abbiamo vissuto questa esperienza, perché siamo stati e siamo figli. E Se i genitori vivono questo, non lo fanno per sport o per perdere tempo, ma lo fanno perché hanno tra le mani il dono meraviglioso della vita. E se questo è vero nella dimensione genitoriale, vale anche al contrario, quando i nostri genitori diventano anziani e hanno bisogno di noi. Prendersi cura dei bambini e degli anziani è la cosa più difficile, ma è la cosa più bella, perché ti permette di vivere questa pagina del Vangelo. E io ho maturato questa cosa, proprio sulla mia pelle. E non dimentico chi ha vissuto e vive le opere di Misericordia nei miei confronti, come allo stesso tempo non dimentico nemmeno chi è stato indifferente nel momento del bisogno. Le “selezioni” non si fanno se uno è bello o brutto, simpatico o antipatico, ma sulla carità, sull’Amore! E soprattutto le selezioni non le fa il Signore, ma ci selezioniamo da soli. Lui mette sono in ordine. Questo è quello che oggi ci ha insegnato il Vangelo.

Noi siamo ciò che viviamo. Tocca a noi decidere se essere pecore o capre!

“Signore, grazie perché mi hai aiutato a capire che non basta solo fare le opere di Misericordia, ma che c’è bisogno di viverle per il bene mio e degli altri. Perdonami se a volte mi sono lasciato prendere dall’orgoglio e non ho agito secondo la carità cristiana. Aiutami a vivere nella carità e nella gratuità, ricordando che tutto ciò che faccio agli altri, lo faccio a Te. Amen!

Buon cammino!

sabato 14 novembre 2020

XXXIII DOMENICA T.O. (Anno A)

 XXXIII DOMENICA T.O. (Anno A)

«Bene, servo buono e fedele – gli disse il padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone».

 

Carissimi amici,

domenica scorsa, Gesù ci ha esortato alla vigilanza, a pensare al futuro vivendo il presente. Oggi ci invita a mettere a frutto, a investire i nostri talenti. Al tempo di Gesù, i talenti erano soldi, oggi i talenti sono le qualità, le abilità che ognuno di noi possiede.

 

Il Signore, a ognuno di noi ha dato dei talenti. C’è chi ha il talento per la musica, chi per la pittura, chi per lo studio, chi per lo sport, chi per l’artigianato, ecc.

La domanda fondamentale è: «io investo i miei talenti che il Signore mi ha donato?». Dal punto di vista spirituale è importante porsi questa domanda, perché il Vangelo di oggi è l’anticipo del testo che mediteremo domenica prossima, ovvero le opere di Misericordia.

 

In una comunità cristiana, è fondamentale mettersi in gioco, non solo per se stessi, ma soprattutto per gli altri. Se prendiamo i vari talenti che ho citato, vissuti in una comunità parrocchiale, ci permetteranno di far crescere la comunità, perché ci sarà chi suona, chi dipinge, chi studia la teologia o la storia della propria comunità, chi aiuta i giovani in attività di sport nell’oratorio, chi sistemerà le attrezzature della parrocchia, ecc. Ma questo poi vissuto non solo nella parrocchia, ma anche nella società.

 

Quanti giovani passano le loro giornate davanti ai bar o davanti le slot machine, oppure chiusi in casa con i videogiochi. Alla domanda: «Cosa vuoi fare?» c’è sempre la risposta: «eh, ma non c’è lavoro, meglio rimanere in casa!». È vero, il lavoro dipendente è difficile trovarlo in questo periodo, ma il lavoro indipendente è sempre disponibile! Tutti, e dico tutti, abbiamo dei talenti e delle qualità. Mettiamole a frutto, investiamo su questi talenti che abbiamo. Usciamo dalla mentalità di essere sotto qualcuno per poter far qualcosa. Questi talenti, vissuti con spirito cristiano, saranno il nostro «pass» per il Regno dei Cieli, e lo vedremo domenica prossima. Le opere di Misericordia, non sono solo quelle che Matteo scrive nel suo Vangelo, ma sono tutti i nostri talenti.

 

Il Signore mi ha donato il talento della musica. Non ho avuto la possibilità di frequentare il conservatorio, ma non mi sono arreso! Con pazienza e tenacia, ho imparato a suonare e sono felice di animare le celebrazioni, ma non solo! Mi sento felice anche quando suono da solo, perché è un dono che il Signore mi ha dato e io lo ringrazio così, mettendo a frutto questo talento. Così come tante altre cose. Qualcuno dice che al posto del cervello ho un vulcano, ed in parte è vero, perché non mi sono fermato mai davanti a niente. Una società migliore la possiamo realizzare, se lo vogliamo!

 

Vi lascio con queste domande di riflessione:

Quali sono i tuoi talenti?

Come li hai investiti?

 

“Signore, ti ringrazio per avermi donato dei talenti. Aiutami a riconoscerli e a investirli, soprattutto nella carità. Perdonami per quelle volte che mi sono tirato indietro, pensando a me stesso e non agli altri che in quel momento avevano bisogno del talento che Tu mi hai donato. Aiutami ad essere ogni giorno strumento del Tuo Amore, proprio attraverso i talenti che mi hai donato, non per mio orgoglio, ma per la Tua Gloria. Amen!”

 

Buon cammino!

sabato 7 novembre 2020

XXXII DOMENICA T.O. (Anno A)

XXXII DOMENICA T.O. (Anno A)
«La Sapienza […] si lascia trovare da coloro che la cercano»

Carissimi amici,
nel Vangelo di questa domenica, Gesù ci fa riflettere su due realtà: la saggezza e la stoltezza.
Vediamo cosa sono queste due realtà, partendo dal loro significato semantico.

Saggio proviene dal latino sapidus che significa avere senno, avere sapore. Il saggio è la persona sapiente, prudente, avveduta. Avere il dono della Sapienza, della saggezza, è molto importante, perché ti permette di rimanere vigile, attento sulle situazioni della vita. Il Saggio spesso è visto con sospetto, perché non si lascia condizionare dalle correnti, ma le sa prevedere e si sa preparare. Questo è il motivo per il quale dico sempre di verificare ogni notizia, di ragionarci sopra, di fare quello che comunemente chiamiamo discernimento. Tanti piccoli o grandi errori si possono tranquillamente evitare utilizzando la saggezza, che non significa essere muti e fermi, ma capaci di agire con intelligenza e scaltrezza.

Stolto proviene dal latino stultus che significa grossolano, insipiente, sciocco, immobile. Tra questi significati, due attirano la mia attenzione: insipiente e immobile. Essere insipiente è l’esatto contrario dell’essere sapiente, ed è facile capirlo. Immobile indica la persona che sta ferma, che non sa cosa fare, che non sa ragionare e vive costantemente in balia delle correnti e delle ideologie.

A livello umano, abbiamo capito che la saggezza è la soluzione a tutti i nostri problemi. A livello spirituale, la saggezza ci aiuta a ricercare e a vivere la vera fede. Che non si limita alle poche nozioni che abbiamo imparato o che ci hanno detto, ma che ci permette di fare un cammino serio, soprattutto rompendo quelli che sono i nostri schemi e preconcetti, ormai obsoleti. La stessa pagina del Vangelo, ogni giorno ci da nuovi spunti di riflessione. Cose che non avevamo mai capito.

La Sapienza è uno dei sette doni dello Spirito Santo. Chiediamo al Signore di mentes tuorum visita […] Accende lumen sensibus di visitare le nostre menti, di essere luce all’intelletto, come recita l’inno del Veni Creator. 

Sarebbe davvero bello, ogni mattina, cantare il Veni Creatori per sentire questa forte presenza di Dio nella nostra vita. Non è un caso che esso viene cantato sempre all’inizio di un ritiro o di un momento particolare di preghiera. Senza lo Spirito Santo, nulla di buono si realizza nella nostra vita, rischiando poi di vivere da stolti!

Buon cammino! 

sabato 31 ottobre 2020

SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI

SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI
«Beati coloro che sono nel pianto, perché saranno consolati»

Carissimi amici,
La liturgia di questa solennità, ci propone la pagina del Vangelo dove Gesù elenca le beatitudini. Commentarle tutte richiede molto tempo e io ne ho scelta una, perché è legata al finale della prima lettura presa dall’Apocalisse di San Giovanni Apostolo, quando parla di tutti coloro che provengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti nel sangue dell’Agnello.

Leggendo questa beatitudine e collegarla al versetto finale della prima lettura, sorge spontanea una domanda? Perché bisogna piangere e soffrire per diventare Santi? Proviamo a rileggere questa beatitudine da una prospettiva diversa. La dimensione delle lacrime accompagna tutta la nostra vita, perché fa parte della nostra natura. Il pianto è il modo più naturale per espellere le energie negative e l’eccesso di adrenalina che è nel nostro corpo. Il pianto di dolore, il pianto di commozione. Non bisogna mai vergognarsi delle lacrime! Le lacrime sono collegate al cuore, all’Amore. Sant’Ignazio, negli esercizi spirituali, dice di chiedere al Signore il dono delle lacrime, poter piangere sulle situazioni della nostra vita, belle o brutte che siano. Una vita senza lacrime è una vita senza sentimenti. Ma è questa la vera beatitudine? No! La beatitudine è la consolazione, la vicinanza che c’è in quelle lacrime. Le lacrime che vengono trasfigurate dal calore umano e divino. La vera beatitudine è saper asciugare le lacrime. Io sono beato, perché so che accanto a me ho una persona che sa asciugare le mie lacrime, che mi prende per mano, che ascolta ciò che ho nel cuore.

Ed ecco il riferimento all’Apocalisse. I Santi sono coloro che nella loro vita, in particolare nei momenti più difficili, hanno incontrato la consolazione di Dio. Santi non lo diventiamo da soli, ma insieme, e nella reciprocità degli affetti che si apre la strada per il Paradiso. «Nessuno si salva da solo!» Sono le parole di Papa Francesco nella veglia del 27 marzo scorso.

Allora vogliamo chiedere al Signore di essere donne e uomini capaci di asciugare le lacrime, di saper donare una parola di affetto e di speranza, di saper donare quel calore umano e divino di cui tutti abbiamo bisogno. Ecco, questa è la strada sicura verso la santità, non chissà quali opere straordinarie e mistiche. L’ordinarietà della nostra vita, orientati verso Cristo!

Il Paradiso lo possiamo vivere anche qui sulla terra, se noi lo vogliamo!
Buon cammino!

domenica 25 ottobre 2020

XXX DOMENICA T.O. (Anno A)

XXX DOMENICA T.O. (Anno A)

 «Amerai il tuo prossimo come te stesso»


Carissimi amici,

oggi il Vangelo ci parla della realtà dell’amore, dell’amore reciproco. Ma nell’ultimo versetto, bisogna fare attenzione ad un particolare molto interessante. «Amerai il tuo prossimo come te stesso». Noi pensiamo sempre di amare gli altri, ed è giustissimo! Ma come lo amiamo? «Come te stesso» ci dice Gesù.


La mia riflessione, o meglio, la nostra riflessione, si deve soffermare su queste domande: Ma io amo la mia vita? Come la amo? Le risposte a queste due domande ci diranno se sappiamo amare realmente gli altri. Riempirsi la bocca di buone parole e di buoni propositi altruisti, senza che li viviamo nella nostra vita, è solo ipocrisia e perdita di tempo.


Ama te stesso e saprai amare il tuo prossimo!


“Signore, tante volte ho trascurato la mia vita per dedicarla agli altri, dimenticando che la mia vita non è uno scarto, ma un dono d’amore che va amato e condiviso. Aiutami a riempire la mia vita d’Amore, in modo da poterlo condividere con coloro che incontro lungo il cammino della vita. Amen!”


Buona riflessione!

sabato 17 ottobre 2020

XXIX DOMENICA T.O. (Anno A)

 XXIX DOMENICA T.O. (Anno A)

«i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi».


Carissimi amici,

il Vangelo di questa domenica mette a nudo una nostra realtà negativa, cioè la cattiveria di strumentalizzare le parole di una persona per un proprio tornaconto.

Gesù capisce la situazione e non si lascia cogliere in fallo, ma ne approfitta per dare un nuovo insegnamento, rispedendo al mittente i mistificatori.


Questa realtà negativa, purtroppo è molto presente nelle nostre relazioni. L’unico modo per non farci coinvolgere in questa realtà è vivere una vita semplice, trasparente, bella, senza troppi “spiritualismi”, mete ben precise da raggiungere nella verità e poi la cosa più difficile: la coerenza! Parole e fatti devono sempre coincidere, mai essere discordanti. I detrattori proprio su questo lavorano e ci ricamano sopra. Gesù è diretto: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». Una risposta molto logica, che non ha nulla di ideologico. Noi invece ci lasciamo condizionare dalle ideologie, da pregiudizi filosofici, dimenticando che c’è una realtà oggettiva. Diceva un mio docente di filosofia: «Se c’è una cosa che mi da profondamente fastidio e quando una persona dice: “Secondo me…”. Non esiste un  “secondo me”, esiste un dato certo, reale dalla quale non si può scappare». Questo esempio per dire che le ideologie possono essere messe in discussione e venire colti in fallo. Un dato oggettivo, logico, nessuno lo può contestare.


Tante volte mi sono trovato in queste situazioni e ciò che mi salvato è proprio questa frase di Gesù: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» e mi sono trovato sempre bene. Certamente non è facile, ma è l’unico modo per vivere una vita serena, tranquilla, nella verità.


Chiediamo la grazia al Signore di imparare a ragionare con la nostra testa con l’aiuto dei sette doni dello Spirito Santo, affinché possiamo testimoniare con la nostra vita, la verità del Vangelo e della Misericordia di Dio.


“Signore, tante volte mi sono lasciato condizionare da chiacchiere e dicerie, senza accertarmi della verità. Ti ringrazio per avermi fatto capire che ogni parola, ogni azione vanno prima verificate e vissute, poi condivise. Aiutami, Signore, a seguire sempre la via della verità e dell’Amore. Amen!”


Buon cammino!

sabato 10 ottobre 2020

XVIII DOMENICA T.O. (Anno A)

 

XVIII DOMENICA T.O. (Anno A)
«Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?»

Carissimi amici,
il Vangelo di questa domenica ci pone due grandi riflessioni. La prima
è l’atteggiamento degli invitati alle nozze, che possiamo paragonare
ai cristiani che si dicono praticanti, ma in realtà lo sono solo di
facciata. Hanno il privilegio di essere parte del banchetto nuziale,
ma preferiscono fare le cose loro. La seconda riflessione è sugli
altri invitati, che possiamo paragonare ai tanti battezzati che non
sono praticanti, ma che ad un certo punto della loro vita hanno
incontrato Cristo e hanno deciso di seguirlo. Ma anche qui, il rischio
di essere come i primi è grande, perché tra i nuovi, uno non aveva
cambiato il vestito, cioè le sue vecchie abitudini e sappiamo la fine
che ha fatto.

A noi, il Vangelo di questa domenica ci vuole dire una cosa molto
semplice. Ognuno di noi è chiamato al banchetto di nozze dell’Agnello,
cioè la Parola, l’Eucaristia, ma sta a noi saper accogliere questo
invito. Cristo ci dona la sua salvezza, ma noi dobbiamo accoglierla. E
qui torna l’esempio della fonte che spesso cito. L’Amore di Cristo è
una sorgente d’acqua, che scorre sempre in eterno, ma per dissetarmi,
devo protendere le mani e prendere quell’acqua, non basta osservare la
sua bellezza mentre scorre. Ci vuole un movimento da parte nostra.

Allora, chiediamo al Signore la grazia della conversione, di accedere
al banchetto delle nozze eterne con il vestito giusto, che è il
vestito dell’Amore, della verità, della Speranza.

“Signore, tante volte mi sono accostato e mi accosto all’Eucaristia
con l’abito sbagliato, l’abito dei miei peccati. Non ne sono degno,
mio Signore, ma tu di soltanto una parola, ed io sarò salvato. Amen!”


Buon cammino!

sabato 3 ottobre 2020

XXVII DOMENICA T.O. (Anno A)

 XXVII DOMENICA T.O. (Anno A)

 «la pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo». 


Carissimi amici, 

il Vangelo di oggi ci fa riflettere su due cose. La prima è la parabola raccontata da Gesù,  che sembra anticipare ciò che gli accadrà, ovvero la Passione. La seconda riflessione è più intensa e profonda. 

Gesù si rivolge ai capi dei sacerdoti, quelli che sono gli attuali vescovi, o comunque a un gruppo di persone che appartengono alla Chiesa. La vigna del Signore è affidata a loro, ma succede che queste persone, predicano bene e razzolano male, come dice il proverbio. Pensano solo al proprio interesse, difendendo e rivendicando la loro categoria, a discapito degli altri. Per loro nessuno può accedere a questa vigna, perché indegni. Infatti, chiunque si avvicina, trova la violenza e la morte. Per dirla in termini moderni, trovano la scomunica! Questa arroganza di essere dalla parte del giusto è talmente grande da umiliare addirittura il Signore stesso (qualsiasi cosa avete fatto ad uno dei miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. Cf Mt25). 

Non pensiamo che siccome siamo cristiani cattolici romani, osservanti di tutti i precetti della Chiesa, abbiamo il diritto di escludere e umiliare gli altri che hanno difficoltà a vivere tutti i precetti della Chiesa. A chi ha questa presunzione, Gesù gli toglie la vigna. Il Vangelo lo dice chiaramente, perché le persone che noi scartiamo, sono considerate grandi nel regno di Dio. E pietre scartate, oggi ne sono tante. Basta pensare ai carcerati che vivono situazioni di indigenza nelle carceri, ai disabili che spesso rimango ai margini della società (e a volte anche della Chiesa), alle famiglie ferite, ecc. In poche parole, la Chiesa di Gesù Cristo non è un circolo privato riservato a pochi “eletti”, ma è di tutti coloro che cercano il Signore. 

Infondo Gesù ci vuole dire che la Chiesa non ha bisogno di bigotti o persone perfette in tutto, ma di tutti noi poveri peccatori, che purificati e messi insieme, realizziamo la Chiesa di Gesù Cristo. Mentre la società ci scarta, Gesù ci raccoglie. 

Questo è il grande messaggio di oggi. Nessuno andrà perduto se ci si lascia raccogliere dal Signore. 

“Signore, allontana da me la tentazione di considerare me stesso perfetto, mentre gli altri sono inferiori a me. Domani la grazia e la forza di saper accogliere tutte le persone scartate dalla società e considerarle parte della mia vita. Amen!” 


Buon cammino!

domenica 27 settembre 2020

XXVI DOMENICA T.O. (Anno A)

 XXVI DOMENICA T.O. (Anno A)

«in verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passeranno avanti nel regno di Dio».


Carissimi amici,

il Vangelo di oggi ci offre principalmente due spunti di riflessione, il primo sulla virtù dell’obbedienza e il secondo sulla salvezza.


Nella parabola raccontata da Gesù, c’è un uomo che chiede ai figli di andare a lavorare nella vigna. Il primo dice di no, ma poi va. Il secondo fa tutto il contrario. Apparentemente, nel nostro modo di pensare, il primo figlio è stato disobbediente ed ha sbagliato, mentre il secondo è più bravo perché ha rispettato il padre dicendo subito di si. Ma nella realtà non è così! L’obbedienza non si misura nel avere risposte positive a tutto ciò che viene chiesto, ma nella concretezza del risultato finale. E il primo figlio, che inizialmente si era opposto, alla fine fa ciò che gli aveva detto il padre. Il secondo, che penava di essere furbo, dice di si al padre, un bel si convinto, ma poi pensa ai fatti suoi.


Veniamo alle due riflessioni. Obbedienza proviene dal latino che significa mettersi in ascolto. Nasce spontanea la domanda: mettersi in ascolto di cosa? Il Vangelo ci rivela la risposta. Bisogna mettersi in ascolto del cuore, dell’intelletto, non di una definizione che ci viene detta. Quando qualcuno ci dice una cosa, non dobbiamo subito rispondere SI o NO, ma dobbiamo pensare, dobbiamo riflettere, dobbiamo studiare la questione, l’argomento. Chi mi dice che quella cosa che mi viene detta è vera? Solo quando avrò maturato dentro di me la scelta giusta da fare, ci sarà vera obbedienza. Sant’Ignazio di Loyola definiva l’obbedienza come l’essere una cadavere nelle mani dell’altro. Non come schiavo passivo, ma perché la persona che chiedeva, oltre la proposta, dimostrava di essere sincera, credibile, affidabile, attendibile, insomma, degna di fiducia. Ecco allora il primo monito: Mai prendere per vero tutto ciò che ci viene detto. Facciamo saggio e serio discernimento, informiamoci per bene su fonti certe e non su dicerie. Di fake news ce ne sono troppe!


Anche sulla salvezza, Gesù è chiaro. Non basta essere cristiani per essere salvati. C’è bisogno di un cuore convertito e rinnovato, sempre pronto a mettersi in gioco, riconoscendo i propri errori ed imparando da essi. Qui il secondo monito: Impariamo ad essere più consapevoli della nostra imperfezione e agiamo con umiltà e verità.


Chiediamo al Signore la grazia di saper fare saggio e sano discernimento, come ha fatto il primo figlio, in modo da fere una scelta dettata dalla verità del cuore e dell’intelletto.


“Signore, illumina la mia mente e il mio cuore. Aiutami a saper fare scelte coraggiose non da sprovveduto, ma da persona saggia. Allontana da me la tentazione di fare scelte affrettate pur di salvare l’esteriorità o per ottenere dei favori da chi mi chiede qualcosa. Perdonami per quelle volte che invece ho agito da sprovveduto. Amen!”


Buon cammino!

sabato 19 settembre 2020

XXV DOMENICA T.O. (Anno A)

 XXV DOMENICA T.O. (Anno A)

«Sei invidioso perché sono buono?»


Carissimi amici,

il Vangelo di questa domenica è molto interessante, perché va a rompere una mentalità, che purtroppo ancora oggi abbiamo. Il tema è sempre la Misericordia, e Gesù utilizza l’immagine del denaro e del lavoro per spiegare cos’è la Misericordia di Dio, o meglio ancora, come essa viene elargita. Il discorso è molto semplice. Il guadagno è rapportato al lavoro svolto. Dal punto di vista umano, è un ragionamento valido. Più si lavora, più si guadagna, quindi il padrone di casa avrebbe sbagliato a retribuire i lavoratori, stando alle critiche di alcuni lavoratori, ma facciamo attenzione ad un dettaglio. Il padrone di casa, ha concordato il lavoro per quel giorno, non a ora. Lui a tutti ha detto che dava un denaro. Il lavoratore non si ricordava che lui si era impegnato per un denaro. È stato furbo, ha pensato di fare la cresta. Se all’ultimo, che ha lavorato un’ora, ha dato un denaro, al primo gli doveva toccare almeno 12 denari.

Quando il padrone da il denaro, il lavoratore ci rimane male e protesta. Ma la risposta del padrone è molto chiara: «Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene».


A livello relazionale umano, questa parabola ci vuole dire una cosa molto importante. Ciò che ha sbagliato il lavoratore, non è il suo ragionamento, anche se non faceva parte dell’accordo, ma il modo con il quale lo ha espresso. Se andava con umiltà, facendo valere con semplicità le sue ragioni, probabilmente il compenso sarebbe stato maggiore. Il nostro problema è che quando ci sono degli interessi, non si ragiona più, ognuno pensa a se stesso, non si tiene conto di chi si ha davanti. Cosa ha ottenuto questo lavoratore? Niente. Solo il suo unico denaro. Aveva la fortuna di aver trovato una persona, un amico che lo aveva fatto lavorare, ma con la sua arroganza, ha perso tutto. Lavoro e amico: «Prendi il tuo e vattene!».


A livello spirituale è la stessa cosa. Noi pensiamo che più Messe e liturgie facciamo, più occuperemo posti di privilegio in Paradiso. Non è così! Dio ha promesso il Paradiso ed è uguale per tutti coloro che accettano di seguire il Signore. Quando muore un giovane e diciamo che è andato in Paradiso, gli anziani esultano perché penano: «Hm, è andato in Paradiso uno che aveva 30 anni, io che ne ho 80, quindi più messe e preghiere accumulate, mi faranno subito santo!». Grande errore! Dio ama tutti dello stesso amore, non esistono figli e figliastri. L’unica cosa che ci chiede e di “lavorare” per Lui, credere in Lui e vivere il suo Amore.


Togliamo dalla nostra testa il pensiero egoistico di misurare le nostre cose sugli altri. Impariamo invece a coltivare i rapporti umani tra di noi, a volerci bene, senza egoismi e presunzioni, perché sono le sane relazioni quelle che rimangono. Il denaro oggi c’è, domani no. E il denaro, come tante altre cose, non arrivano da sole, ma provengono da delle persone, che hanno un’anima e hanno un cuore, che una volta ferito, non è facile guarire e il rischio di perdere tutto è altissimo.


Chiediamo la grazia al Signore di saper riconoscere chi davvero ci ama e di saper coltivare questo amore che ci viene elargito.


“Signore, tante volte ho perso la testa di fronte ad interessi umani e personali, umiliando chi mi stava aiutando. Ti chiedo l’aiuto di saper riconoscere questo mio errore e di saper chiedere scusa all’altro che ho trattato male con il mio comportamento!”


Buon cammino!

sabato 7 marzo 2020

II DOMENICA DI QUARESIMA (Anno A)

II DOMENICA DI QUARESIMA (Anno A)
«E li condusse in disparte, su un alto monte»

Carissimi amici,
la seconda domenica di Quaresima, la liturgia ci fa meditare il brano della Trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor. È un preannuncio della gloria della Risurrezione. Pietro è felicissimo di questo avvenimento, tanto felice da volerlo fissare nel tempo, stabilirlo in maniera definitiva, attraverso il segno della tenda, che indica la stabilità.

Ma l’intento di Gesù è un altro. Ciò che è avvenuto è solo un anticipo di ciò che avverrà alla fine del mondo. Ma soprattutto è un segno pedagogico. Gesù ci vuole insegnare che quella gloria la si può raggiungere solo dopo la fatica e il dramma della Passione, che lo stesso Pietro non accetta, tantoché quando Gesù annuncia la Passione, Pietro lo rimprovera apertamente, trattandolo quasi come un pazzo. La gloria SI, ma la Passione NO. Ed è la classica mentalità umana, quando pensiamo di ottenere ciò che vogliamo senza lavorare troppo. Massimo risultato con il minimo sforzo.

Non è così che si raggiungono gli obiettivi. Gesù ci vuole dire che la gloria la si raggiunge lottando con le unghie e con i denti, scalando l’alto monte della vita, con tutti i suoi sentieri, pianeggianti e tortuosi. Salire in cima è faticoso e doloroso. Ma una volta arrivato su, la felicità farà dimenticare tutta la fatica, anzi, la trasfigura. Per questo combatti e lotta come un leone. Non lasciarti fermare dalle invidie e dalla fatica. Corri, corri e non fermarti davanti a niente. Corri e lotta!

Questo è il grande messaggio di speranza. Soprattutto in questo periodo così turbolento per la nostra nazione e per il mondo intero. Non lasciamoci vincere dalla banalità di voler fuggire dal virus, creando poi situazioni di panico e ulteriori contagi. Lottiamo nei nostri paesi, nelle nostre case. Lottiamo contro la paura, lottiamo per i nostri anziani, lottiamo per i medici e infermieri che da settimane lavorano incessantemente. Non arrendiamoci alla paura e al panico. Facile fuggire, facile banalizzare, facile essere egoisti. Viviamo la nostra quotidianità nella semplicità, nella serenità, nel rispetto. Certamente con qualche sacrificio in più, ma con la certezza che questa fatica, ci porterà alla vera felicità.

Ricordiamoci che anche durante l’uragano, il sole c’è. È momentaneamente coperto, ma c’è e presto tornerà a spendere anche nelle nostre vite. Nessuna tempesta è eterna! Nemmeno quella del virus. Cristo, sole trasfigurato, ci illuminerà!

“Signore, davanti alle difficoltà, spesso ho paura e ho la tentazione di tirarmi indietro. Ma oggi mi insegni che davanti alle sfide, anche quelle più dure, non bisogna mai arrendersi. Aiutami, donami la forza e il coraggio di lottare, di correre, di superare tutti gli ostacoli che la vita pone sul cammino verso la vera felicità, quella del Paradiso. Amen!”


Buon cammino!

domenica 1 marzo 2020

I DOMENICA DI QUARESIMA (Anno A)

I DOMENICA DI QUARESIMA (Anno A)
«Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto»

Carissimi amici,
da qualche giorno abbiamo iniziato il cammino della Quaresima e la liturgia ci fa entrare nel luogo privilegiato per la ricerca, per la pace, per la meditazione, per la contemplazione: il deserto.

Oggi il Vangelo ci presenta due realtà molto particolari. Due realtà che sant’Ignazio di Loyola identifica negli esercizi spirituali come lo spirito buono e lo spirito cattivo. Gesù si confronta con entrambe le realtà nel deserto. Lo spirito cattivo è il diavolo che vuole essere servito da Gesù. Lo spirito buono sono gli angeli che servono Gesù.

Queste sono le due realtà con le quali siamo chiamati a fare discernimento nel deserto. Seguire lo spirito cattivo o lo spirito buono? Sempre sant’Ignazio, al n° 333 degli Esercizi Spirituali, ci da delle indicazione su come capire se stiamo seguendo lo spirito cattivo o lo spirito buono. Dice così: «Dobbiamo fare molta attenzione al corso dei pensieri. Se il principio, mezzo e fine è tutto buono e tende a ogni bene, è segno di angelo buono». Quindi ci sono tre passaggi fondamentali: il principio, cioè l’idea che vogliamo realizzare, il mezzo e il fine. Ad esempio: voglio creare un gruppo di giovani. Per quale fine? Con quali mezzi? Queste sono le domande che ci aiutano nella scelta dello spirito buono o dello spirito cattivo.

Il Vangelo, poi, ci da due suggerimenti molto efficaci. È una scena abbastanza interessante! C’è Gesù che è stanco, affamato, solo, c’è il diavolo che lo vuole aiutare, ma sotto ricatto e ci sono gli angeli che lo servono in totale gratuità. Analizziamo bene questa scena. Due realtà, opposte tra loro, che vogliono soddisfare i bisogni di Gesù. Gesù «cede» alla gratuità, all’amore. Non accetta il ricatto del diavolo, ma accetta l’amore degli angeli.
 È bene chiedersi: «Quando mi avvicino a qualcuno, per quale scopo lo faccio? Per sfruttare le sue conoscenze o per fare un cammino insieme?». Stessa cosa quando qualcuno si avvicina a noi. Se capiamo che l’altro vuole solo usarmi per un suo personale tornaconto, è bene non assecondare.

Questo metodo di discernimento, è molto utile per crescere in relazioni sane, belle, fruttuose, capaci di vivere il comandamento dell’Amore. Certamente la nostra umanità ci porta a fare degli errori, ma con la consapevolezza che accanto non ho persone che strumentalizzano il mio errore, ma che mi aiutano a riprendere in cammino.

Chiediamo al Signore di aiutarci a fare discernimento per capire quando dire Si e quando dire NO.

«Signore, tanti miei errori sono dovuti alla mancanza di discernimento. Ti ringrazio per avermi dato un tempo, un luogo, ma soprattutto degli strumenti validi per poter fare le mie scelte con consapevolezza e libertà. Amen!»


Buon cammino!

domenica 16 febbraio 2020

VI DOMENICA T.O. (Anno A)

VI DOMENICA T.O. (Anno A)
«vi fu detto, […] ma io vi dico».

Carissimi amici,
il Vangelo di questa VI domenica del tempo ordinario, ci vuole esprimere un concetto essenzialmente semplice, ma tuttavia complesso. Il concetto e’ questo: per entrare nel regno dei cieli non basta seguire la Legge in maniera meccanica, ma bisogna capire il senso della Legge e vivere di conseguenza. In altri termini Gesù ci vuole dire che non basta curare la forma, ma curare piuttosto l’essenza. Non FARE il cristiano, ma ESSERE cristiano. Ci fu detto che per andare in Paradiso bastava assolvere il precetto, ma io vi dico che se il precetto assolto non è vissuto nella quotidianità, non entreremo nel Regno dei cieli.

Essere cristiani, non è affatto scontato e soprattutto non è semplice, perché richiede un particolare impegno da parte nostra. Ai ragazzi del gruppo della Cresima, ho fatto una sola domanda: «A cosa serve la Cresima?» le risposte sono state le più varie, vere, ma avevano un grande limite; erano soltanto definizioni teoriche. Comprendere la Cresima come dono che ci permette di testimoniare Cristo con il nostro stile di vita, è stato molto impegnativo. Ho fatto questo esempio per far capire che non basta compiere riti o rituali particolari, non basta partecipare all’Eucaristia, non basta leggere la Bibbia, ci vuole uno stile di vita coerente ai riti che celebriamo. Trovare il senso, anzi l’essenza della fede. Essere cristiani, non è da fessi. Se andiamo a leggere la vita di tantissimi santi, scopriamo che non erano affatto stupidi e soprattutto non si lasciavano umiliare da nessuno, anzi, il loro stile di vita metteva in difficoltà i «furbi». Se uno vive la sua quotidianità seguendo il Vangelo, non avrà problemi, sarà inattaccabile. Questa è la vera forza!

Oggi il Vangelo, vuole dirci essenzialmente questo: Se io comprendo il valore dell’amore che mi hanno dato i miei genitori, non ho bisogno del quarto comandamento. Se io so che nell’Eucaristia incontro Cristo nella comunità, non ho bisogno del terzo comandamento. Se comprendo il valore inestimabile della vita, non ho bisogno del quinto comandamento, se io amo davvero mia moglie o mio marito, non ho bisogno del sesto e decimo comandamento, e così via.

Allora chiediamo al Signore l’umiltà e la capacità di essere cristiani autentici, di non essere superficiali nel rapporto con Lui e con gli altri. Solo vivendo l’autenticità e la profondità, saremo liberi da norme e precetti, che rischiano di diventare un peso opprimente.

“Signore, grazie per avermi suggerito di aprire il cuore, di entrare nella profondità del mio vivere, del mio essere. Perdonami per quelle volte che ho indossato la maschera del buon cristiano, senza esserlo nel cuore. Insegnami a vivere in pienezza e verità il rapporto con Te e con i miei fratelli, non per mio vanto e orgoglio, ma solo per amore del Tuo nome. Amen!”


Buon cammino!

sabato 8 febbraio 2020

V DOMENICA T.O. (Anno A)

V DOMENICA T.O. (Anno A)
«Voi siete il sale della terra […] Voi siete la luce del mondo».

Carissimi amici,
questa domenica mi voglio soffermare su queste due immagini utilizzate da Gesù: il sale e la luce.

Il sale è un alimento che dà sapore al nostro cibo. La sua assenza o il suo troppo utilizzo, rende il cibo immangiabile. Quindi se è vero che il sale dà sapore, è anche vero che va utilizzato con moderazione. Ma il sale sta ad indicare anche alcune virtù, come ad esempio: saggezza, intelligenza, buon senso. L’Evangelista, utilizzando l’immagine del sale, ci vuole dire una cosa molto bella e profonda. Nella vita bisogna essere saggi, bisogna essere intelligenti, cioè capaci di leggersi dentro e di avere buon senso. Ma attenzione! Se portiamo all’esasperazione queste virtù, rischiamo di diventare superbi ed orgogliosi, e questa situazione ci pone al di sopra degli altri e quelle che erano delle virtù, rendono la vita invivibile.

Sulla luce si possono dire tante cose, essa ha innumerevoli qualità. Nel Vangelo di oggi, Gesù fa vari esempi per far capire l’importanza della luce. Però la frase che a me ha colpito è questa: «Voi siete la luce del mondo». Cosa vuole dire Gesù con questa frase? Se prendiamo il prologo del Vangelo di Giovanni, notiamo come il tema della luce e delle tenebre e ben espresso. Dice il testo di Giovanni: «Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo». Se riprendiamo l’esempio di Gesù sulla lampada, possiamo dire che noi siamo le lampade e lui è la luce che ci permette di essere accesi e soprattutto luminosi. In termini più moderni, noi siamo i lampioni, lui la lampada. Senza la sua luce, la sua presenza, non serviamo a nulla. Un lampione spento non ha alcuna utilità!

E allora ecco il messaggio unitario che ci proviene da queste due immagini utilizzate da Gesù: l’UMILTÀ. Gesù ci vuole ricordare che nel mondo non ci sono solo io, ma ci sono tante persone diverse da me. Che il mio vivere non deve essere orientato a me stesso, alla mia esaltazione, ma a servizio degli altri. Il vero umile è colui che pur essendo una persona preparata e saggia, sa ascoltare e accogliere l’altro. Il vero umile è colui che si lascia aiutare dall’altro, che si affida all’altro. Ed ecco che se mettiamo in pratica questi insegnamenti di Gesù, la vita avrà un sapore diverso, bello, accogliente, luminoso, pieno di gioia. Questo non è un sogno utopico, ma una speranza che può diventare certezza, se noi lo vogliamo. Dio ci ha dato gli strumenti necessari, compreso il libretto delle istruzioni, adesso tocca a noi mettere insieme i pezzi e realizzare questo progetto di pace e di amore.

“Signore, grazie per avermi ricordato che senza di Te, la mia vita è buia e fredda. Grazie per avermi ricordato che tutte le mie qualità le devo condividere con gli altri. Ti chiedo perdono per tutte quelle volte che ho utilizzato le mie qualità per erigermi a giudice degli altri e per tutte le volte che ho pensato di risolvere i miei problemi senza di Te. Amen!


Buon cammino!  

sabato 1 febbraio 2020

FESTA DELLA PRESENTAZIONE DI GESÙ AL TEMPIO

FESTA DELLA PRESENTAZIONE DI GESÙ AL TEMPIO
«e anche a te una spada trafiggerà l’anima»

Carissimi amici,
oggi la Chiesa è in festa, perché rivive la gioia del Natale, cioè il giorno in cui dalle tenebre è spuntata la «luce vera, quella che illumina ogni uomo», come recita il prologo del Vangelo di Giovanni.

Oggi, due anziani profeti, quasi al termine della loro esistenza terrena, contemplano questa luce: Gesù Cristo. È un segno profetico, carico di grande speranza. Sono bellissime le parole di Simeone che pronuncia alla vista di Gesù: «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace, […] perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza». Non è la rassegnazione alla vita che si spegne, ma la speranza di vivere con Dio nell’eternità. Ecco perché questo cantico, la liturgia lo inserisce nella preghiera serale, quando i nostri occhi si chiudono alle gioie e alle fatiche del giorno, per riaprirsi il giorno dopo, in un nuovo giorno.

Una seconda immagine di questa pagina del Vangelo, è la triste profezia che viene rivelata a Maria. Un’immagine molto forte che preannuncia il costato trafitto di Gesù sulla Croce. È una sfida per tante famiglie. Maria e Giuseppe si trovano ad un bivio: abbandonare Gesù al suo destino, oppure continuare questo progetto di vita familiare? Davanti ad una notizia così drammatica, non è facile scegliere. Cosa fare quando una coppia riceve la notizia di una malattia del figlio, oppure la sterilità, la tossicodipendenza,  ecc. Oppure nella coppia come la perdita del lavoro, un tradimento, difficoltà economiche, ecc. Maria e Giuseppe non abbandonano il bambino, ma sanno che questa scelta sarà molto sofferta da una parte, ma da grandissima dignità dall’altra. Qui si vede il vero Amore che c’è tra moglie e marito e tra genitori e figli. È in queste situazioni che si capisce se quel SI del matrimonio è vero oppure no!

Cristo è la luce che illumina il nostro cammino, le nostra scelte. Cristo è colui che ci accompagna passo dopo passo, soprattutto nei momenti di tenebra. La festa di oggi, ricordo del Natale e anticipo di Pasqua, ci viene a dire che Cristo è la luce che illumina le tenebre, la vita che sconfigge la morte. Ed è con questa certezza nel cuore che anche noi esclamiamo come Simeone: «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace, […] perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza».

“Signore, la morte fa paura, ma Tu sei stato capace di illuminare questa triste realtà. Oggi ti dico grazie per tutto ciò che mi hai donato e scusa per ciò che non sono riuscito a donare, ora puoi prendermi anche con Te. Amen!”


Buon cammino 

sabato 18 gennaio 2020

II DOMENICA T.O. (Anno A)

II DOMENICA T.O. (Anno A)
«Ecco l’agnello di Dio».

Carissimi amici,
dopo la festa del Battesimo del Signore, iniziamo un nuovo cammino con Gesù. Ed è proprio Giovanni Battista, che dopo aver battezzato Gesù, lo presenta alla folla come «l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo». Ed è così! Gesù è venuto a redimere l’umanità, è venuto a ricucire quel legame tra l’uomo e Dio che si era spezzato a causa del peccato.

Perché Giovanni lo paragona ad un agnello? Per un motivo abbastanza semplice. Gesù è paragonato all’agnello immolato in Egitto, il cui sangue, messo sulle porte, ha salvato il popolo d’Israele dalla morte. Per gli ebrei, parlare dell’agnello immolato, significa ricordare la loro liberazione dalla schiavitù dell’Egitto: la Pasqua! Lo stesso Gesù, nel festeggiare la Pasqua con gli Apostoli, si immola per tutti noi. L’Evangelista Giovanni colloca la morte di Gesù proprio nel giorno di Pasqua, proprio per indicare che il vecchio agnello immolato è stato sostituito da Gesù, vero agnello pasquale. Mentre per gli altri Evangelisti, Gesù si consegna come «vittima sacrificale» durante la cena della Pasqua ebraica. Gesù si dona nel grande segno dell’Eucaristia, nel pane e nel vino che sono il suo corpo e il suo sangue offerti per la nostra salvezza. L’Eucarestia, che ogni giorno celebriamo, non è altro che rendere presente Gesù in mezzo a noi. E anche noi, come Giovanni Battista, in ogni Eucaristia diciamo: «Ecco l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo».

Noi abbiamo bisogno del Signore, così come recita il salmo 39(40): «Ho sperato, ho sperato nel Signore, ed egli su di me si è chinato, ha dato ascolto al mio grido». Il Gesù che abbiamo contemplato nel tempo di Natale, adesso inizia la sua missione in mezzo a noi. In questi giorni abbiamo letto vari brani nei quali Gesù svolge la sua missione pubblica. Una missione di predicazione, di guarigioni e di preghiera. Gesù si è messo in cammino alla ricerca della «pecorella smarrita», lasciamoci trovare da Lui e cerchiamo di ascoltare la sua Parola.

Chiediamo al Signore, di illuminare le nostre menti e il nostro cuore, per riconoscerlo presente nella nostra vita e testimoniare che Gesù è davvero l’agnello di Dio, che è morto e risorto per la nostra salvezza.

“Signore, tu che sei venuto a liberarci dal peccato, abbi misericordia di me e aiutami a riconoscerti come colui che ha dato la sua vita per me. Insegnami a saper donare la mia vita, la mia esistenza agli altri, così come hai fatto tu. Non per mio vanto, ma solo ed esclusivamente per la tua gloria. Amen!”


Buon cammino.