sabato 21 dicembre 2019

IV DOMENICA DI AVVENTO (Anno A)

IV DOMENICA DI AVVENTO (Anno A)
«Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con se la sua sposa».

Carissimi amici,
oggi la liturgia ci presente la figura di san Giuseppe. L’uomo del silenzio, l’uomo giusto. Ciò che mi ha sempre colpito di san Giuseppe è l’amore e l’affetto che ha avuto nei confronti di Maria, ma in particolare di Gesù. In tutte le principali raffigurazioni, san Giuseppe è rappresentato sempre con Gesù bambino in mano ed è un’immagine bellissima e tenerissima che ci dice che l’amore verso un figlio, non ha misura, anche quando quel figlio è adottato. Possiamo dire che san Giuseppe è icona di quelle mamme, di quei papà, che hanno adottato dei bambini.

San Giuseppe, poi, è patrono della Chiesa, ed in particolare è un monito per i presbiteri, i vescovi, i quali sono chiamati a custodire e proteggere il tesoro della fede, ma ancora di più per i parroci che hanno il compito di custodire, di guidare la propria comunità.

Infine san Giuseppe è marito esemplare. Non abbandona Maria nel momento più delicato della sua vita, ma si fa compagno di cammino. Quanti mariti o mogli sperimentano il momento della fatica e del dolore. San Giuseppe è fonte di speranza e di consolazione.

Cosa possiamo imparare da san Giuseppe? Essenzialmente una cosa sola: custodire. Il resto è consequenziale. Chi sa custodire, sa portare rispetto, sa essere compassionevole, sa essere vero, ecc.

Chiediamo al Signore, per la potente intercessione di san Giuseppe, la grazia di essere custodi della nostra vita, delle persone che ci sono accanto, di tutto ciò che rappresenta la nostra fede, la nostra identità.

“Signore, grazie per avermi donato una figura come san Giuseppe, ma allo stesso tempo ti chiedo perdono se non sempre riesco ad essere un saggio custode dei tuoi innumerevoli doni. Ma sono sicuro, che con il tuo aiuto, imparerò l’arte del custodire. Amen!”


Buon cammino!

sabato 14 dicembre 2019

III DOMENICA DI AVVENTO (Anno A)

III DOMENICA DI AVVENTO (Anno A)
«Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?»

Carissimi amici,
con la III domenica, entriamo nella seconda parte del tempo di Avvento e la liturgia ci presenta la figura di Giovanni Battista. Un uomo imprigionato a causa del suo ministero profetico. Vedendo che le cose per lui si stanno mettendo male, si domanda se davvero questo famoso Gesù è il Messia oppure no. La risposta di Gesù è bellissima. Non dice: «Si, sono io!», ma elenca una serie di situazioni, dove il male viene trasformato in bene. Da questo, Giovanni capisce che l’opera di Dio si sta realizzando proprio attraverso Gesù, non a parole, ma attraverso gesti concreti.

Ma la cosa davvero sconvolgente è che i gesti di Gesù, sono paradossali e confermano ciò che dicevo domenica scorsa, commentando le parole dell’Arcangelo Gabriele: «Nulla è impossibile a Dio!». Dio da voce a chi non riesce a parlare, Dio apre le orecchie del cuore a chi vive nel proprio egoismo, Dio sana le ferite che ci portano a  zoppicare. Queste sono le grandi meraviglie di Dio che Maria canta nel Magnificat, proprio davanti ad Elisabetta in dolce attesa di Giovanni. Ecco perché a quelle parole di Gesù, Giovanni trova consolazione, perché le aveva già sentite quando ha sussultato nel grembo alla voce di Maria.

La fede e la speranza si nutrono di gesti concreti, non di parole. È nei piccoli e grandi segni della nostra vita, che riconosciamo la presenza di Dio, e tante volte ne ho fatto esperienza.
La domanda che fa Giovanni, spesso la facciamo anche noi, quando ci chiediamo: «Ma chi è Dio per me?». Nel Catechismo di San Pio X c’è la definizione di Dio come «l’essere perfettissimo, creatore e Signore del cielo e della terra», ma non basta. Per quanto questa definizione è vera, non rende piena verità a ciò che è veramente Dio. Se oggi una persona mi chiede chi è Dio, la mia risposta è questa: «Per me Dio è colui che mi ha dato la vita, che mi segue passo dopo passo, che mi mette alla prova per farmi crescere, che asciuga le mie lacrime, che perdona le mie malefatte, un amico e fratello con il quale puoi confidarti, condividere gioie e dolori».

Oggi, ognuno di noi, è chiamato a dare una risposta a Giovanni. Non una risposta da catechismo o da teologia, ma una risposta che viene direttamente dal nostro cuore.

“Signore, ti ringrazio per tutto ciò che operi nella mia vita. Sia nei momenti belli, sia in quelli brutti. Tutto è opera tua! Donami sempre la Tua consolazione, come l’hai donata a Giovanni nel momento più difficile della sua vita, affinché possa servirti sempre con gioia e letizia. Amen!”


Buon cammino!

sabato 7 dicembre 2019

SOLENNITÀ DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE

SOLENNITÀ DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE
«Nulla è impossibile a Dio»

Carissimi amici,
la solennità che viviamo oggi, ci descrive il momento dell’annunciazione, o meglio ancora, dell’incarnazione di Dio. Sappiamo che le tre grandi solennità mariane, sono legate alle principali solennità del mistero della nostra salvezza. Quella di oggi è legata all’Annunciazione del Signore, l’Assunzione è legata alla Pasqua e la divina maternità di Maria e legata al Natale.

È bello oggi poter meditare questa straordinaria pagina del Vangelo, che ci descrive la vocazione della Vergine Maria, ma ancora più bello è contemplare un Dio grande ed immortale, che sceglie le cose piccole per farle diventare poi grandi.

Analizziamo innanzitutto la cornice di questo meraviglioso dipinto che fa l’Evangelista Luca.
Ci troviamo a Nazareth, a quel tempo un piccolo agglomerato di case molto povere e all’interno di una di queste piccole case, c’è una giovane ragazza promessa sposa di un artigiano emigrato dalla Giudea.
In un pomeriggio normalissimo, come tanti li a Nazareth, avviene il prodigio. Dio entra fisicamente nell’umanità e lo fa attraverso la voce dell’Arcangelo Gabriele e la potenza dello Spirito Santo. L’Arcangelo Gabriele si presenta a questa giovane ragazza e le porta il saluto di Dio.
Da quel momento la sua vita sta per cambiare e non solo la sua, ma quella dell’intera umanità. Dio chiede a Maria di essere la madre di Suo Figlio.
Lo stupore di Maria è grande, perché non immaginava che un giorno le sarebbe arrivata tale proposta da parte di Dio. Tanto è lo stupore da chiede come tutto ciò sia possibile e Gabriele le spiega il progetto di Dio e conclude con queste parole: «Nulla è impossibile a Dio!» e dopo quest’ultima espressione, Maria si affida e dice: «Ecco l’ancella del Signore, avvenga per me secondo la tua parola». Quell’umile SI, ha cambiato per sempre la storia dell’umanità e l’ha cambiata in bene. Quel SI ha permesso a Dio si salvare l’uomo dal potere del male.

Molte volte noi ci arrendiamo nelle sfide, perché contiamo solo sulle nostre poche forze o perché ci affidiamo a “Dio Merlino” che con la bacchetta magica risolve tutti i problemi! Oggi il Vangelo ci insegna che se ci fidiamo di Lui, saremo capaci di realizzare l’impossibile. Questa non è utopia o fantascienza, è realtà! Ed io stesso ne sono testimone. Ogni giorno vedo tanti piccoli miracoli da parte di Dio. Potrei fare un elenco di «grandi cose [che]  ha fatto in me l’Onnipotente». Come non riconoscere la sua presenza in tante cose che ho vissuto! E di testimonianze simili c’è ne sono tantissime. In questi anni ho incontrato tantissime persone che hanno fatto esperienza di realizzare l’impossibile.

Non dobbiamo aver paura di non essere all’altezza, perché è Dio che ci renderà tali!
Oggi anche io posso gridare al mondo: «l’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore, perché grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente. Amen!»


Buon cammino!

domenica 1 dicembre 2019

I DOMENICA DI AVVENTO (Anno A)

I DOMENICA DI AVVENTO (Anno A)
«Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

Carissimi amici,
con questa domenica, iniziamo il nuovo anno liturgico con il tempo dell’Avvento, che ci accompagnerà fino al 24 dicembre. L’Avvento, come dice la parola stessa, è un tempo di attesa. Esso è strutturato in due momenti. Il primo momento (I-II settimana) è l’attesa escatologica, cioè si riflette e si prega sul ritorno glorioso del Signore. il secondo momento (III-IV settimana) è l’attesa messianica, cioè facciamo memoria della prima venuta del Signore, ovvero la nascita nella grotta di Betlemme.

Come primo momento, il Vangelo ci propone uno dei discorsi escatologici di Gesù, il quale invita ad essere vigilanti e pronti perché Lui potrebbe tornare quanto prima.
Chiaramente, noi non sappiamo il giorno e il momento quando questo avverrà, l’unica certezza assoluta è che ritornerà!
Per capire un po’ questo concetto, possiamo paragonare questo tempo di attesa ad una persona che ogni giorno tiene in ordine la casa, nell’eventualità che qualcuno vada a trovarla. Oppure quando una coppia riceve la notizia che tra circa nove mesi avrà un figlio, già da subito, con grande gioia e trepidazione, iniziano a preparare tutto per accogliere questa nuova vita. Così come anche due fidanzati, che curano il loro amore, in attesa che arrivi il giorno del loro matrimonio.

Ecco, alcuni esempi di quotidianità, che ci aiutano a riflettere sul senso dell’Avvento. Allora possiamo sintetizzare il messaggio di Gesù in questo modo: vivi ogni giorno in prospettiva dell’ultimo. Dove l’ultimo non è la morte, la tomba, ma la risurrezione, il Paradiso.

Chiediamo al Signore di renderci saldi ed irreprensibili fino alla venuta gloriosa del Signore.

“Signore, il Tuo invito ad essere vigilante, mi è di grande aiuto, perché spesso mi lascio distrarre dalle cose del mondo. Continua ogni giorno ad esortarmi a vivere il Vangelo, in modo da poter gustare in pienezza il Tuo Amore e la vita senza fine. Amen!”

Buon cammino!


domenica 24 novembre 2019

XXXIV DOMENICA T.O. (Anno C) – SOLENNITÀ DI CRISTO RE DELL’UNIVERSO

XXXIV DOMENICA T.O. (Anno C) – SOLENNITÀ DI CRISTO RE DELL’UNIVERSO
«Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno»

Carissimi amici,
siamo giunti alla conclusione dell’anno liturgico e il Vangelo ci dice che anche in punto di morte possiamo chiedere il perdono di Dio.

Nel brano del Vangelo ci sono tante parole e affermazioni, da parte di diverse persone, ma Gesù si lascia trafiggere il cuore non dalla lancia, ma dalle parole del buon ladrone. Lui ha riconosciuto le sue colpe e ha chiesto la Misericordia di Dio. Quest’uomo ha saputo mettere insieme Giustizia e Misericordia, ed è quello che Dio chiede a ciascuno di noi.

Davanti alla presunzione, all’orgoglio, Gesù non si lascia condizionare, nemmeno davanti alla morte. Due sono i malfattori, ma ad uno solo Gesù promette il Paradiso. La cosa sconvolgente è che non è una promessa a lunga scadenza, è immediata. L’oggi della salvezza! Facciamo attenzione ad un particolare molto interessante. Dio perdona sempre e l’esperienza della Croce è quella più diretta. Ma come dico sempre, la Misericordia e la Giustizia sono due strade a doppio senso. C’è Dio che perdona e l’uomo che accoglie il perdono. Stessa cosa con la Giustizia. Dio offre una possibilità di riscatto, l’uomo si mette in gioco per trasformare il suo male in bene.
La differenza tra i due malfattori sulla croce è proprio questa. Uno pensava di salvarsi solo perché Dio è buono, l’altro ha riconosciuto il suo male, ha ritenuta giusta la sua condanna e si mette nelle mani di Dio.

Facciamo come il buon ladrone. Mettiamo l’intera nostra vita nelle mani del Signore e fidiamoci del suo Amore e della sua Misericordia.

“Signore, tante volte ho pensato di salvarmi soltanto perché battezzato, ma oggi mi insegni che per salvarsi c’è bisogno di una vera conversione, di un vero cambiamento di vita. Trafiggi il mio cuore di pietra e rendilo ardente d’Amore. Amen!”


Buon cammino!

sabato 16 novembre 2019

XXXIII DOMENICA T.O. (Anno C)

XXXIII DOMENICA T.O. (Anno C)
«Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto»

Carissimi amici,
siamo giunti alla conclusione dell’anno liturgico. Il Vangelo di questa domenica sembra incutere terrore, spavento, quasi a dire che essere cristiani equivale a soffrire e morire, ma non è così! La frase che ho scelto come introduzione è un grande segno di speranza.

Ieri mi è arrivato un messaggio ironico da un mio amico, il quale mi diceva che leggendo il Vangelo di questa domenica, ed in particolare questa frase, si era sentito offeso, in quanto lui ha perso quasi tutti i capelli. Ricordando che Gesù anche in altra occasione parla di capelli, gli ho risposto: «Gesù, in un altro passaggio del Vangelo dice che i capelli del nostro capo sono contati, quindi non disperare, anche se tu li hai persi, Gesù li tiene tutti conservati e contati». Da questo divertente episodio, mi è venuta la riflessione per questa pagina di Vangelo e l’ho collegata ad alcune mie esperienze personali che ho vissuto.

Ieri mattina ho visitato delle case dove ci sono diverse situazioni di sofferenza e ciò che si respirava in quelle case non era la disperazione, ma la speranza. E pensando che anche il mio animo veniva da due giornata molto intense e difficili, ieri ho ritrovato la serenità, ho capito qual è il messaggio di Gesù. In tutta la descrizione apocalittica, Gesù ci dice di rimanere sereni, perché ciò che l’uomo perde, Dio lo raccoglie, lo conserva e lo valorizza. Nulla sfugge dalla sua mano e poi è bello il particolare del contare. Generalmente noi contiamo solo quello che ha valore. Dio conta tutto ciò che è importante per la nostra vita e non lo butta, ma lo conserva, come si conserva un tesoro.

Ed ecco che tutta la nostra vita, soprattutto la nostra sofferenza è preziosa agli occhi di Dio. Ciò che in questa vita perdiamo, lo ritroviamo con Lui nel Paradiso, ed in quel momento sarà grande festa, perché: «era perduto ed è stato ritrovato, era morto ed è tornato in vita».

“Signore, spesso la vita è amara, dolorosa, carica di tante lacrime. Oggi però mi dai la certezza che queste lacrime di dolore tu le raccogli, le conti, le trasformi in lacrime di gioia e le conservi per il giorno in cui vedremo il Tuo Volto nel Paradiso, insieme a Maria e ai Santi. Amen!”

Buon cammino!


domenica 10 novembre 2019

XXXII DOMENICA T.O. (Anno C)

XXXII DOMENICA T.O. (Anno C)
«Dio non è dei morti, ma dei viventi, perché tutti vivono in Lui»

Carissimi amici,
Con la liturgia di questa domenica, ci stiamo avvicinando alla conclusione dell’anno liturgico e il Vangelo ha un chiaro sapore escatologico, cioè di ciò che avverrà alla fine del mondo.

Il discorso che viene fatto a Gesù, è molto interessante, perché ci si preoccupa delle relazioni umane e di come esse saranno nel regno di Dio. La risposta di Gesù è molto interessante, anche se all’apparenza sembra strana. Gesù ci dice essenzialmente che nel Regno di Dio, l’unica relazione possibile è quella diretta con Dio. Quello che in un certo senso siamo chiamati a vivere anche qui sulla terra.

Il giudizio universale che troviamo nel Vangelo di Matteo al capitolo 25, ci vuole dire proprio questo. La nostra relazione con Dio, si esplicita nelle relazioni umane e non il contrario. Amando Dio, amo anche gli uomini. Ecco perché rimane il legame con chi ha lasciato questo mondo. Se guardiamo alla sola logica umana, con la morte tutto finisce. Se guardiamo nella logica di Dio, quelle persone che noi abbiamo amato continueranno ad essere presenti nella nostra vita. Come? Proprio nella relazione con Dio. È lo stesso motivo per il quale veneriamo i santi! Sono persone morte, o meglio, «addormentate nella speranza della risurrezione», che dal cielo ci guidano e ci proteggono. Pregare i Santi e pregare i nostri amici e parenti defunti, che hanno cercato di vivere la bellezza del Vangelo, è la stessa cosa.

Tutte le relazioni umane nascono, crescono e finiscono. La relazione con Dio è eterna. Chiediamo al Signore la grazia di vivere già da oggi questa relazione personale con Lui. Scriveva santa Teresa D’Avila: «Niente ti turbi, niente ti spaventi: chi ha Dio niente gli manca. Niente ti turbi, niente ti spaventi: solo Dio basta».

“Signore, tante relazioni ho vissuto, tante ne sto vivendo e tante altre ne vivrò, ma la relazione più importante è sempre quella con Te, anche se spesso me ne dimentico. In merito alle relazioni passate, faccio mie le parole di san’Agostino: «Signore, non ti chiedo perché me l’hai tolto, ma ti dico grazie perché me l’hai donato». Amen!

Buon cammino!


venerdì 1 novembre 2019

SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI

SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI
«Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».

Carissimi amici,
il discorso fatto in queste settimane, ci deve portare a vivere un certo stile di vita. Chiaramente questo stile di vita, non è facile da vivere, perché l’attuale società ci pone diverse difficoltà. Ma il Signore, conoscendo questa realtà, non ci ha negato il suo grande amore, come abbiamo visto nella seconda lettura. L’Apostolo Giovanni scrive: «Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!». Nonostante tutta la nostra umanità imperfetta, Dio ci fa essere suoi figli. Ma c’è un passaggio ulteriore: «noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è». È un dono meraviglioso! Vivere il Vangelo, in tutte le grandi tribolazioni, ci rende simili a Dio.

I santi hanno fatto proprio questo! Hanno cercato di vivere la vita di fede così come il Vangelo ci ha indicato in queste settimane e che sintetizza oggi nelle beatitudini: la mitezza, la misericordia, la giustizia, il dolore, l’essenzialità, la pace. I santi non sono supereroi, delle persone speciali, sono esseri umani come noi, che hanno capito la bellezza della vita cristiana e l’hanno condivisa con gli altri. Ed ecco che la bellezza della santità, non è qualcosa di utopico, di impossibile, ma è qualcosa di realizzabile, se noi lo vogliamo. Dio ci ha fatto questo grande dono, spetta a noi aprirlo e saperlo valorizzare. Certamente nella fatica terrena, ma sopratutto nella pace e nel riposo eterno nel Paradiso.

Non bisogna aver paura della morte. Spesso la mia preghiera serale è questa: «Signore, grazie per ciò che mi hai donato e scusa per ciò che non sono riuscito a donare! Adesso puoi anche prendermi con Te!». E tante volte mi addormento pregando l’Ave Maria. Questa preghiera, fatta con il cuore, libera l’anima da tante catene umane, aiuta a comprendere che non siamo i padroni di questo mondo e delle persone, ma semplici creature nelle mani di Dio, o come diceva santa Teresa di Calcutta: «Siamo matite nelle mani Dio», e come esortava san Giovanni Paolo II ai giovani: «Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro». E davanti alla gloria umana, impariamo a rispondere come san Filippo Neri: «Preferisco il Paradiso!»

Chiediamo aiuto ai nostri santi che portiamo nel cuore, di aiutarci a vivere giorno dopo giorno la bellezza del Vangelo, per poter godere della gloria del Volto di Dio nel Cielo. Amen!


Buon cammino verso il Paradiso! 

domenica 27 ottobre 2019

XXX DOMENICA T.O. (Anno C)

XXX DOMENICA T.O. (Anno C)
«O Dio, abbi pietà di me peccatore»

Carissimi amici,
tutto il discorso fatto nelle precedenti domeniche, trova un punto di arrivo. Abbiamo visto una serie di caratteristiche: la Misericordia, la giustizia, la preghiera, la fiducia, l’umiltà, ecc. Oggi vediamo un altro aspetto che è l’essenzialità. Si, con il Signore bisogna essere essenziali, chiari, veri. Molto diretta l’immagine che ci da il Vangelo questa domenica. C’è uno che fa uno sproloquio davanti a Dio e un altro che con una sola frase si mette nelle mani di Dio.

Ho detto che oggi è il punto di arrivo, perché se tutto quello che abbiamo appreso in queste settimane, non coincide con questa essenzialità, abbiamo perso tempo. Nella Misericordia e nella giustizia, Dio ci offre ogni giorno una possibilità. Nella relazione personale, Dio si dimostra credibile e affidabile. Quale deve essere il nostro atteggiamento se non quello di metterci soltanto nelle sue mani? Proprio oggi è il mio primo anniversario di presbiterato. Due giorni prima dell’ordinazione, mi sono messo davanti al crocifisso e ho detto: «Signore, non ho più nulla, non resta che mettermi nelle tue mani: eccomi!». In questo anno di presbiterato, davvero ho visto come il Signore mi è stato accanto nei momenti belli, ma soprattutto nei momenti di maggiore tensione (e ci sono stati!). In tutto questo, mi ha aiutato la grande sofferenza che in famiglia abbiamo vissuto lo scorso autunno. L’insegnamento più grande è stato proprio il valore dell’essenzialità. Quando tutte le certezze umane diventano improvvisamente incertezza, non puoi fare altro che alzare le mani e dire: Eccomi!

Quando le persone mi chiedono la preghiera, non credete che mi metta a fare grandi discorsi ripetitivi con il Signore. In maniera molto semplice metto la richiesta nelle sue mani, senza pretendere nulla, e vi posso testimoniare che ho visto più miracoli così e non quando si pretende una grazia!

Allora, mettiamo la nostra intera esistenza nelle sue mani e fidiamoci ciecamente di Lui, perché sappiamo che tutto ciò che fa Dio ha un fine buono, anche se incomprensibile ai nostri occhi, e come dice la canzone nel film di animazione «il principe d’Egitto», vedrai miracoli, se crederai!

“Signore, non ho molte pretese, voglio solo dirti grazie per quello che mi hai dato e mi dai e ti chiedo scusa se non sono riuscito sempre ad accogliere i tuoi doni. Oggi metto nelle Tue mani tutta la mia vita e la vita di coloro che chiedono la mia preghiera. Amen!”


Buon cammino! 

domenica 20 ottobre 2019

XXIX DOMENICA T.O. (Anno C)

XXIX DOMENICA T.O. (Anno C)
«Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?»

Carissimi amici,
continuiamo il nostro percorso sul significato della fede. Finora abbiamo visto la realtà della Misericordia, della preghiera, oggi abbiamo un elemento ulteriore: la giustizia. Il Vangelo ci dice chiaramente che il Signore «farà giustizia prontamente», ma sappiamo ciò che è giusto? Giustizia non è vendetta, ma è rendere giusto chi giusto non è, cioè trasformare il male in bene.

Come nella Misericordia, anche nella giustizia, c’è una relazione tra due parti. C’è chi aiuta a rendere giusto e chi accoglie questo aiuto a cambiare vita. Per capire questo concetto, pensiamo alla nostra giustizia umana. Da una parte c’è chi si impegna a rendere giusto l’ingiusto, attraverso un serio e faticoso cammino, dall’altra parte la volontà di fare questo cammino. Se queste due realtà non stanno insieme, non avremo mai giustizia. Così nella Misericordia! L’indifferenza nelle carceri (da parte di entrambi, Stato e detenuti) non renderà mai giustizia, così come il buonismo non renderà la Misericordia.

Ecco allora il legame con la fede, così come abbiamo visto in queste settimane. Vivere la fede è vivere la vita nella verità, nella legalità, nel rispetto, nella coerenza. Dio ci aiuta a fare un percorso che da ingiusti ci rende giusti, ma io voglio fare seriamente questo cammino? Voglio giustizia?
L’esperienza di fede ha dei risvolti nella vita sociale, perché se vivo seriamente la mia relazione con Dio, la saprò vivere anche con le altre persone. La domanda di Gesù, ci deve far riflettere molto, come a voler dire: «Sei sicuro di voler cambiare vita? Ci hai pensato bene?».

Il buonismo e il relativismo sono un grave limite nel percorso di fede. Allora, mettiamoci in preghiera e chiediamo l’aiuto del Signore per capire come vivere questo percorso «riabilitativo» e vivere una vita nella Misericordia e nella Giustizia.

“Signore, tante volte ho inteso la giustizia come vendetta, ma non è così! Tu stesso hai reso giusta la mia vita, quando di fronte ai miei errori mi hai proposto un cammino e io mi sono fidato di Te. Aiutami a rendere giusti coloro che vivono nell’ingiustizia, perché tutti insieme possiamo raggiungere la verità del Paradiso. Amen!”


Buon cammino.

domenica 13 ottobre 2019

XXVIII DOMENICA T.O. (Anno C)

XXVIII DOMENICA T.O. (Anno C)
«Alzati e và, la tua fede ti ha salvato»

Carissimi amici,
il Vangelo di questa domenica ci aiuta a riflettere su due temi: l’obbedienza e la gratitudine. Due realtà che devono essere necessariamente collegate tra loro. Vediamo come.

Mentre «Gesù attraversa la Samaria e la Galilea, entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: “Gesù, maestro, abbi pietà di noi!”». Come dicevo già due domeniche fa, nella Misericordia non è Dio a fare il primo passo, ma l’uomo. Questi dieci lebbrosi hanno capito che Gesù è la fonte, ma per bere devono avvicinarsi loro, e così fanno. Gesù acconsente la loro richiesta e dice: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». I dieci lebbrosi, obbediscono a Gesù e mentre vanno, vengono purificati.
Domenica scorsa, Gesù ci ha detto questa frase: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe».
L’obbedienza non è semplicemente eseguire alla cieca degli ordini. L’obbedienza chiede credibilità a chi da degli ordini e fiducia a chi li esegue. Una persona vera e credibile mi dice una cosa, io mi fido e obbedisco. I dieci lebbrosi non hanno fermato la prima persona che passava, hanno fermato il “maestro”, hanno riconosciuto in Gesù una persona vera, autentica e credibile ed è bastata una Sua parola per ottenere l’obbedienza.
Se oggi abbiamo una difficoltà verso la virtù dell’obbedienza, è perché siamo noi poco credibili e incoerenti. Sappiamo dare solo ordini, senza fare un sano e giusto discernimento. Cosa ne otteniamo? Solo caos! Non posso pretendere l’obbedienza, se prima io non vivo ciò che chiedo. Come posso imporre alle persone la preghiera, se io non prego? Che fare? Arrendersi? Assolutamente no! Bisogna lavorare sull’autenticità della nostra vita, questa è la vera sfida. Fare delle scelte è sempre faticoso, ma nel tempo porteranno frutti.

Il secondo tema è la gratitudine. «Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo». Ecco cosa fa l’obbedienza quella vera! Porta con se la gratitudine. Quest’uomo si è fidato di Gesù e lo ha ringraziato. Questa è una scena bellissima, come tantissime volte la vediamo in TV. Ma nella realtà?

Ma facciamo un passaggio ulteriore. «Gesù osservò: “Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?” e gli disse: “Alzati e và, la tua fede ti ha salvato!”». L’osservazione di Gesù è ottima, ma anche la sua risposta! Non ha utilizzato il plurale, non ha detto: «la vostra fede vi ha salvato!». Tutti e dieci hanno obbedito, ma solo uno ha vissuto l’obbedienza come una relazione vera ed autentica. Questa è la fede che salva! La fiducia reciproca, l’amore vicendevole. Ecco perché queste due realtà devono sempre essere vissute insieme. Più sono unite tra loro, più l’obbedienza è vera!

Così cresce e vive una comunità!

“Signore, diverse volte ho agito come un dittatore, ma non ho mai ottenuto ciò che desideravo. Quando ho capito che l’obbedienza altrui dipendeva soltanto da me, dalla mia credibilità, ho visto tanti miracoli e tante relazioni crescere. Oggi ti chiedo di benedire queste relazioni e di farmi vivere ogni giorno in questo stile, che è lo stile dell’amore, del rispetto, della fiducia. Amen!”


Buon cammino!

domenica 6 ottobre 2019

XXVII DOMENICA T.O. (Anno C)

XXVII DOMENICA T.O. (Anno C)
«Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe».

Carissimi amici,
questa domenica mi vorrei soffermare su due aspetti molto interessanti. Il primo è in merito alla frase che ho scelto nell’introduzione. Sembra banale o utopica, ma è la verità. La fede non è solo questione di fiducia, ma c’è ben altro. Quando diciamo all’altro: «Fidati di me», che cosa l’altro si aspetta da noi per potersi realmente fidare? La credibilità! Molte volte ci lamentiamo perché Dio non ci fa i miracoli, ma ci chiediamo se nella richiesta siamo stati credibili? Perché Dio dovrebbe ascoltarci? Essere persone credibili e affidabili è la grande sfida, solo così saremo in grado di ottenere miracoli e di farci ubbidire. Questo è fondamentale anche nelle nostre relazioni umane, prima della fiducia, c’è bisogno di verificare la credibilità e la coerenza dell’altro. Dio nei nostri confronti fa la stessa cosa. Ci da delle possibilità, ma Lui resta sempre a capo. Proviamo solo ad immaginare cosa potrebbe accadere se Dio ci desse carta bianca su tutto. Della creazione non rimarrebbe nulla. La grandezza e la bellezza di Dio sta nel fatto che Lui è il maestro, ci affida dei compiti da svolgere, ma non ci lascia soli, ci accompagna passo passo, e se sbagliamo, Lui è pronto a correggerci. Di Dio mi fido proprio perché è credibile, è vero, è coerente e chiede da me la stessa cosa. Non voglio creare allarmismi, ma mi preme ricordare che non c’è solo il Paradiso, ma c’è anche l’Inferno e il Vangelo di domenica scorsa c’è lo ricorda molto bene.

Il secondo aspetto è in merito all’ultimo versetto: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare». È la dimensione della gratuità. Il cristiano non ama per interesse, ma per amore. Ecco perché Gesù ci dice che solo se saremo come i bambini entreremo nel regno dei cieli. I bambini sono semplici, spontanei. Qualche giorno fa abbiamo ricordato la straordinaria figura di san Francesco. Un uomo che ha vissuto la bellezza del Vangelo nella semplicità e autenticità.

Chiediamo al Signore di mettere insieme queste due virtù: coerenza e gratuità, in modo da essere veri discepoli di Gesù e persone autentiche, in grado di costruire una società migliore.

“Signore, tante volte ho sperimentato il tradimento della fiducia e so cosa provi, quando mi allontano da te, ma Tu mi insegni a non rifiutare l’altro, ma di accompagnarlo, di aiutarlo a capire il significato della coerenza e della credibilità. Aiutami, infine, al termine di questo cammino di accompagnamento, a vivere ciò che tu mi hai detto: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare». Amen!”


Buon cammino.

domenica 29 settembre 2019

XXVI DOMENICA T.O. (Anno C)

XXVI DOMENICA T.O. (Anno C)
«Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti».

Carissimi amici,
il Vangelo di questa domenica, ci svela una cosa molto importante. Ci fa aprire gli occhi sulla realtà della Misericordia, che non è il buonismo che erroneamente o per nostro comodo predichiamo. Il ricco epulone, dopo la sua morte, chiede Misericordia e perdono, ma non la ottiene! C’è un’ulteriore richiesta quando il ricco dice: «Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento». Ma nemmeno questa richiesta viene esaudita.

Il tema della Misericordia, è il perno della nostra vita. Senza di essa, nulla avrebbe senso. La Misericordia è la prima forma di giustizia e di verità. Nella parabola, Gesù dice una cosa molto importante. Alla richiesta del ricco epulone risponde: «Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro». Ed è vero. Noi abbiamo un grande tesoro nelle nostre mani: la Bibbia! per capire e vivere la Misericordia dobbiamo leggere e meditare la Bibbia. Quando penso alla Misericordia, mi chiedo: Ma Dio come ha agito nella storia della Salvezza? Rileggendo dei passi biblici, vedo come Dio ha un Amore smisurato, senza limiti di tempo e quantità e già questo è un segno di grande speranza, ma Dio è anche un Padre e maestro, quindi ha un compito educativo nei nostri confronti. Come educa Dio? Con la libertà!

Le storie di Misericordia nella Bibbia sono tantissime, ne cito solo alcune in modo da suscitare una riflessione su questo tema. È interessante la storia di Giuseppe venduto dai fratelli, poi tutto il viaggio del popolo ebraico nel deserto, fino ad arrivare al Vangelo di Luca che è denominato il Vangelo della Misericordia. Tanti personaggi: Zaccheo, la peccatrice, la figlia di Giairo, l’emorroissa, il padre misericordioso, il paralitico sceso dal tetto con il lettuccio, i dieci lebbrosi, il buon ladrone, ecc. Sono tutti passaggi dove il primo passo non è di Dio, ma dell’uomo. L’esempio che porto sulla Misericordia, alla luce di questi testi biblici, è quello sulla sorgente d’acqua! La sorgente scorre sempre, l’acqua è fresca, limpida, dissetante, ma se io non mi avvicino per bere, non avrò mai la gioia di gustare il suo ristoro. Posso anche gridare al mondo che Gesù ci ha salvati con la sua morte e risurrezione, ma se non vivo dentro di me la Pasqua, sarà tutto inutile.

Come vivere la Misericordia? Riconoscendo il nostro errore, chiedendo perdono con i fatti, non con le parole e ricordandoci di rispettare anche la libertà dell’altro. Il perdono e la Misericordia non vanno mai imposti, ma proposti! Se Dio ci lascia liberi di accogliere o meno la sua Misericordia, anche noi dobbiamo fare la stessa cosa con gli altri. Uno dei pochi casi dove la Misericordia non è stata accolta è nel racconto del giovane ricco. Lui si avvicina a Gesù, Gesù gli spiega cosa deve fare, ma lui va via. Gesù non lo rincorre, anzi commenta dicendo: «come è difficile per un ricco entrare nel regno dei cieli».
Questa è la Misericordia, quella vera!

“Signore, tante volte ho pensato che la tua Misericordia fosse il permesso per poter fare tutto quello che voglio, ma non è così. Oggi mi hai fatto capire che la Misericordia è la fonte della verità, della giustizia e della libertà! e che tu non aspetti altro che io ritorni da Te, nel tuo Amore. Amen!”


Buon cammino!

sabato 21 settembre 2019

XXV DOMENICA T.O. (Anno C)

XXV DOMENICA T.O. (Anno C)
«Non potete servire Dio e la ricchezza».

Carissimi amici,
il Vangelo di questa domenica è molto interessante, perché ci da un ulteriore insegnamento di come deve essere il discepolo. La settimana scorsa abbiamo visto le parabole sulla Misericordia, oggi Gesù ci fa capire come la ricchezza, utilizzata nel modo sbagliato, ci porta lontano da Dio.

Facciamo attenzione ad un particolare. Gesù non parla di denaro, ma di ricchezza. Per ricchezza si intende una serie di cose e anche di qualità. L’essere bello, bravo e talentuoso, può essere una ricchezza. Se ci dedichiamo troppo a queste «ricchezze», perdiamo il punto di riferimento, che è Dio. Il messaggio di quest’oggi è in piena sintonia con il discorso sull’umiltà, che abbiamo trattato qualche domenica fa. Essere umili non significa diventare piccoli e insignificanti, ma l’umiltà è qualcosa che fa grande l’uomo. Stesso discorso sulla ricchezza. Per servire Dio, non dobbiamo reprimere quelle che sono le nostre qualità, ma bisogna saper creare un buon equilibrio. In merito al denaro, c’è un caro amico sacerdote che mi ripete spesso: «Non devi essere tu ad inseguire i soldi, ma sono i soldi che dovranno inseguire te». Possiamo tradurlo così: Non dobbiamo servire la ricchezza, ma dobbiamo servirci della ricchezza per poter servire Dio.
C’è un detto popolare che dice: «il denaro è lo sterco del demonio». Ed è vero, però attenzione ad un particolare. Lo sterco viene utilizzato anche come concime nella terra per la produzione del raccolto. Il denaro, le nostre qualità vanno gestite con saggio discernimento.

La ricchezza, quella vera, è dono della Provvidenza di Dio. Ogni giorno mi rendo conto di essere davvero ricco, perché ho tante cose belle che mi danno la gioia di lodare e ringraziare Dio. In primis il dono della vita, poi una famiglia, degli amici, tante persone che dimostrano affetto nei miei confronti, il dono del canto e della musica, il dono del sorriso e dell’amore. Questa è la vera ricchezza della quale noi dobbiamo servirci e non servire. Se non apprezziamo questa ricchezza, non potremmo mai ringraziare e servire Dio.

Servire Dio significa ringraziarlo per tutto ciò che fa per noi. Mettiamo nelle sue mani questo immenso tesoro che abbiamo nella nostra vita.

“Signore, ti ringrazio per tutto ciò che ogni giorno mi doni. A te affido la mia vita, il mio tesoro, le mie conquiste e anche i miei fallimenti. Aiutami a ad esserti sempre fedele e riconoscente. Amen!”


Buon cammino! 

domenica 8 settembre 2019

XXIII DOMENICA T.O. (Anno C)

XXIII DOMENICA T.O. (Anno C)
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo».

Carissimi amici,
il Vangelo di questa domenica ci fa riflettere su una realtà dove siamo tutti un po’ carenti. È quella sottile linea che separa i credenti dai non credenti. Nelle domeniche scorse abbiamo visto alcune caratteristiche del discepolato, l’essere pronti a tutto. Oggi Gesù ci dice che se tutto ciò che abbiamo imparato non ha come fondamento l’amore in Dio, siamo soltanto operatori sociali e niente più.

Nasce spontanea la domanda: Come vivere l’amore in Cristo? Così come viviamo le nostre relazioni d’amore. Non a caso Gesù fa riferimento a legami familiari, dove l’amore dovrebbe essere il centro di tutto. Giustamente, noi pensiamo: «già è difficile vivere una relazione d’amore con persone fisiche, figuriamoci come possiamo vivere la relazione con Dio che è invisibile!». Il discorso di Gesù nel Vangelo di Matteo al capitolo 25, quando parla delle opere di Misericordia, smonta questo nostro pensiero. Dio non è invisibile, Dio è in ogni uomo, che è fatto a sua immagine e somiglianza. Essere discepoli di Gesù, significa amare genitori, figli, amici, come se amassimo Lui. Questa è la grande sfida!
E se io mi relaziono con l’altro come se fosse Dio, non lo tratto male, non lo giudico, non lo umilio! Al contrario, se mi ritrovo davanti persone che hanno smarrito l’immagine e somiglianza di Dio, entra in gioco la Misericordia. Attenzione, perdonare non è vivere nel mondo felice, dove non c’è differenza tra bene e male, dove tutti si vogliono bene. Questa non è Misericordia, questa è indifferenza! Perdonare significa educare l’altro a capire il suo errore e a trasfigurarlo, e l’educazione avviene con i sani NO e i robusti SI. Amare i nemici, significa aiutarli a fare un cammino con delle scelte anche radicali e dure, spesso incomprensibili dalla logica umana, ma indispensabili agli occhi di Dio.

Io sono una persona molto concreta e schematica. Davanti a me ho una persona buona e seria, ho due opzioni. La prima è parlare bene, la seconda è parlare male. Se scelgo la prima opzione arrivo alla soluzione di essere un buon cristiano. Se scelgo la seconda opzione, si arriva alla soluzione di essere un cattivo cristiano.
Se mi trovo una persona cattiva, anche qui due opzioni. La prima è la Misericordia come l’ho descritta sopra, la seconda è alimentare il pettegolezzo.
Con questo schema molto essenziale, capiamo se siamo realmente discepoli di Gesù, oppure no.

Chiediamo la grazia al Signore di vivere al meglio la nostra relazione con Lui e con gli altri.

“Signore, mettere Te al centro della mia vita, non è facile. Spesso mi accorgo di averti abbandonato, ma tante volte mi hai dimostrato che quando stiamo insieme, facciamo grandi cose e nulla ci ha fermati. Aiutami a vivere sempre con Te, nel Tuo Amore. Amen!”

Buon cammino!

sabato 3 agosto 2019

XVIII DOMENICA T.O. (Anno C)

XVIII DOMENICA T.O. (Anno C)
«E quello che hai preparato di chi sarà?»

Carissimi amici,
la liturgia di questa domenica ci vuole far riflettere sul significato della condivisione. Con parole molto chiare, Gesù ci vuole dire che per gli avidi e per gli avari, non c’è posto nel Regno dei Cieli. La parabola è molto chiara e anche noi diciamo che nella tomba non ci porteremo niente di tute le ricchezze accumulate. Un po’ come diceva il grande Totò nella sua poesia «A livella».

Se ci pensiamo, Gesù ci ha insegnato il significato dell’Amore. E l’Amore è condivisione. Non esiste amore non condiviso. L’amore esiste perché c’è una relazione tra amante e amato. Se manca questa relazione, non c’è Amore.

Ora cerchiamo di capire come applicare questo concetto alla nostra vita. Ognuno di noi, anche il più cattivo, ha ricevuto dei doni, delle qualità. Gesù ci chiede di condividere con gli altri questi doni, di mettere a servizio degli altri queste qualità e talenti. Io non ho molti doni e talenti, ma quei pochi che ho, cerco di metterli a disposizione, di condividerli, ovviamente con tutta la mia umanità, a volte facendo anche degli errori. Ma ciò che vedo è che quando condivido, mi sento libero, felice. Quando a volte mi capita di non condividere, mi sento prigioniero.

Spesso a molte persone dico che se tutti noi mettiamo a disposizione le nostre qualità, i nostri talenti, la nostra comunità sarà una comunità generosa, libera, solidale, una comunità che ama. In fondo tutti abbiamo bisogno di tutti!

Questo è il messaggio di questa domenica: Non c’è posto per gli avari in Paradiso!

Chiediamo al Signore l’aiuto di cercare questa perla preziosa, questi doni e qualità da poter condividere con gli altri.

“Signore, grazie per avermi insegnato a condividere ciò che ogni giorno mi doni. Grazie perché mi dai la gioia di sentirmi libero con Te e con gli altri e perdonami se a volte alcune circostanze mi portano ad essere egoista. Amen!”


Buon cammino! 

domenica 28 luglio 2019

XVII DOMENICA T.O. (Anno C)

XVII DOMENICA T.O. (Anno C)
«Signore insegnaci a pregare»

Carissimi amici,
la preghiera è un dialogo particolare tra due realtà. È un dialogo di richiesta, di affidamento e di gratitudine.
Molte volte consideriamo la preghiera come qualcosa di impensabile, di impossibile. Qualcosa difficile da fare, perché non sappiamo trovare le parole giuste. Certamente tra gli uomini è così. Se non si trovano le parole giuste e i momenti giusti, le nostre richieste non verranno esaudite, ma con Dio non è così, anzi è l’esatto contrario. Più noi siamo articolati e difficili, più la nostra richiesta non verrà esaudita. Il motivo è molto semplice. Noi esseri umani vogliamo le belle parole e gli onori, Dio vuole la verità e la semplicità del cuore.

Si dice che la preghiera è insegnata al catechismo da bambini o in chiesa, ma non è così. Al catechismo si apprendono i contenuti della fede e in chiesa di celebra la fede. La preghiera si apprende con la vita concreta di ogni giorno, soprattutto nelle difficoltà, alla luce di ciò che abbiamo appreso e celebrato.
Il Vangelo di questa domenica, ci dice con quali parole noi dobbiamo pregare, ma la vera preghiera è quella che Gesù fa nell’orto degli ulivi. Gesù esprime una sua necessità vera, affidandosi totalmente al Padre.
Tante volte ho sentito dire: «Padre, pregate voi per me, perché voi siete più vicino a Dio». Se questa richiesta è fatta direttamente a Dio, con la stessa semplicità, la preghiera verrà esaudita. Credete che la mia preghiera è articolata, complessa e difficile? Assolutamente no. La mia preghiera è molto semplice e diretta. Ogni giorno dico: «Signore, ti affido tutte le persone che pregano per me e che si affidano alla mia preghiera. Tu che conosci il nostro cuore e le nostre reali necessità, sai come intervenire per il nostro bene. Amen!». E anche questa preghiera, se non è fatta con il cuore, non serve a niente, rimangono solo parole.

C’è un momento durante alcune celebrazioni dove vengono fatte le preghiere spontanee o le preghiere dei fedeli. Questo è un momento che faccio molta difficoltà a vivere, perché vengono fuori parole, discorsi, autoproclamazioni, autoflaggellazioni, richieste assurde che nemmeno al cartomante vengono fatte, insomma di tutto di più. Questa non è preghiera!

La preghiera, quindi, non è altro che un atto di affidamento totale nelle mani di Dio. E ne ho avuto la prova diverse volte. Mi sono capitate situazioni davvero difficili e la mia preghiera è stata: «Signore, nel bene o nel male, eccomi!» e ho visto davvero miracoli! Vedremo la nostra preghiera realizzata solo e soltanto se siamo pronti ad accogliere anche l’opposto della nostra richiesta. Questa è la fede, questa è la fiducia!

Chiediamo la grazia al Signore di avere il coraggio di mettere la nostra vita nelle sue mani.

“Signore, aiutami a fidarmi di Te e a buttarmi tra le tue braccia. Amen!”


Buon cammino! 

domenica 21 luglio 2019

XVI DOMENICA T.O. (Anno C)

XVI DOMENICA T.O. (Anno C)
«Beati coloro che custodiscono la Parola di Dio con cuore integro e buono, e producono frutto con perseveranza».

Carissimi amici,
il Vangelo di questa domenica è molto interessante, perché ci mostra due realtà molto particolari. Tendenzialmente, ad una lettura veloce del Vangelo, poniamo l’atteggiamento di Marta nel torto, mentre l’atteggiamento di Maria nel giusto. Come a dire che Marta è cattiva, Maria è brava, ma non è proprio così.

Analizziamo bene alcuni particolari. Dice il Vangelo di Luca: «una donna di nome Marta lo ospitò [Gesù]. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua Parola. Marta invece era distolta per i molti servizi».
Qui abbiamo il centro di tutto il messaggio di questa domenica. Marta fa entrare Gesù in casa e poi lo lascia solo perché lei deve andare a fare dei servizi. La fortuna è che c’è Maria che accoglie Gesù, lo ascolta e interagisce con lui.
Ad un certo punto succede qualcosa. Marta interviene: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire?». Non solo Marta ha lasciato solo Gesù, ma addirittura lo rimprovera perché distrae Maria dai suoi servizi. La risposta di Gesù, ridà le giuste priorità: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».
Per capire la risposta di Gesù, è opportuno fare due citazioni. La prima è il motto di San Benedetto: ora et labora. Poi Santa Teresa di Calcutta ripeteva sempre alle sue suore che il Cristo adorato è il povero aiutato e viceversa.

L’errore di Marta è stato quello di dare priorità all’azione e non alla contemplazione. Molto spesso pensiamo che dedicare tempo all’ascolto dell’altro è una perdita di tempo, ma non è così! Ascoltare è fondamentale, perché è da quell’ascolto che nasce il desiderio di fare.
Però bisogna fare attenzione a non cadere nel tranello che bisogna solo ascoltare! Marta fa bene a rimproverare Maria. Va bene ascoltare e interagire con l’ospite, ma non bisogna dimenticarsi che quell’ospite va accolto anche materialmente!

Il vero cristiano non è quello che trascorre ore e ore in adorazione e poi non conclude niente, oppure come quello che fa diecimila attività e non si ferma un minuto per dire: «Grazie Signore!». Il vero cristiano è colui che sa mettere insieme la contemplazione e l’azione, colui che in ogni attività che fa, chiede aiuto al Signore e lo ringrazia.

Affidiamo al Signore tutti i nostri sogni e i nostri progetti e realizziamoli insieme con Lui.

“Signore, tante volte mi lascio distogliere dai mille impegni. Aiutami a trovare un po’ di tempo da dedicare a noi due, alla nostra relazione d’Amore. Amen!”


Buon cammino!