domenica 31 dicembre 2017

I DOMENICA DI NATALE “Festa della Santa famiglia di Nazareth” (Anno B)

I DOMENICA DI NATALE “Festa della Santa famiglia di Nazareth” (Anno B)
«e anche a te una spada trafiggerà l’anima»

Carissimi amici,
la festa di oggi ci deve far riflettere sul valore della famiglia. Ho scelto questa frase, così forte, così drammatica, proprio per far capire che essere famiglia non solo rose e fiori. Essere famiglia significa anche vivere insieme i momenti fragili, negativi, dolorosi.
Quante famiglie ferite nel mondo ci sono oggi! Papa Francesco, nell’esortazione post sinodale Amoris laetitia, (che invito tutti a leggere e studiare!) fa un’analisi molto dettagliata e molto efficace sulla situazione attuale della nostra società, in particolare sul ruolo che essa svolge nella famiglia.

Molti dicono che la famiglia di Nazareth non è più il modello di famiglia da proporre ai nostri giorni. Io invece sostengo il contrario è credo fermamente che la famiglia di Nazareth è il modello di ogni famiglia.
Giuseppe ama Maria, ma durante il fidanzamento avviene qualcosa di inaspettato. Maria si ritrova incinta. Attenzione, non cadiamo nel tranello: «è opera di Dio!». Giuseppe, prima che l’Angelo gli parla, ha una reazione che merita la nostra attenzione. La legge del tempo permetteva e legittimava la lapidazione in caso di tradimento, un po’ come ai giorni nostri con il divorzio: «tua moglie/tuo marito ti tradisce? Divorzia e chiedi gli alimenti!»  Giuseppe ama Maria e non vuole metterla alla berlina di tutti, ma pensa di risolvere la faccenda in segreto (cfr. Mt1,19). In un successivo momento l’Angelo dirà a Giuseppe ciò che è avvenuto realmente.
Maria, questa giovane ragazza, che pur essendo chiamata da Dio, non rinuncia a Giuseppe, non gli dice: «vattene, non sei più parte della mia vita, adesso ho un altro: Dio!», ma si affida anche a Giuseppe.
Maria e Giuseppe, sono consapevoli che quel figlio non è frutto della loro unione, del loro amore, ma lo accolgono come se fosse tale. È quel figlio che unirà Maria e Giuseppe.
Maria e Giuseppe hanno vissuto anche l’incomprensione degli altri, soprattutto in momento delicato, come quello della nascita di Gesù. Costretti a rifugiarsi in una grotta, in una stalla e poi fuggire in Egitto.
E quella frase dura di Simeone nei confronti di Maria: «e anche a te una spada trafiggerà l’anima». Sembra come quando un medico annuncia una grave malattia. E penso ai tanti feti malati o disabili che vengono soppressi prima del parto, per non parlare di una mamma che vede morire il proprio Figlio in un modo così umiliante e atroce!

Ma cosa ci vuole insegnare oggi la famiglia di Nazareth?
Semplicemente che le difficoltà si devono risolvere insieme, infondo Maria e Giuseppe le hanno vissute tutte, come abbiamo appena visto. Certo, ci sono situazioni davvero drammatiche dove nessuno può giudicare, ma prima di arrivare all’estremo, è possibile fare qualcosa?
I problemi della famiglia non si possono elencare e risolvere in questa pagina, ma è interessante e fruttuoso interrogarsi sul tema della famiglia.

Vi lascio alcune domande che forse, possono essere utili.
Perché mi sono fidanzato/sposato?
Perché ho scelto tra milioni di uomini/donne proprio lui/lei?
Nella vita familiare ci sono molte prove, molti ostacoli, come li superiamo?


“Signore, ti ringrazio per l’immenso dono della mia famiglia, senza di loro adesso non starei qui a lodarti e ringraziarti. Perdonami per tutte le volte che ho arrecato delle sofferenze interiori ai miei genitori. Conservali sempre nel loro amore e nel Tuo amore. Amen!”

Buon cammino!

lunedì 25 dicembre 2017

SOLENNITÀ DEL NATALE DEL SIGNORE (ANNO B)

SOLENNITÀ DEL NATALE DEL SIGNORE (ANNO B)
«Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia»

Carissimi amici,
ieri, IV domenica di avvento, la liturgia ci ha fatto pregare sul momento dell’incarnazione di Dio, oggi invece ci fa pregare e ricordare la nascita del Figlio di Dio.

La parola chiave, che mette insieme il percorso fatto durante l’avvento e la solennità del Natale, è lo stupore. Come ho detto più di una volta, il fatto che il Dio grande, immortale, onnipotente, eccelso e glorioso, creatore di tutto e di tutti, non solo diventa uomo, ma lo fa in un modo a dir poco incredibile, suscita un sentimento di stupore. Lo fa nel silenzio, lontano da logiche umane, infatti anche i Magi, come vedremo nella Solennità dell’Epfania, rimarranno stupiti davanti a questa realtà. Lo stesso stupore ha avvolto Maria, come abbiamo visto ieri, e lo stesso sentimento ha avvolto i pastori all’annuncio degli angeli. Il Salvatore del mondo, adagiato in una mangiatoia! È davvero impossibile! Eppure è così. Se ci pensiamo Gesù ha iniziato la sua missione in una mangiatoia e poi l’ha realizzata sulla croce, completandola poi con la Risurrezione.

In questi giorni ho pensato molto a questo atteggiamento di Dio, soprattutto da quando mi sono soffermato sulle parole di Giovanni Battista, quando diceva che in mezzo a noi c’è qualcuno che non conosciamo e quel qualcuno è proprio Dio. Dio che si fa presente nella vita dell’uomo nel silenzio, nella delicatezza. È una presenza che rimane e non svanisce. Lui entra nella nostra vita così è venuto al mondo.
Gli esperti teologi dicono che la mangiatoia è in stretta relazione con il sepolcro, ma penso anche ad un altro significato. Nel momento storico della nascita, la mangiatoia è il luogo dove gli animali trovano  nutrimento, oggi la mangiatoia è la pisside dove gli uomini trovano il cibo della vita eterna: l’Eucaristia!

L’Eucaristia è quella presenza silenziosa e reale di Cristo in mezzo a noi. Certo, è bello andare a pregare davanti al presepe, dove l’immagine della natività ci aiuta ricordare quell’evento prodigioso ricco di stupore, ma la vera adorazione non è quella davanti a un immagine del bambinello, ma quella davanti al tabernacolo. Lì c’è Gesù, il Signore!

Il mio augurio di oggi è quello di riscoprire lo stupore! Durante questi giorni di festa, fermiamoci un po’ in adorazione davanti all’Eucaristia e pensiamo come Dio è entrato ed entra ogni giorno nella nostra vita, rileggendo la storia dei personaggi biblici che in questi giorni abbiamo incontrato e che incontreremo.

“Signore, anche quest’anno mi hai dato l’opportunità di fermarmi a contemplare come sei entrato nella storia dell’umanità ed in particolare nella mia vita. Spesso cado nell’errore che per fare cose grandi, bisogna essere grandi e avere grandi potenzialità e conoscenze, invece non è così! Oggi, ancora una volta, mi hai insegnato che per fare grandi cose, bisogna partire dalle piccole cose, quelle che oggi sono scontate e soprattutto scartate. Aiutami a vivere l’umiltà e la semplicità e a vederti prima nelle piccole cose, nella quotidianità della vita, non solo nei grandi eventi. Grazie per tutto l’amore che hai per me e per l’intera umanità. Amen!”


Buon Natale a tutti!

domenica 24 dicembre 2017

IV DOMENICA DI AVVENTO (Anno B)

IV DOMENICA DI AVVENTO (Anno B)
«Nulla è impossibile a Dio»

Carissimi amici,
la solennità del Natale è alle porte e il Vangelo di questa domenica, ci descrive il momento dell’annunciazione, o meglio ancora, dell’incarnazione di Dio.
È bello oggi poter meditare questa bellissima pagina del Vangelo, che ci descrive la vocazione della Vergine Maria, ma ancora più bello è contemplare un Dio grande ed immortale, che sceglie le cose piccole per farle diventare poi grandi.

Analizziamo innanzitutto la cornice di questo meraviglioso dipinto che fa l’Evangelista Luca.
Ci troviamo a Nazareth, a quel tempo un piccolo agglomerato di case molto povere e all'interno di una di queste piccole case, c’è una giovane ragazza promessa sposa di un artigiano emigrato dalla Giudea.
In un pomeriggio normalissimo, come tanti li a Nazareth, avviene il prodigio. Dio entra fisicamente nell'umanità e lo fa attraverso la voce dell’Arcangelo Gabriele e la potenza dello Spirito Santo. L’Arcangelo Gabriele si presenta a questa giovane ragazza e le porta il saluto di Dio.
Da quel momento la sua vita sta per cambiare e non solo la sua, ma quella dell’intera umanità. Dio chiede a Maria di essere la madre di Suo Figlio.
Lo stupore di Maria è grande, perché non immaginava che un giorno le sarebbe arrivata tale proposta da parte di Dio. Tanto è lo stupore da chiede come tutto ciò sia possibile e Gabriele le spiega il progetto di Dio e conclude con queste parole: «Nulla è impossibile a Dio!» e dopo quest’ultima espressione, Maria si affida e dice: «Ecco l’ancella del Signore, avvenga per me secondo la tua parola». Quell'umile SI, ha cambiato per sempre la storia dell’umanità e l’ha cambiata in bene. Quel SI ha permesso a Dio si salvare l’uomo dal potere del male.

Molte volte noi ci arrendiamo nelle sfide, perché contiamo solo sulle nostre poche forze. Oggi il Vangelo ci insegna che se ci fidiamo di Lui, saremo capaci di realizzare l’impossibile. Questa non è utopia o fantascienza, è realtà! Ed io stesso ne sono testimone. Chi poteva immaginare che la mia vita si sarebbe dedicata completamente al Signore e agli altri attraverso il sacerdozio? Io sicuramente no! O almeno al vero sacerdozio e non quello ideale, perché forse al sacerdote che leggeva solo sul messale, il pensiero già c’era, ma come un uomo dedito totalmente al servizio di Dio e degli altri assolutamente no! Eppure Dio sta realizzando questo in me. E di testimonianze c’è ne sono tantissime. In questi anni ho incontrato tantissime persone che hanno fatto esperienza di realizzare l’impossibile.

Non dobbiamo aver paura di non essere all'altezza, perché è Dio che ci renderà tali!
Oggi anche io posso gridare al mondo: «l’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore, perché grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente. Amen!»


Buon cammino!

sabato 16 dicembre 2017

III DOMENICA DI AVVENTO (Anno B)

III DOMENICA DI AVVENTO (Anno B)
«In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me»

Carissimi amici,
il Vangelo di questa domenica, ci presenta la testimonianza di Giovanni il Battista. Il contesto dove si sviluppa questa testimonianza è molto interessante. Ci troviamo lungo le rive del Giordano e siamo agli inizi del ministero pubblico di Gesù. Circa trent’anni prima di questo evento, i saggi alla corte di Erode, avevano attestato che il Messia era nato, citando il famoso brano del profeta Michea su Betlemme. Allora, mettendo insieme il fatto che il Messia era ormai giunto e che lungo il Giordano stava succedendo qualcosa di grande, ecco che gli scribi e i farisei interrogano Giovanni e gli chiedono se è lui il Messia. La risposta di Giovanni è chiara e decisa: «No, non sono io!» e aggiunge che lui è solo uno dei tanti messaggeri che annuncia l’arrivo del Messia.

Sulla testimonianza di Giovanni, c’è una frase che mi ha impressionato, ed è quella che ho scelto come titolo a questa meditazione. «In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me». Io immagino questa scena. Ci sono gli scribi e i farisei, c’è Giovanni e intorno a loro ci sono tante persone. Gesù potrebbe essere tra quelle persone e nessuno lo conosce.
Effettivamente, l’intera Bibbia, ci dice di come Dio entra nella storia dell’uomo in maniera decisa, ma silenziosa. La voce del Signore non è nel fuoco, nel terremoto, nell’uragano, ma in una brezza leggera (Cf 1Re 19,8-12). Il Signore dona la vita con un soffio (Cf Gen 2,7) e il Signore viene in mezzo agli uomini nella piccola stalla a Betlemme. Io sono fermamente convinto che Gesù era lì, mentre Giovanni veniva interrogato.

Ciò che hanno fatto gli scribi e i farisei, noi lo facciamo ogni giorno quando ci rivolgiamo a persone che hanno dei doni sopranaturali. Quante volte cerchiamo la salvezza nelle grandi manifestazioni spirituali, nei miracoli e seguendo apparizioni, mentre il Signore è nel Tabernacolo! È in quella presenza silenziosa dell’Eucaristia che c’è la salvezza. Gesù è realmente presente in mezzo a noi e non c’è ne rendiamo conto.

Allora, preparandoci al ricordo della prima venuta del Signore, fermiamoci dinnanzi all’Eucaristia e adoriamo il Signore, nel silenzio, nella tranquillità. Egli è qui e non ci lascerà mai più!

Vorrei concludere con le bellissime parole di San Paolo.
Siate sempre lieti pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie (Eucaristia): questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.  Non spegnete lo Spirito,  non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male.
Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo! (1Ts 5,16-24)


Buon cammino!

sabato 9 dicembre 2017

II DOMENICA DI AVVENTO (Anno B)

II DOMENICA DI AVVENTO (Anno B)
«Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri»

Carissimi amici,
durante il periodo dell’Avvento, la Chiesa ci fa incontrare la grande figura di Giovanni il Battista, ultimo dei profeti prima della venuta del Messia.
Il Vangelo di oggi ci descrive un po’ la vita di Giovanni, e soprattutto lo stile di vita. Ciò che a noi più interessa è il luogo dove Giovanni viveva e predicava: il deserto.

Partiamo da alcuni particolari molto interessanti che ci aiutano a comprendere il senso di questa testimonianza di Giovanni, inserita nel tempo dell’Avvento.
Come tutti sappiamo, il deserto è luogo di solitudine, di austerità, a tratti pericoloso proprio per l’impossibilità di chiedere aiuto a qualcuno. Deserto, in ebraico, si dice midbar che significa «il posto della parola», perché dabar significa proprio «parola».
Il deserto quindi, non è solo luogo di silenzio e solitudine, ma soprattutto un luogo di ascolto. Ma chi e cosa bisogna ascoltare nel deserto, se siamo da soli?
L’uomo è una creatura relazionale, non esiste l’uomo isolato da tutto e da tutti! Ma nel silenzio e la solitudine, come è possibile ciò?

È una domanda molto interessante, perché noi, ogni giorno, siamo circondati da moltissimi rumori, buoni o cattivi, ma provare per almeno poche ore il silenzio assoluto, è un’esperienza bellissima. Ovviamente per silenzio non mi riferisco al diventare sordi, ma provare il silenzio non solo dell’udito, ma di tutti i cinque i sensi. È in quest’esperienza, che accade qualcosa! Quando ogni rumore esterno si spegne, parte automaticamente un altro «rumore»: il nostro pensiero, la nostra immaginazione. Nel silenzio esteriore c’è il rumore interiore. Quando l’uomo non è in relazione con l’altro, è in relazione con se stesso. Ed è in questa relazione con me stesso, che inizio realmente a conoscermi e a mettere ordine nella mia vita. Ma non solo! La relazione con me stesso non basta, ed ècco che l’attenzione della nostra mente, si concentra su qualcun altro. Un qualcuno a cui chiediamo aiuto, chiediamo spiegazioni. Nel deserto, l’uomo capisce che da solo non può fare niente, ha necessità di affidarsi a qualcun altro. Quel qualcuno è Dio!

Ed ecco che il tempo di Avvento è un tempo privilegiato per riprendere questo dialogo con noi stessi e con Dio. L’esperienza del silenzio e della solitudine, l’ho fatta tante volte e vi assicuro che è bellissima e da una carica spirituale e umana non indifferente.

Una giornata in solitudine in montagna o lungo una spiaggia, (o per chi non può, va bene anche in una stanza della casa, purché isolati) lontani da contatti umani, con in mano la Bibbia e una piccola agenda o diario per scrivere ciò che proviamo, può essere un’occasione per vivere questa esperienza.

“Signore, grazie per tutte le volte che mi hai permesso di vivere l’esperienza del deserto. Un’esperienza dove metto a nudo me stesso, dove niente e nessuno può nascondere ciò che sono realmente. Il deserto è l’unico posto e l’unico momento dove io e te ci confrontiamo in libertà e verità, senza vincoli. Grazie Signore, per questo grande dono e aiutami a vivere più spesso questo momento intimo e personale con me stesso e con te. Amen!


Buon cammino!

sabato 2 dicembre 2017

I DOMENICA DI AVVENTO (Anno B)

I DOMENICA DI AVVENTO (Anno B)
«Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate»

Carissimi amici,
con questa domenica, iniziamo il nuovo anno liturgico con il tempo dell’Avvento, che ci accompagnerà fino al 24 dicembre. L’Avvento, come dice la parola stessa, è un tempo di attesa. Esso è strutturato in due momenti. Il primo momento (I-II settimana) è l’attesa escatologica, cioè si riflette e si prega sul ritorno glorioso del Signore. il secondo momento (III-IV settimana) è l’attesa messianica, cioè facciamo memoria della prima venuta del Signore, ovvero la nascita nella grotta di Betlemme.

Come primo momento, il Vangelo ci propone uno dei discorsi escatologici di Gesù, il quale invita ad essere vigilanti e pronti perché Lui potrebbe tornare quanto prima.
Chiaramente, noi non sappiamo il giorno e il momento quando questo avverrà, l’unica certezza assoluta è che ritornerà!
Per capire un po’ questo concetto, possiamo paragonare questo tempo di attesa ad una persona che ogni giorno tiene in ordine la casa, nell’eventualità che qualcuno vada a trovarla. Oppure quando una coppia riceve la notizia che tra circa nove mesi avrà un figlio, già da subito, con grande gioia e trepidazione, iniziano a preparare tutto per accogliere questa nuova vita. Così come anche due fidanzati, che curano il loro amore, in attesa che arrivi il giorno del loro matrimonio.

Ecco, alcuni esempi di quotidianità, che ci aiutano a riflettere sul senso dell’Avvento. Come noi ci impegniamo a fare queste cose, così dovremmo impegnarci ad accogliere il Signore. Come? Mettere in pratica ciò che abbiamo meditato nel Vangelo di domenica scorsa, ovvero le opere di Misericordia, che non sono solo quelle corporali e spirituali, ma soprattutto i nostri talenti, il tutto vissuto nella preghiera e nella fede, perché, se a ciò che facciamo manca il cuore e l’amore, abbiamo messo in mostra il nostro io e non Dio!
Allora possiamo sintetizzare il messaggio di Gesù in questo modo: vivi ogni giorno in prospettiva dell’ultimo. Dove l’ultimo non è la morte, la tomba, ma la risurrezione, il Paradiso.

Chiediamo al Signore di renderci saldi ed irreprensibili, come ci ricorda San Paolo, fino alla venuta gloriosa del Signore.

“Signore, il Tuo invito ad essere vigilante, mi è di grande aiuto, perché spesso mi lascio distrarre dalle cose del mondo. Continua ogni giorno ad esortarmi a vivere il Vangelo, in modo da poter gustare in pienezza il Tuo Amore e la vita senza fine. Amen!”


Buon cammino!

sabato 25 novembre 2017

XXXIV DOMENICA T.O. (Anno A)

XXXIV DOMENICA T.O. (Anno A)

Solennità di Cristo Re dell’Universo

«In verità io vi dico: tutto quello che avete fato a uno dei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me».

Carissimi amici,

la Solennità di questa domenica conclude l’anno liturgico e la Chiesa ci fa riflettere sul giudizio universale, raccontato nel capitolo 25 di Matteo.

È un testo molto bello, ricco e coinvolgente, dai tratti apocalittici, dove si parla del ritorno glorioso e del giudizio ultimo di Dio.

La Tradizione della Chiesa, insieme alle beatitudini, considera questo brano del Vangelo, la «magna carta» del cristiano, tanto da estrapolare le note opere di Misericordia, che il Papa ci ha fatto riscoprire lo scorso anno durante il Giubileo della Misericordia. Queste opere di Misericordia, non sono altro che la forma più alta della Carità, dell’amore dei fratelli, soprattutto di coloro che sono nel bisogno sia fisico e sia spirituale o morale.

Quest’oggi vi propongo una riflessione che va oltre le già note opere di Misericordia. Domenica scorsa, ho spiegato che i talenti sono doni che il Signore ci ha dato e che noi siamo chiamati ad investire. In quella spiegazione mi ero soffermato molto sull’aspetto sociale dell’investimento dei talenti. Oggi proviamo a sostituire, o meglio, ad aggiungere i nostri talenti, alle opere di Misericordia, e vedremo come i nostri talenti sono il «pass» per il Paradiso.

Faccio qualche esempio, in modo da essere più chiaro. Se il Signore mi ha donato il talento della musica, io suono non solo per diventare famoso e prendere gli applausi degli altri, ma perché, attraverso la musica, gli altri facciano esperienza di Dio. Così come l’arte, la cultura, l’artigianato, ecc. Personalmente mi hanno impressionato due chiese in Molise, dove davvero l’arte e l’architettura sono capaci di parlarti di Dio. La prima è la chiesa di San Giorgio a Petrella Tifernina (Cb) del X-XI sec. È una catechesi vivente. L’intera storia della Salvezza rappresentata attraverso dei simboli e delle immagini molto belle. La seconda è la chiesa di Santa Maria degli Angeli a Termoli (Cb) del XX sec. in questa chiesa, ogni singolo luogo (il presbiterio, l’ambone, il fonte battesimale, il crocifisso, il tabernacolo, ecc) fa percepire la presenza di Dio per la ricchezza dei simboli. Questo per dire che chi ha realizzato tutto ciò, aveva in mente di far fare esperienza di Dio.

La differenza tra il volontariato «laico» e quello cristiano, non è l’azione, ma il fine. Per chi lo faccio? Gesù ci da la risposta! Se viviamo i nostri talenti nel suo nome, allora prenderemo posto tra i beati nel Paradiso. In caso contrario, sappiamo cosa accadrà!

Chiediamo al Signore di aiutarci a vivere i nostri talenti nel suo nome, di riconoscere negli altri la sua viva presenza.

“Signore, grazie perché mi hai aiutato a capire che non basta solo fare le opere di Misericordia, ma che c’è bisogno di vivere tutte le qualità che mi hai donato, nel tuo nome per il bene mio e degli altri. Perdonami se a volte mi sono lasciato prendere dall’orgoglio e non ho agito secondo la carità cristiana. Aiutami a vivere nella carità e nella gratuità, ricordando che tutto ciò che faccio agli altri, lo faccio a Te. Amen!

Buon cammino!

sabato 18 novembre 2017

XXXIII DOMENICA T.O. (Anno A)

XXXIII DOMENICA T.O. (Anno A)
«Bene, servo buono e fedele – gli disse il padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone».

Carissimi amici,
domenica scorsa, Gesù ci ha esortato alla vigilanza, a pensare al futuro vivendo il presente. Oggi ci invita a mettere a frutto, a investire i nostri talenti. Al tempo di Gesù, i talenti erano soldi, oggi i talenti sono le qualità, le abilità che ognuno di noi possiede.

Il Signore, a ognuno di noi ha dato dei talenti. C’è chi ha il talento per la musica, chi per la pittura, chi per lo studio, chi per lo sport, chi per l’artigianato, ecc.
La domanda fondamentale è: «io investo i miei talenti che il Signore mi ha donato?». Dal punto di vista spirituale è importante porsi questa domanda, perché il Vangelo di oggi è l’anticipo del testo che mediteremo domenica prossima, ovvero le opere di Misericordia.

In una comunità cristiana, è fondamentale mettersi in gioco, non solo per se stessi, ma soprattutto per gli altri. Se prendiamo i vari talenti che ho citato, vissuti in una comunità parrocchiale, ci permetteranno di far crescere la comunità, perché ci sarà chi suona, chi dipinge, chi studia la teologia o la storia della propria comunità, chi aiuta i giovani in attività di sport nell’oratorio, chi sistemerà le attrezzature della parrocchia, ecc. Ma questo poi vissuto non solo nella parrocchia, ma anche nella società.

Il Papa, nel discorso di apertura della GMG di Cracovia, ha parlato di giovani di 25 anni, che vivono da pensionati sul divano, stanchi. Che immagine triste! Purtroppo, rispecchia una realtà che esiste. Quanti giovani passano le loro giornate davanti ai bar o davanti le slot machine, oppure chiusi in casa con i videogiochi. Alla domanda: «Cosa vuoi fare?» c’è sempre la risposta: «eh, ma non c’è lavoro, meglio rimanere in casa!». È vero, il lavoro dipendente è difficile trovarlo in questo periodo, ma il lavoro indipendente è sempre disponibile! Tutti, e dico tutti, abbiamo dei talenti e delle qualità. Mettiamole a frutto, investiamo su questi talenti che abbiamo. Usciamo dalla mentalità di essere sotto qualcuno per poter far qualcosa. Questi talenti, vissuti con spirito cristiano, saranno il nostro «pass» per il Regno dei Cieli, e lo vedremo domenica prossima. Le opere di Misericordia, non sono solo quelle che Matteo scrive nel suo Vangelo, ma sono tutti i nostri talenti.

Il Signore mi ha donato il talento della musica. Non ho avuto la possibilità di frequentare il conservatorio, ma non mi sono arreso! Con pazienza e tenacia, ho imparato a suonare e sono felice di animare le celebrazioni in Parrocchia, ma non solo! Mi sento felice anche quando suono da solo, perché è un dono che il Signore mi ha dato e io lo ringrazio così, mettendo a frutto questo talento.

Vi lascio con queste domande di riflessione:
• Quali sono i tuoi talenti?
• Come li hai investiti?

Il passaggio successivo, domenica prossima!

“Signore, ti ringrazio per avermi donato dei talenti. Aiutami a riconoscerli e a investirli, soprattutto nella carità. Perdonami per quelle volte che mi sono tirato indietro, pensando a me stesso e non agli altri che in quel momento avevano bisogno del talento che Tu mi hai donato. Aiutami ad essere ogni giorno strumento del Tuo Amore, proprio attraverso i talenti che mi hai donato, non per mio orgoglio, ma per la Tua Gloria. Amen!”

Buon cammino!

sabato 11 novembre 2017

XXXII DOMENICA T.O. (Anno A)

XXXII DOMENICA T.O. (Anno A)
“Vegliate perché non sapete ne’ il giorno ne’ l’ora”

Carissimi amici,
l’anno liturgico si avvia alla conclusione e il Vangelo ci richiama alla vigilanza, perché il Signore potrebbe arrivare in qualsiasi momento.

Il Vangelo di questa domenica, ci parla di dieci vergini che attendono lo sposo. Prevedendo che si sarebbe fatto tardi, cinque di esse fecero la scorta di olio per le lampade, le altre, invece, non si preoccuparono.
Anche nelle società attuale, ci sono persone che pensano al futuro e persone che si preoccupano solo del momento presente.

Io, caratterialmente, sono un po’ a metà, perché mi preoccupo del futuro, ma non vivo il presente. Come a dire che ho preso l’olio, ma tengo spente le lampade.
Questo e’ il rischio che corriamo tutti! Molte volte programmiamo tante cose, ma non riusciamo a gustare le cose che ci capitano ogni giorno.

La speranza e’ la risposta che le vergini sagge danno alle stolte: “perché non venga a mancare a noi e a voi”. Potrebbe sembrare una mancanza di carità e solidarietà, ma le vergini sagge hanno capito che l’olio non e’ solo per il futuro, ma anche per il presente e non  può essere sciupato. Questo significa che dobbiamo imparare a vivere il presente orientati al futuro. Vivere ogni giorno non come fosse l’ultimo, ma in attesa dell’ultimo. Con il mio presente costruisco il futuro.

Alimentiamo giorno dopo giorno, la lampada della fede, che e’ il cuore, affinché’ il Signore possa trovare in noi una dimora sempre illuminata e calda d’amore.

“Signore, tante volte ti ho fatto trovare il mio cuore spento e freddo, lasciano che si illuminasse di più l’orgoglio invece dell’umiltà. Aiutami, Signore, a riaccendere il mio cuore e a custodirlo fino al tuo ritorno. Proteggimi dal vento della mondanità che vuole spegnere il mio amore per te. Fa’ che ogni giorno possa lodarti e ringraziarti per tutto ciò che fai per me. Amen!”

Buon cammino a tutti. 

mercoledì 1 novembre 2017

SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI

SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI
«Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli»

Questa domenica, tutta la Chiesa è in festa perché loda e ringrazia Dio per il dono di tante persone che hanno testimoniato l’amore di Dio e hanno vissuto l’insegnamento delle beatitudini.
I santi non sono solo quelli che la Chiesa ha riconosciuto ufficialmente, ma anche quegli uomini e quelle donne che hanno servito il Signore nel silenzio e nell'anonimato.
La vocazione di ognuno di noi è la santità. Siamo nati per diventare santi!
Il problema nasce su cosa fare per diventare santi. Personalmente penso che le beatitudini e le opere di misericordia (che mediteremo il 2 Novembre) sono delle ottime indicazioni che ci conducono al Paradiso e alla santità.
I due brani ci fanno capire che in ogni situazione della nostra vita, noi siamo μακαριοι, cioè Benedetti.
Dio non ci disprezza quando siamo vuoti interiormente, quando siamo nella sofferenza, nella solitudine, nella persecuzione, nelle umiliazioni, ma è con noi. Perdonate il gioco di parole… Dio bene-dice di noi.
Ma solo la grazia dello Spirito Santo ci permetterà di riconoscerlo in queste realtà.
E allora capiamo che il Paradiso non è così lontano, la santità non è impossibile.
Le beatitudini diventato un segno concreto di speranza. Cristo non è risorto invano, ma attraverso la sua Pasqua ci ha fatto capire che se anche il male ci darà fastidio (la Passione), non avrà mai e poi mai l’ultima parola (la Risurrezione).
I Cristiani non sono i seguaci di un Dio morto, ma sono i seguaci di un Dio risorto, vivo e presente nella storia di ogni uomo, nel bene e nel male.
Chiediamo al Signore di continuare a benedirci in ogni condizione della nostra vita.
“Signore, aiutami in questo cammino terreno a vivere i tuoi insegnamenti, rendimi consapevole di essere benedetto da Te anche quando sono nel peccato, nella sofferenza spirituale e fisica. Perdonami quando io stesso ho maledetto le Tue beatitudini, considerandole una profonda ingiustizia. Solo ora capisco che, solo attraverso di esse si può accedere al Tuo amore e alla Tua infinita Misericordia. Grazie per questo immenso dono. Amen!”
Affidiamo al Signore anche tutti i nostri cari defunti...

sabato 7 ottobre 2017

XXVII DOMENICA T.O. (Anno A)

XXVII DOMENICA T.O. (Anno A)
«la pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo».

Carissimi amici,
il Vangelo di oggi ci fa riflettere su due cose. La prima è la parabola raccontata da Gesù,  che sembra anticipare ciò che gli accadrà, ovvero la Passione. La seconda riflessione è più intensa e profonda.

Gesù si rivolge ai capi dei sacerdoti, quelli che sono gli attuali vescovi, o comunque a un gruppo di persone che appartengono alla Chiesa. La vigna del Signore è affidata a loro, ma succede che queste persone, predicano bene e razzolano male, come dice il proverbio. Pensano solo al proprio interesse, difendendo e rivendicando la loro categoria, a discapito degli altri. Per loro nessuno può accedere a questa vigna, perché indegni. Infatti, chiunque si avvicina, trova la violenza e la morte. Per dirla in termini moderni, trovano la scomunica! Questa arroganza di essere dalla parte del giusto è talmente grande da umiliare addirittura il Signore stesso (qualsiasi cosa avete fatto ad uno dei miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. Cf Mt25).

Non pensiamo che siccome siamo cristiani cattolici romani, osservanti di tutti i precetti della Chiesa, abbiamo il diritto di escludere e umiliare gli altri che hanno difficoltà a vivere tutti i precetti della Chiesa. A chi ha questa presunzione, Gesù gli toglie la vigna. Il Vangelo lo dice chiaramente, perché le persone che noi scartiamo, sono considerate grandi nel regno di Dio. E pietre scartate, oggi ne sono tante. Basta pensare ai carcerati che vivono situazioni di indigenza nelle carceri, ai disabili che spesso rimango ai margini della società (e a volte anche della Chiesa), alle famiglie ferite, ecc. In poche parole, la Chiesa di Gesù Cristo non è un circolo privato riservato a pochi “eletti”, ma è di tutti coloro che cercano il Signore.

Infondo Gesù ci vuole dire che la Chiesa non ha bisogno di bigotti o persone perfette in tutto, ma di tutti noi poveri peccatori, che purificati e messi insieme, realizziamo la Chiesa di Gesù Cristo. Mentre la società ci scarta, Gesù ci raccoglie.

Questo è il grande messaggio di oggi. Nessuno andrà perduto se ci si lascia raccogliere dal Signore.

“Signore, allontana da me la tentazione di considerare me stesso perfetto, mentre gli altri sono inferiori a me. Domani la grazia e la forza di saper accogliere tutte le persone scartate dalla società e considerarle parte della mia vita. Amen!”

Buon cammino!

domenica 1 ottobre 2017

XXVI DOMENICA T.O. (Anno A)

XXVI DOMENICA T.O. (Anno A)
«in verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passeranno avanti nel regno di Dio».

Carissimi amici,
il Vangelo di oggi ci offre principalmente due spunti di riflessione, il primo sulla virtù dell’obbedienza e il secondo sulla salvezza.

Nella parabola raccontata da Gesù, c’è un uomo che chiede ai figli di andare a lavorare nella vigna. Il primo dice di no, ma poi va. Il secondo fa tutto il contrario. Apparentemente, nel nostro modo di pensare, il primo figlio è stato disobbediente ed ha sbagliato, mentre il secondo è più bravo perché ha rispettato il padre dicendo subito di si. Ma nella realtà non è così! L’obbedienza non si misura nel avere risposte positive a tutto ciò che viene chiesto, ma nella concretezza del risultato finale. E il primo figlio, che inizialmente si era opposto, alla fine fa ciò che gli aveva detto il padre. Il secondo, che penava di essere furbo, dice di si al padre, un bel si convinto, ma poi pensa ai fatti suoi.

Come ho detto all’inizio, la prima riflessione è sull’obbedienza. Questa parabola ci insegna che l’obbedienza ceca e immediata, senza riflessione, è negativa. Mentre quella ragionata è veritiera. Io di questo ne faccio esperienza, perché solo riflettendo sulle situazioni, sono in grado di farle. Io ho obbedito alla chiamata di Dio, ma non subito, ho voluto capire bene ciò che Lui mi chiedeva, ho dovuto capire innanzitutto me stesso. E così per ogni cosa. Attenzione a coloro che vi obbligano a fare delle cose o delle scelte, spacciandole per volontà di Dio! Accogliete ciò che vi viene detto, ma prima di dare una risposta, pensateci bene. Abbiate sempre il coraggio di prendere le situazioni in mano, di valutarle con una persona di fiducia. È nell’ascolto e nella condivisione che si possono dare risposte sagge. Anche Gesù, prima di scegliere gli Apostoli, ci ha pensato bene. Ha pregato per una notte intera, come ci dicono i Vangeli. Gesù, che è Dio si è preso del tempo, noi dobbiamo subito dire di si a tutto?

La seconda riflessione è sulla salvezza. Per essere salvati non occorrono persone che dicono di si a tutte le cose offerte dalla Chiesa: Messe, novene, processioni, rosari, ecc. ma persone che, dopo aver sbagliato, chiedono sinceramente perdono a Dio. Un mio compagno di seminario, l’altra sera mi ha fatto riflettere su una cosa molto bella. Mercurio è il pianeta più vicino al sole, in teoria dovrebbe essere il pianeta più caldo, ma in realtà non è così! Metà è freddo, metà è caldo. Capite bene che la parte calda è quella illuminata dal sole, la parte non illuminata è fredda. Così siamo anche noi! Molto spesso diciamo di si, di essere vicini al sole (Dio), ma poi in realtà siamo freddi. Per riscaldarci dobbiamo convertirci, cioè cambiare direzione.

In sintesi possiamo dire che la salvezza si ottiene solo se ci lasciamo guidare dalla grazia di Dio, che ci suggerisce ciò che dobbiamo fare. Non nella fretta estetica per sembrare brave persone, ma nel discernimento e nella preghiera.

Chiediamo al Signore di mandarci lo Spirito Santo per fare discernimento nella nostra vita.

“Signore, illumina la mia mente e il mio cuore. Aiutami a saper fare scelte coraggiose non da sprovveduto, ma da persona saggia. Allontana da me la tentazione di fare scelte affrettate pur di salvare l’esteriorità o per ottenere dei favori da chi mi chiede qualcosa. Perdonami per quelle volte che invece ho agito da sprovveduto. Amen!”

Buon cammino!

domenica 17 settembre 2017

XXIV DOMENICA T.O. (Anno A)

XXIV DOMENICA T.O. (Anno A)
«Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli?»

Carissimi amici,
la domanda di Pietro è molto interessante, perché è la domanda che ognuno di noi vorrebbe fare a Gesù. Quante volte bisogna perdonare? Pietro cerca di quantificare la misericordia e il perdono dicendo che bisogna perdonare 7 volte, ma Gesù gli risponde, quasi ironicamente, che non si deve perdonare 7 volte, ma 70 volte 7, quindi 490 volte. È poi? La 491a sono autorizzato a non perdonare? Questa è una mentalità farisaica e legalista, perché la Misericordia e il perdono non hanno valore quantitativo, ma bensì qualitativo. Io posso anche perdonare 490 volte, ma come? In che modo? Sicuramente pensando che prima o poi arriverà la 491a volta e mandarlo via oppure vendicarmi del torto subìto.

La parabola che racconta successivamente Gesù, sembra smentire questo dialogo tra Lui e Pietro, perché nel racconto c’è un Re che voleva regolare i conti con i suoi debitori, ma uno di questi, non avendo la somma richiesta, chiese perdono e tempo per trovare la somma da restituire. Il Re acconsentì e lo lasciò libero. Quest’uomo, però, a sua volta, aveva anche lui dei debitori e anche a lui si presento un uomo che si trovava nelle stesse condizioni di non poter restituire e similmente gli chiese perdono, ma lui non volle ascoltare e lo fece mettere in prigione. Il Re, saputo ciò, richiamò il suo debitore e fece incarcerare anche lui.
È il perdono? In questa storia entrambi i debitori finiscono male! Nemmeno 7 volte hanno sbagliato, e il Re subito si è vendicato.
Attenzione ad un particolare. Prima di condannare, il Re dice una cosa molto importante: «Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?». Ecco, questa è la sintesi perfetta di tutto il Vangelo di oggi. Il perdono non è quesitone di numeri, ma di cuore!

Come vedete, la Misericordia non è buonismo, non è dire: «va beh! Fai ciò che vuoi, tanto ti voglio bene lo stesso», questo è anti educativo al massimo! Ma è qualcosa di più grande e profondo. Se io chiedo scusa delle mie colpe, il Signore mi accoglie e mi esalta. E siccome sono suo figlio, anche io sono chiamato a fare la stessa cosa. Se Dio ha misericordia di me, sempre se gli chiedo scusa, (non dimenticate la questione della libertà di domenica scorsa), non devo, anche io, aver Misericordia di chi mi fa un torto e mi chiede scusa? Però le scuse devono essere sincere, che vengono dal cuore, altrimenti tutto diventa una barzelletta, una recita di cattivo gusto. Cioè, io devo dimostrare concretamente e sinceramente che ho sbagliato e che mi impegno nel non fare un nuovo torto. Certo, siamo esseri umani, siamo fragili, ma abbiamo un’intelligenza da sfruttare a pieno e non a mezzo servizio. Questa intelligenza, ci può aiutare a vivere meglio tra di noi e con Dio.

Come sintesi possiamo dire che la Misericordia di Dio (e anche nostra) è infinita davanti a un cuore pentito e che ama e che chiede di essere amato.

“Signore, grazie perché mi hai fatto comprendere come la Misericordia e il perdono sono delle grandi opportunità di crescita umana e spirituale. Grazie perché mi hai insegnato che come Tu perdoni me, anche io devo perdonare gli altri. Grazie perché nonostante i miei continui peccati, sei sempre lì pronto ad accogliermi ed abbracciarmi. Amen!”

Buon cammino!

domenica 10 settembre 2017

XXIII DOMENICA T.O. (Anno A)

XXIII DOMENICA T.O. (Anno A)
«tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo».

Carissimi amici,
il Vangelo di questa domenica lo possiamo dividere in tre parti: la correzione fraterna, il ministero della riconciliazione e la preghiera comunitaria.
Queste tre parti le possiamo riunire sotto l’unico concetto di libertà, e vediamo insieme come.

La prima parte ci parla della correzione fraterna, come abbiamo detto, ma notiamo un particolare. Gesù non costringe l’altro ad accettare il proprio errore. Cerca di farglielo capire in più modi: da solo, con due o tre testimoni, con la comunità. Ma poi lo lascia libero e invita gli altri a rispettare questa libertà. Per molti questo concetto è difficile da accettare. Noi crediamo nella libertà solo nel bene, ma in realtà noi siamo liberi sia nel bene e sia nel male. Siamo liberi di fare il bene e siamo liberi di fare il male. Orientare le nostre scelte verso l’uno o l’altro, dipende dalla nostra capacità di discernimento, dalla capacità di utilizzare l’intelligenza (inter-ligere, leggere dentro).

Nella seconda parte, possiamo dire che Dio si adegua alla nostra libertà. Se noi decidiamo di perdonare Lui perdona e viceversa. È un concetto assurdo, difficile da comprendere, ma è così. La motivazione è pedagogica, perché la salvezza avviene solo se ci amiamo davvero gli uni gli altri, solo se saremo capaci di perdonarci, così come diciamo nel Padre nostro: «rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori», come a dire: «Gesù, fai come facciamo noi».

Queste due parti ci fanno riflettere su come agisce Dio con noi. il Dio in cui crediamo è il Dio della libertà. Tante volte lo ricorda anche il Papa quando dice che il cristianesimo si diffonde per attrazione e non per imposizione. Tutto ciò mi ha fatto riflettere su una cosa. Se Dio ci lascia liberi, chi sono io per costringere l’altro a credere nella mia verità? Il mio compito è solo annunciare e testimoniare la verità, ma la scelta ultima non spetta a me!
Il Signore non imprigiona i suoi figli. Diciamo sempre che il Signore ha le porte aperte, ed è vero! Però capite bene che quando le porte sono sempre aperte si può sia entrare e sia uscire. Nella casa del Signore c’è la regola dell’Amore, se io l’accetto e la vivo rimango in casa, se io la rifiuto vado fuori. La parabola del padre misericordioso spiega molto bene questo concetto della libertà. Ogni personaggio agisce liberamente senza costrizioni.

Quest’ultimo concetto apre la terza parte. Noi molto spesso ci lamentiamo delle chiese sempre più vuote. Come abbiamo visto, costringere non serve a nulla, anzi peggiora la situazione. Una chiesa che impone e obbliga, non è la Chiesa di Cristo! Come fare? Innanzitutto non disperare, Gesù oggi ci dà un messaggio di grande speranza: «dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro». Questo significa che non conta il numero, ma il cuore. E se due o tre persone sono costanti nell’amore e nella preghiera, prima o poi diventeranno quattro o sei, successivamente otto o dodici e così via.

È la libertà che ci permette di gustare a pieno l’Amore di Dio. Molti missionari dicono che nelle comunità dove non conoscono la fede cristiana, molti aderiscono proprio perché vedono in quei missionari non degli impositori di una dottrina, ma dei testimoni del Vangelo, soprattutto della carità.

Chiediamo con forza al Signore di comprendere questo concetto di libertà.

“Signore, allontana da me la tentazione di costringere gli altri a seguirti. Insegnami piuttosto ad essere Tuo testimone e essere di esempio ai miei fratelli, ricordando che un solo gesto vale più di mille parole. Insegnami a perdonare e soprattutto a farmi perdonare. Donami l’umiltà di saper chiedere scusa de miei errori, per poter tornare a vivere nella pace e nell’amore. Amen!”

Buon cammino!

domenica 3 settembre 2017

XXII DOMENICA T.O. (Anno A)

XXII DOMENICA T.O. (Anno A)
«Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproveralo»

Carissimi amici,
come anticipato domenica scorsa, Pietro smentisce subito ciò che aveva professato!
Facciamo un piccolo passo indietro. Gesù chiede ai discepoli chi fosse Lui, e Pietro gli dice che Lui è il Cristo, il Figlio di Dio. Gesù è lusingato dalla risposta, ma smonta subito l’orgoglio di Pietro dicendogli che ciò che ha detto non proviene da lui, ma da Dio.
Infatti, quando Gesù gli prospetta che, prima di risorgere deve morire, ecco che Pietro si scandalizza e rimprovera Gesù. Non è la prima volta che succede questo. Succede sul Tabor, ma soprattutto nell’orto degli ulivi, quando Pietro dice di voler seguire Gesù in prigione e anche alla morte, ma basta un piccolo gruppo di soldati per far fuggire Pietro e gli altri discepoli, o ancora più grave è il rinnegamento che Pietro fa nel cortile del palazzo reale.
La domanda che viene fuori è questa: Ma Pietro ha fede oppure no?

La fede, come detto tante altre volte, è strettamente legata alla fiducia. La fiducia è qualcosa di molto sensibile, e a volte basta un dubbio, un sospetto, per metterla in crisi. La fiducia non è qualcosa di statico, ma dinamico. La fiducia va vissuta, curata, alimentata, ma soprattutto va dosata, cioè va data un po' per volta, altrimenti si rischia di fare come Pietro, che parte spedito e poi si ritrova fermo a terra.
Un fattore importante che mette a repentaglio la fiducia, quindi la fede, è l’emozionalità del momento vissuto. Pietro era così sicuro di sé, di ciò che aveva detto, tanto da rimproverare il Cristo, il Figlio di Dio.
Nella vita di fede, l’apparenza conta poco. È utile ma non indispensabile. Il perno, la colonna portante della fede è Cristo, il Risorto. Tutto il resto fa solo da cornice!

Ma quando diciamo che il centro della nostra fede è Cristo, dobbiamo mettere in conto non solo la Risurrezione di Cristo, ma anche la Passione. Infatti, se Gesù non moriva, non poteva risorgere! E Gesù oggi lo dice chiaramente. Se vogliamo seguirlo, dobbiamo farlo in tutto, anche sulla Croce. Ma attenzione! Prendere la Croce non significa soltanto caricarsi di un pezzo di legno e farsi uccidere. Gesù, prendendo la Croce, si è fatto carico dell’intera umanità, soprattutto di quella sofferente. Così anche noi siamo chiamati a farci carico degli altri, soprattutto dei più bisognosi. La via della Croce non è soltanto la via della morte, ma è la via della carità, dell’amore. Solo chi si fa carico degli altri, rinnegando sé stessi, cioè mettendo da parte l’egoismo, sarà capace di vivere non solo le gioie, ma anche le difficoltà, nella fede, nella fiducia in Cristo.

Nella mia vita, e soprattutto durante il percorso di formazione verso il sacerdozio, ho potuto sperimentare molte volte che se nel cuore non hai Cristo, tutto finisce e basta qualche difficoltà a far crollare tutto. Come fare, allora, davanti alle difficoltà? Innanzitutto non fermarsi a piangersi addosso, ma aprire la mente e il cuore per cercare una soluzione. Poi è fondamentale la preghiera, non una recita di formule già preparate, ma un dialogo aperto con Dio, dove gli vogliamo davvero affidare tutta la nostra vita, le gioie e i dolori, le attese e le speranze. E poi la ricerca dell’essenziale, del vero bene, cosa davvero è necessario alla mia vita.
Questo cammino costante, a piccoli passi, ci porterà a maturare la nostra fede. Porto l’esempio degli sportivi. Un calciatore, al esempio, se vuole rendere in campo e far vincere la squadra, deve fare un allenamento costante e serio e deve adottare un certo stile di vita. Non può accontentarsi di una sola partita vinta e poi rilassarsi. Così è anche la vita nella fede. Non basta un’esperienza mistica o di un’apparizione per dire: «ah, sto apposto così! Il Signore mi ama», ma ci vuole ben altro!

“Signore, ti affido tutto me stesso. Aiutami a crescere nella fede e donami la capacità di saper farmi carico delle sofferenze degli altri, come gli altri si sono caricati delle mie sofferenze, dei miei limiti. Grazie, perché ogni giorno sei con me e non mi abbandoni mai. Amen!”

Buon cammino.

domenica 27 agosto 2017

XXI DOMENICA T.O. (Anno A)

XXI DOMENICA T.O. (Anno A)
«Tu sei il Cristo»

Carissimi amici,
il Vangelo di questa domenica, ci presenta la grande professione di fede dell’Apostolo Pietro. Tutto inizia con una domanda di Gesù: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?» una domanda rivolta a ciascuno di noi, che potremmo attualizzare così: «Per coloro che sono in strada, al lavoro, a scuola, nei bar, ecc. chi è Gesù?». Le risposte che danno i discepoli sono varie, così come le daremmo anche noi. Però poi Gesù entra in dettaglio e chiede: «ma voi, chi dite che io sia?». E qui Piero si fa portavoce del piccolo gruppo e dice: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Quest’ultima domanda è rivolta a noi personalmente. A Gesù non importa cosa pensa la gente di Lui, a Gesù interessa cosa penso io di Lui, cosa Gesù rappresenta nella mia vita.

La risposta che dà Pietro è vera, ma lui non conosce il suo vero significato, infatti all’annuncio della Passione e della Risurrezione, Pietro rimprovera Gesù. Ecco perché Gesù subito lo fa scendere dalla colonna di gloria che si era creato dopo questa grande professione di fede, e gli dice: «Beato sei tu, Simone, […] perché né carne e né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli». Come a dire che non è l’intelligenza o la conoscenza umana a far comprendere certe cose, ma è un dono che proviene dall’alto, solo un cuore innamorato ed un animo aperto sono capaci di accogliere tali rivelazioni. Così come ci dice oggi San Paolo nella lettera ai Romani: «O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! Infatti, chi ha mai conosciuto il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo tanto di riceverne il contraccambio? Poiché da Lui, per mezzo di Lui e per Lui sono tutte le cose».

Per capire questo concetto, di come Dio si comunica a noi, possiamo utilizzare l’immagine della fonte e della bottiglia. Dio è la fonte dalla quale fuoriesce tutto il suo Amore, noi siamo le bottiglie. Ma per riempirle, è necessario togliere il tappo, cioè tutto ciò che non permette all’Amore di Dio di entrare in noi. Se ci lasciamo riempire del Suo Amore, saremo capaci anche di donarlo a chi è assetato di questo Amore. L’uomo è colui che accoglie e dona. Nessuna di queste due realtà deve mancare. Certo qualcuno può anche dire: «ma se non ricevo, cosa posso donare?» Noi, nei confronti dell’Amore e della Misericordia siamo molto debitori, perché Dio ne dona in quantità illimitate, e se Dio, nonostante tutto, continua a fidarsi di noi, a darci nuove possibilità, chi siamo noi per chiudere le porte all’altro? C’è una cosa molto bella che ho compreso in queste ultime settimane e voglio condividerla con voi. Nella vita non bisogna mai chiudere le porte del proprio cuore, perché in gioco non ci sono solo i miei sentimenti, ma c’è la libertà dell’altro. Dio non chiude mai le porte, stanno sempre aperte, sta a noi decidere se entrare nel suo Amore, o uscirne e rimanerne fuori. E se è vero che Gesù ci chiede di fare come Lui, anche noi non dobbiamo escludere l’altro o al contrario imprigionarlo nella nostra vita, ma essere sempre aperti, disponibili e discreti. Quello che in psicologia si chiama «relazioni sane».

E allora ecco che possiamo ritornare alla domanda personale di Gesù: «Chi sono io per te?»

“Signore, Tu per me sei l’Amore eterno. Sei quell’amico che, nonostante le mie ostinazioni, ancora mi vuoi bene e stai lì ad aspettare, senza forzare le mie scelte. Aiutami ad essere come Te, capace di avere sempre il cuore aperto all’accoglienza e al dono, ma soprattutto donami l’umiltà e la pazienza di saper accogliere le scelte dell’altro nella sua libertà, nel bene e nel male. Signore, Tu sei tutto per me, perdonami e accoglimi! Amen”

Buon cammino!

sabato 19 agosto 2017

XX DOMENICA T.O. (Anno A)

XX DOMENICA T.O. (Anno A)
«è vero, Signore, - disse la donna -, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».

Carissimi amici,
la liturgia di oggi ci dà un messaggio bellissimo: la salvezza non è per pochi eletti, ma per tutti. Per essere salvati non occorre appartenere ad una certa nazionalità, ad un certo ceto sociale o ad un certo gruppo religioso. Per essere salvati occorre la fede in colui che salva.

Il brano del Vangelo di oggi è molto interessante, perché la donna che chiede la salvezza a Gesù, è una cananea, quindi appartiene ad un popolo nemico ad Israele. Anche l’esempio che fa Gesù ricalca questo odio che c’è tra i due popoli. Gesù le dice che i cani non mangiano alla tavola dei loro padroni. Questo significa che i cananei e samaritani (i cani) non possono ricevere la salvezza destinata a Israele (i padroni).
Quante volte anche noi utilizziamo lo stesso esempio nei confronti di altri esseri umani come noi. Anche nella stessa Chiesa cattolica. Quante «etichette» abbiamo messo ai nostri fratelli e sorelle in Cristo. Gesù ha utilizzato l’espressione «cane», noi siamo più raffinati, ma non meno duri. Noi parliamo di «scomunicati», per non andare oltre! Però il fine è diverso. Gesù lo fa per capire la fede della donna, noi lo facciamo per escludere.
Cosa significa che Gesù vuole capire la fede della donna? Tante volte vi ho detto che Gesù non è mago Merlino, che con un colpo di bacchetta magica, risolve tutti i nostri problemi, ma lo fa solo se gli dimostriamo una fede autentica, un cuore puro, libero da compromessi.
Ecco perché Gesù utilizza dapprima il silenzio e poi l’esempio così duro e discriminante. Ma la risposta della donna, sorprende Gesù e gli Apostoli. La risposta è così bella che ve la ripropongo di nuovo: «è vero, Signore, - disse la donna -, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».
La donna riconosce che vive una situazione irregolare, nei confronti della Legge, ma allo stesso tempo dimostra la sua fede e speranza nella Misericordia di Dio. Questa fede nella speranza, commuove Gesù e le concede ciò che aveva chiesto.

L’esempio di Gesù non è solo discriminante, ma lancia un messaggio molto forte sulla speranza. Un cane che sta vicino alla tavola imbandita, non vive altro che la speranza. Tutta la sua attenzione è rivolta al tavolo da dove può arrivare il cibo, anche una piccola briciola, e niente e nessuno lo sposta da quella posizione.

Quando Gesù parla male della ricchezza ed esalta la povertà, lo fa proprio per questo motivo. Il ricco non si accorge di nulla, perché crede di possedere il mondo intero. Il povero, invece, fa esperienza della Provvidenza, e spera che prima o poi essa si manifesti.

Noi non ci salviamo perché siamo cristiani cattolici romani, o perché abbiamo la tessera dell’Azione Cattolica o apparteniamo a gruppi carismatici, ma perché crediamo che Gesù è Risorto dai morti per salvare l’intera umanità.

“Signore, tante volte ho giudicato le persone perché mi sono limitato a guardare la forma esterna della fede e non il cuore. Tante volte ho escluso le persone «irregolari», non pensando alla loro sofferenza. Tante volte ho messo al primo posto la Legge e non la fede e il cuore dell’uomo. Aiutami, Signore, a saper ascoltare e accogliere coloro che sono nel bisogno. Aiutami ad essere portatore di speranza e non di scomuniche. E soprattutto aiutami a credere nella speranza e nella Misericordia. Amen!

Buon cammino!

lunedì 14 agosto 2017

ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA IN CIELO

ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA IN CIELO (Solennità)
«Risplende la Regina, Signore, alla tua destra»

Carissimi amici, buona Pasqua!
Si! Oggi è la Pasqua dell’umanità. Maria, è la prima creatura ad essere risorta. Dopo la Risurrezione di Gesù, adesso tocca all’umanità, e Maria ci ha preceduto, come segno tangibile che la Risurrezione non riguarda solo Dio, ma ciascuno di noi. La Risurrezione non è un racconto, una leggenda, ma una realtà. Ciò che oggi è avvenuto a Maria, un giorno avverrà anche a noi. Oggi è la conferma che la morte non è la parola fine, ma solo un passaggio, necessario, per ottenere il Cielo, la vita senza fine. Così come dice San Paolo: «o morte dov’è la tua vittoria? Dov’è il tuo pungiglione?» (cfr 1Cor15).

Maria è colei che ci prende per mano e ci porta verso il cielo. Quasi tutti gli artisti, descrivendo questo magnifico evento, ritraggono Maria con una mano rivolta al Cielo e l’altra alla terra, quasi a simboleggiare l’anello di una catena che unisce il Cielo e la terra, Dio e l’umanità, in un abbraccio di Amore.

Questa è la solennità che sento viva nel cuore, proprio perché ha un fortissimo legame con la Pasqua. Non a caso la liturgia utilizza il capitolo 15 della prima lettera di San Paolo ai Corinzi, un capitolo tutto dedicato alla Risurrezione futura. Per dare più credibilità a questo evento che riguarda tutti noi, bisogna necessariamente sfatare un mito, il quale dice che Maria non è morta. Maria, prima di risorgere, ha dovuto passare anche lei la barriera della morte, ma poiché è Immacolata, non ha subíto la corruzione della carne, ed è subito risorta e salita in Cielo. A noi succederà la stessa cosa, con la differenza che prima di risorgere, è necessario un tempo di purificazione e soprattutto dobbiamo attendere la fine dei tempi, dove tutti risorgeremo e potremmo vedere in pienezza il volto di Cristo.

Se davvero crediamo che la sorte oggi toccata a Maria, un giorno toccherà anche a noi, allora anche noi possiamo gridare a gran voce il canto del Magnificat: «L’anima mia magnifica il Signore è il mio spirito esulta in Dio mio salvatore» (Lc1,46-47), perché mi ha liberato dal laccio della morte e mi ha ridonato la vita.

Chiediamo al Signore, per la potente intercessione di Maria, di aiutarci a credere nella risurrezione.

“Signore, grazie per averci dato come modello di vita, la Vergine Maria. Grazie, perché attraverso di Lei, il Cielo si è aperto anche per noi povere creature. Grazie, perché in Lei troviamo la dolcezza di una mamma che guida e protegge i suoi figli. E grazie, perché la tua risurrezione e quella della Vergine Maria, ci danno la certezza che la vita non finisce qui sulla terra, ma continua in eterno in Cielo e noi staremo insieme agli angeli ad adorare il Dio creatore di ogni cosa. A Te la lode e la gloria nei secoli eterni. Amen!”

Buona solennità dell’Assunta a tutti!

domenica 13 agosto 2017

XIX DOMENICA T.O. (Anno A)

XIX DOMENICA T.O. (Anno A)
«Signore salvami»

Carissimi amici,
chissà anche noi quante volte abbiamo fatto questa invocazione come Pietro: «Signore salvami!». L’episodio raccontato dall’Evangelista Matteo è molto bello, anche pieno di dettagli interessanti, che ci permettono di attualizzare questo brano.
Partiamo innanzitutto dalla barca con gli Apostoli. La barca può essere paragonata alla Chiesa e gli Apostoli alla comunità cristiana. Quindi quasi certamente possiamo dire che ognuno di noi si trova in questa barca. Poi c’è il mare, che rappresenta il mondo, in tutte le sue sfaccettature. Il mare calmo indica il bene che c’è nel mondo, il mare agitato indica il male che c’è nel mondo. In questo episodio, il mare non è calmo, ma agitato a causa di una tempesta. La barca non è stabile, rischia di affondare. Ad un certo punto succede qualcosa. Arriva Gesù, che non placa subito la tempesta, ma mette alla prova i passeggeri della barca, in particolare Pietro, che rappresenta tutta la comunità. Pietro inizialmente si fida di Gesù, lo raggiunge camminando sulle acque, ma poco prima di arrivare a Lui, Pietro affonda. Cosa è successo? Il testo ci dice che Pietro si è spaventato, si è scoraggiato e ha perso fiducia nel Signore e in ciò che stava facendo, ma possiamo anche pensare che Pietro, vedendo quel prodigio, si è un po' riempito di orgoglio. Ed è questo che succede anche a noi. Nella nostra vita ci sono situazioni dove, per paura, non facciamo un salto di qualità e rimaniamo rannicchiati in noi stessi e nelle nostre paure, e situazioni dove il nostro orgoglio sale in maniera spropositata. Quante volte ci siamo vantati dicendo: «ah, se non era per me! Ho fatto tutto io, da solo! Chi fa da se fa per tre». Ed ecco che quando queste due situazioni vengono estremizzate, il rischio di affondare è altissimo! A quel punto riconosciamo che da soli non è possibile fare niente e chiediamo aiuto: «Signore salvami!» Così come è successo al profeta Giona. Nel ventre del grosso pesce, dove lui non poteva fare più nulla, si apre agli altri, in particolare con il Signore. La scena bellissima, che molti artisti hanno rappresentato, è Gesù che tende la mano a Pietro per tirarlo fuori dalle onde del mare. Quello che Gesù ha fatto con Pietro, lo fa con ciascuno di noi, ogni giorno, ogni momento.
Come dico sempre, Dio non ritirerà mai la sua mano da noi, è sempre lì con il braccio teso al aspettare che noi corriamo da Lui. Il Signore non vuole altro che la nostra salvezza. Giovanni ci dice che Dio è Amore, e l’amore non vuole il male dell’altro, ma solo e soltanto il bene.

Attenzione ad un particolare interessante. Gesù non ferma la tempesta, si ferma da sola! Gesù salva l’uomo dalla tempesta. Molte volte noi vogliamo che gli eventi cambiano in nostro favore, ma prima dobbiamo essere noi a cambiare, infatti quando Pietro e gli altri cambiano atteggiamento, diventano più fiduciosi, si aprono alla speranza, la tempesta di placa. Qui trova piena realizzazione un detto molto bello: «il mondo cambia se prima cambiamo noi!».

Da soli non ci salviamo, da soli non cambieremo il mondo, da soli non realizzeremo mai niente, abbiamo bisogno sempre di qualcuno, e quel qualcuno è Gesù, che si fa presente in mezzo noi in diversi modi, innanzitutto nell’Eucaristia e nei sacramenti, ma anche nelle persone che Lui stesso ci mette accanto. Diceva sempre don Tonino Bello: «Siamo angeli con un’ala soltanto, per volare dobbiamo stare abbracciati». Ed è così! Dove le persone collaborano, lavorano insieme, dove c’è condivisione e reciprocità, si respira un clima bello, gioioso, di amore e di pace, ed è quello che Gesù vuole da noi: «amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi». Non per interesse egoistico, ma per una donazione gratuita comunitaria!

“Signore, salvami dal mio egoismo, dalla presunzione di saper far tutto e voler far tutto. Liberami dalla paura del fallimento e dallo scoraggiamento. Aiutami a comprendere che tutto è dono Tuo, e che solo in te c’è pace, gioia e salvezza. Amen!”

Buon Cammino!

sabato 22 luglio 2017

XVI DOMENICA T.O. (Anno A)

XVI DOMENICA T.O. (Anno A)
«Lasciate che l’una [la zizzania] e l’altro [il grano] crescano insieme fino alla mietitura»

Carissimi amici,
continuano gli insegnamenti di Gesù. Dopo averci detto di essere terreno buono che fa fruttificare la Parola di Dio, oggi ci dà un ulteriore insegnamento.
Essere terreno buono, non significa essere esenti da problemi, e Gesù lo dice chiaramente nel Vangelo di oggi. Nella vita i problemi ci sono stati e ci saranno sempre, come le cose buone, ma Gesù ci lascia un grande messaggio di speranza. Il male non avrà l’ultima parola! La Risurrezione metterà da parte la morte; il grano nel granaio e la zizzania nel fuoco.

Quando c’è qualcuno che dice: «ah, a me va sempre tutto bene, sono la persona più felice del mondo, non mi succederà mai niente», state attenti, non diventate gelosi di queste persone. Oppure nel caso contrario, quando qualcuno dice: «ah, ormai per me non c’è più nulla da fare! Sono inutile su questa terra, non valgo nulla!». Questi due estremi sono pericolosi perché nel primo caso, quando siamo troppo sicuri di noi stessi, ci chiudiamo alla grazia dello Spirito Santo, nel secondo caso ci chiudiamo alla speranza. Gesù invece ci dice che nella nostra vita ci sono momenti buoni e momenti brutti, ma alla fine solo il bene trionferà.

Qualche giorno fa, ho portato l’esempio della rosa, per spiegare come è la vita di ciascuno di noi.
La rosa è bella, profumata, vellutata al tatto, ma ha anche le spine sullo stelo. Più ti avvicini al fiore, più le spine aumentano e sono più piccole e pungenti, ma attenzione, le due cose stanno insieme (come il grano e la zizzania), anzi, dallo stelo pungente, viene fuori il bel fiore, così come dalla Croce è venuta la Risurrezione!

Non dobbiamo aver paura dei momenti di prova, della zizzania, delle spine, che insinuano la nostra vita, ma dobbiamo essere sempre aperti all’azione dello Spirito Santo e sperare che da quello stelo pungente, uscirà una bellissima e profumatissima rosa, che saprà riportare un dolce e soave profumo alla nostra vita.

Chiediamo al Signore di aiutarci a convivere con la zizzania, a non lasciarci sopraffare da essa.

“Signore, tante volte ho chiesto di morire, pur di non peccare più, ma Tu mi hai illuminato e mi hai fatto capire che ciò che chiedevo era puro egoismo, perché, per fare un bene a me, avrei portato dolore ad altri. Per rimuovere la mia zizzania, avrei distrutto delle spighe di grano. Grazie Signore per la Tua continua presenza e grazie perché, nonostante tutto, alla fine il bene trionferà sul male. Signore, guidami e accompagnami sempre. Amen!

Buon Cammino!

domenica 16 luglio 2017

XV DOMENICA T.O. (Anno A)

XV DOMENICA T.O. (Anno A)
«Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno»

Carissimi amici,
il Vangelo di oggi non ha bisogno di essere spiegato, perché è Gesù stesso che lo spiega ai suoi discepoli, è Gesù stesso che fa la catechesi. Quindi, riporto per intero la sua spiegazione della parabola del seminatore.

«Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

Mi soffermo solo su un dettaglio che è importante. Ciò che interessa a Gesù, non è tanto la quantità del raccolto, ma la qualità. Molte volte noi ci affanniamo a fare tante cose e spesso dimentichiamo la motivazione per il quale le facciamo. Gesù ci dice: «Non preoccuparti, pensa solo ad ascoltare la mia Parola e a viverla in semplicità e verità, il resto verrà da sé. A me basta anche il trenta, purché sia fatto con amore». È questa deve essere la nostra speranza che ci permette di ascoltare e vivere la Parola di Dio.

Certo, se possiamo dare cento, non dobbiamo essere pigri. Ognuno da secondo le sue possibilità. Non è un «gioco al ribasso», un invito alla mediocrità, ma vivere la realtà che siamo. È vero che dobbiamo puntare sempre al massimo, ma come dico spesso, non dobbiamo sempre guardare in alto, altrimenti non vediamo cosa abbiamo davanti a noi. Chi guarda sempre in alto, rischia di prendere un «lampione in faccia» oppure di inciampare in qualche buca. Nella vita bisogna guardare dritto e scrutare l’orizzonte che ci circonda. Solo così possiamo fare discernimento e scartare ciò che è male e scegliere ciò che è bene.

Allora, chiediamo al Signore di aiutarci ad ascoltare e vivere la sua Parola.

“Signore, aiutami ad essere terreno fertile, aiutami ad accogliere e far maturare in me la Tua Parola. Aiutami a vivere bene i Tuoi insegnamenti. Certo non posso darti il cento, ma voglio darti il massimo di me stesso. A Te affido la mia vita, il mio cammino. Tu conosci il mio cuore e ciò di cui ho bisogno. E ciò che di bene realizzo, non sia per mia gloria, ma soltanto per la gloria del Tuo nome. Amen!”

Buon cammino!