domenica 27 dicembre 2015

I DOMENICA DI NATALE - Festa della Santa famiglia di Nazareth (Anno C)

I DOMENICA DI NATALE - Festa della Santa famiglia di Nazareth (Anno C)
«Ecco, tuo padre e io, angosciati ti cercavamo».

Carissimi amici,
oggi la Chiesa celebra la Santa famiglia di Nazareth e ci invita a riflettere sul grande dono che è la famiglia.

Molti dicono che la famiglia di Nazareth non è più un modello di famiglia da proporre ai nostri giorni. Io invece sostengo il contrario è credo fermamente che la famiglia di Nazareth è il modello di ogni famiglia.
Giuseppe ama Maria, ma durante il fidanzamento avviene qualcosa di inaspettato. Maria si ritrova incinta. Attenzione, non cadiamo nel tranello: «è opera di Dio!». Giuseppe, prima che l'Angelo gli parla, ha una reazione che merita la nostra attenzione. La legge del tempo permetteva e legittimava la lapidazione in caso di tradimento, un po' come ai giorni nostri con il divorzio: «tua moglie/tuo marito ti tradisce? Divorzia e chiedi gli alimenti!»  Giuseppe ama Maria e non vuole metterla alla berlina di tutti, ma pensa di risolvere la faccenda in segreto (cfr. Mt1,19). In un successivo momento l'Angelo dirà a Giuseppe ciò che è avvenuto realmente.
Maria, questa giovane ragazza, che pur essendo chiamata da Dio, non rinuncia a Giuseppe, non gli dice: «vattene, non sei più parte della mia vita, adesso ho un altro: Dio!», ma si affida anche a Giuseppe.
Maria e Giuseppe, sono consapevoli che quel figlio non è frutto della loro unione, del loro amore, ma lo accolgono come se fosse tale. È quel figlio che unirà Maria e Giuseppe.
Maria e Giuseppe hanno vissuto anche l'incomprensione degli altri, soprattutto in momento delicato, come quello della nascita di Gesù. Costretti a rifugiarsi in una grotta, in una stalla.

Ma cosa ci vuole insegnare oggi la famiglia di Nazareth?
Semplicemente che le difficoltà si devono risolvere insieme, infondo Maria e Giuseppe le hanno vissute tutte. Il sospetto del tradimento, un figlio che non è frutto della loro unione fisica, la precarietà nel momento più delicato, le scelte del Figlio: «non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?» Certo, ci sono situazioni davvero drammatiche dove nessuno può giudicare, ma prima di arrivare all'estremo, è possibile fare qualcosa?
I problemi della famiglia non si possono elencare e risolvere in questa pagina, ma è interessante e fruttuoso interrogarsi sul tema della famiglia, ecco perché è importante il fidanzamento, la formazione pre-matrimoniale.

Vi lascio alcune domande che forse, possono essere utili.
Perché mi sono fidanzato/sposato?
Perché ho scelto tra milioni di uomini/donne proprio lui/lei?
Nella vita familiare ci sono molte prove, molti ostacoli, come li superiamo?

"Signore, ti ringrazio per l'immenso dono della mia famiglia, senza di loro adesso non starei qui a lodarti e ringraziarti. Perdonami per tutte le volte che ho arrecato delle sofferenze interiori ai miei genitori. Conservali sempre nel loro amore e nel Tuo amore. Amen!"

Grazie mamma, grazie papà, grazie Santina. Vi voglio bene!

giovedì 24 dicembre 2015

NATALE DEL SIGNORE (Anno C)

NATALE DEL SIGNORE (Anno C)
«Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, […] è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore».

Carissimi amici,
anche quest'anno riviviamo con grande gioia il ricordo della prima venuta di Gesù, guardando sempre con grande speranza al ritorno glorioso del Signore risorto.

In questo Natale mi voglio soffermare non sull'evento della nascita, ma su un altro aspetto molto importante che è la «chiamata/annuncio». Nei primi 2 capitoli del Vangelo di Luca, ne troviamo addirittura tre. La prima è l'annuncio a Zaccaria, la seconda è l'annuncio a Maria, la terza è l'annuncio ai pastori.

Tre vocazioni diverse, ma con un unico fine: Gesù Cristo!
Nell'annuncio a Zaccaria, l'angelo gli dice che suo figlio sarà il «profeta dell'altissimo»;
Nell'annuncio a Maria, l'angelo le dice che partorirà il «figlio dell'altissimo»;
Nell'annuncio ai pastori, l'angelo dice che è nato il «Salvatore del mondo».

L'annuncio che più di 2000 anni fa l'angelo fece ai pastori, oggi lo stesso angelo lo rivolge a noi.
Ma che tipo di annuncio?
Un annuncio di gioia perché il mio creatore un tempo così distate, ora si è avvicinato;
un annuncio di speranza perché Dio si è fatto mio compagno di cammino e mi tende la mano quando cado nel peccato;
un annuncio di conversione perché Dio mi indica la via giusta da intraprendere;
un annuncio di vita perché Dio mi chiede di vivere ciò che Lui ha fatto per me.
Questo è il vero senso del Natale, far entrare Gesù nella nostra vita, soprattutto nei momenti in cui ci sentiamo più soli e più feriti.

Spesso mi chiedono: «ma come fai a credere? Come fai a fidarti di Dio?» e la mia risposta, che può sembrare banale, è: «e dove trovo qualcuno disposto a farsi mio compagno di cammino, che non mi tradisce mai, che si fida di me e che mi rialza quando cado?» In Dio ho trovato tutto questo e lo ringrazio per avermi messo accanto tante persone speciali che si prendono cura di me. Questo per me è il Natale, l'aver incontrato Dio attraverso gli altri, così come diceva Madre Teresa: «È Natale ogni volta che permetti al Signore di amare gli altri attraverso di te».

Allora il mio augurio è questo:
Auguro anche a voi di fare esperienza concreta di Cristo, attraverso l'affetto, l'incontro, la solidarietà e soprattutto nel perdono. Misericordes sicut Pater (misericordiosi come il Padre).
Buon Natale a tutti!

"Signore Gesù, ti ringrazio perché ogni giorno ti prendi cura di me. Ogni giorno ti fai mio compagno di cammino. Lo confesso, spesso mi allontano da Te, rallento il passo, ma Tu con pazienza e amore ti volti e torni indietro per prendermi per mano. Aiutami a restare sempre accanto a Te, soprattutto quando ti mostri nelle persone più bisognose. Amen!"

sabato 12 dicembre 2015

III DOMENICA DI AVVENTO (Anno C)

III DOMENICA DI AVVENTO (Anno C)
«Che cosa dobbiamo fare?».

Carissimi amici,
questa è la domanda che ogni uomo, che ogni cristiano si pone.
Facciamo un po’ di sintesi! All'inizio dell’Avvento Gesù ci dice di guardare il cielo e di vegliare, la scorsa settimana Giovanni Battista ci ha annunciato che la salvezza è vicina, a questo punto sorge la domanda: «e adesso? Dopo questi discorsi di salvezza, che dobbiamo fare?».

La liturgia di questa domenica ci suggerisce tre parole che ci permettono di fare qualcosa di concreto:

1)      GIOIA: vivere la gioia, la serenità, la certezza che c’è qualcuno che ci ama, si fida di noi, non ci tradisce mai. La stessa gioia che prova un padre e una madre nel vedere il figlio appena nato che è frutto del loro amore. La stessa gioia degli innamorati. Io cerco di vivere questa gioia perché so che il Signore non mi giudica per i miei peccati, ma nei miei peccati mi abbraccia e mi perdona;
2)      SOLIDARIETÀ: Giovanni Battista da alcune indicazioni, ma attenzione a non trasformare la carità in superbia ed egoismo (il video ci aiuta a capire il senso della vera solidarietà). Tante volte lo dico, e cerco di viverlo. La carità non è mettere le monetine nel cappello del povero, ma dare un senso al gesto che noi compiamo. Molte volte un sorriso, una stretta di mano ha un valore maggiore di 0,50€ che mettiamo nel cappello del povero. Dico questo perché io spesso sono uno dei beneficiari di questi atti di carità. Molte volte preferisco questi gesti di affetto e vicinanza che la fredda moneta. Per me la moneta è una conseguenza della solidarietà. È in nome della fratellanza, dell’amicizia che si dona (soldi, beni, ecc.). E' questo lo si mette in pratica solo se si vive la gioia. Quella gioia che mi dice: «come qualcuno esprime carità verso di me, così io la esprimo verso di te». La solidarietà è un gioco di squadra, non per singole persone;
3)   RUOLO: nella vita di tutti i giorni, ognuno di noi ha un ruolo particolare. La domanda che vi propongo è questa: «io, nel mio ruolo di (padre, madre, fratello, sorella, figlio, operaio, imprenditore, politico, religioso, ecc.) come vivo la gioia e la solidarietà?»

Tre parole che si intersecano l’una con l’altra e che ci permettono di mettere in pratica il Vangelo, perché Gesù, essenzialmente, ci chiede di vivere queste tre realtà insieme: la gioia e la solidarietà inserite in un ruolo.

Capisco e so che è difficile vivere queste tre dimensioni, ma il mio motto è sempre lo stesso: «Provare non costa nulla!»  Sbagliamo? Andiamo avanti lo stesso, riproviamoci. Il Giubileo della Misericordia ci vuole insegnare proprio questo.


“Signore, riconosco i miei limiti, sempre chiedo concretezza, ma difficilmente la realizzo. Aiutami a mettere da parte il mio egoismo e la mia superbia, per mettere al centro Te che sei la mia gioia, il motivo per il quale vivo. Amen!”

sabato 5 dicembre 2015

II DOMENICA DI AVVENTO (Anno C)

II DOMENICA DI AVVENTO (Anno C)
«Voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri».

Carissimi amici,
dopo l’invito di Gesù a risollevarci e ad alzare il capo per attendere la sua venuta, oggi troviamo la straordinaria figura di Giovanni Battista che ci invita a preparare la venuta di Gesù.

Giovanni non ha annunciato la nascita di Gesù, ma la sua venuta. Sappiamo che tra Giovanni Battista e Gesù ci sono sei mesi di distanza. È interessante perché il 6, nel linguaggio biblico, indica l’imperfezione, quindi Giovanni prepara la perfezione che si realizza in Gesù.

Il contesto in cui opera Giovanni, non è dei migliori. È circondato dalla totalità delle autorità del tempo. Anche qui il linguaggio numerico ci aiuta a comprendere il contesto in cui Giovanni ha operato. Nel testo del Vangelo troviamo 2 autorità romane (Tiberio e Pilato) 3 autorità ebraiche (Erode, Filippo e Lisania) e 2 autorità religiose (Anna e Caifa). 7 vs 1 come si direbbe in linguaggio sportivo. Ma nonostante questo contesto difficile, Giovanni non si tira indietro, non dice: «chi me lo fa fare!», ma continua ad annunciare la venuta di Gesù.

Annunciare il Vangelo non è facile! Adesso preferiamo il compromesso, il silenzio, soprattutto con le persone che conosciamo. Io per primo vivo questa difficoltà!

Il messaggio di speranza lo troviamo nel primo versetto del 5° capitolo del profeta Baruc: «Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto e dell’afflizione, rivestititi dello splendore della gloria che ti viene da Dio per sempre».
Come inizio e impegno per questo tempo di Avvento, cerchiamo di parlare di Dio nella nostra famiglia. Se ogni famiglia annuncia e vive il Vangelo all'interno della propria casa, il cristianesimo diventa attraente, il cristianesimo diventa un luogo dove Dio è di casa, fa parte della famiglia. Questo attirerà altre famiglie a vivere la stessa realtà.

Il Natale, infondo, ci vuole dire che l’annuncio inizia nelle piccole cose. Gesù ha iniziato quest’opera nella povertà del presepe, circondato dall'amore di Maria e Giuseppe. Lo stesso cammino lo ha fatto Maria. Restare ferma e salda nella fede davanti al figlio morto non è automatico, ma è frutto di un cammino vissuto nella quotidianità della famiglia.

“Signore, aiutami a parlare di Te ai miei familiari, ai miei amici. Allontana da me l’imbarazzo di comunicare quando è grande il Tuo Amore e la Tua Misericordia. Perdona, se puoi, tutte le volte che ho avuto paura di annunciarti preferendo il compromesso e il silenzio.
Signore, fa che anche io possa diventare quella voce che grida nel deserto. In particolare Ti chiedo di essermi vicino in questi giorni di preparazione al ministero del lettorato, e di accompagnarmi nell'esercizio di questo ministero per essere un buon annunciatore della Tua Parola. Amen!"


sabato 28 novembre 2015

I DOMENICA DI AVVENTO (Anno C)

I DOMENICA DI AVVENTO (Anno C)
«Risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».

Carissimi amici,
con questa domenica iniziamo un nuovo anno liturgico e ci aiuterà in questo cammino l’Evangelista Luca.

Come ogni anno, la Chiesa ci fa vivere il tempo dell’Avvento, che ci porta a vivere la solennità del Natale.
L’Avvento è un tempo di conversione e di attesa e nel Vangelo di questa domenica, Gesù ci invita a cambiare stile di vita, perché il mondo non è eterno e presto potrebbe finire. Ma allo stesso tempo ci chiede di attendere la sua venuta, di rimanere vigili.

Il messaggio più importante che oggi Gesù ci lascia lo possiamo riassumere così: «Non rimandare a domani quello che potresti fare oggi». Ma cosa fare? Una cosa molto bella, ma difficile da fare! Trovare almeno 10 minuti al giorno per parlare con il Signore della nostra vita.
Nei tempi forti solitamente propongo anche un video che può aiutare a capire e a vivere meglio il Vangelo. Questa domenica vi propongo un brevissimo video, che può sembrare ironico e banale, ma contiene una profonda verità.
Non vi nascondo che anche io ho difficoltà a concentrarmi sul dialogo personale con Dio, quindi il Vangelo e il video sono in primis per me.

La frase che ho scelto è carica di speranza, soprattutto perché stiamo per iniziare il Giubileo della Misericordia, voluto da Papa Francesco.
Questo è il tempo per rialzarci dalla caduta, questo è il tempo di guardare il cielo, perché tra le stelle del cielo c’è il Signore, la stessa stella che ha guidato i Magi e che guiderà ciascuno di noi all'incontro con Gesù alla fine dei tempi.
Questo è il senso dell’Avvento, questo è vivere il Natale!
Fare l’incontro con Dio, non un Dio invisibile, ma un Dio rivestito di umanità, un Dio-uomo.

Buon Cammino di Avvento!


“Signore Gesù, perdonami per tutte le volte che ti ho trascurato preferendo fare altre cose, anche le più sciocche. Aiutami a rialzarmi e a fissare il cielo per scorgere il tuo Amore e la tua Misericordia. Aiutami a non perdere la speranza che un giorno tornerai. Sono consapevole di non meritare il Paradiso, ma so che il tuo Amore è più forte del mio peccato. Gesù, ho bisogno di te! Vieni presto. Amen!


sabato 21 novembre 2015

XXXIV DOMENICA T.O. (Anno B) - SOLENNITA’ DI CRISTO RE DELL’UNIVERSO

XXXIV DOMENICA T.O. (Anno B)
SOLENNITA’ DI CRISTO RE DELL’UNIVERSO
«Tu lo dici: io sono re»

Il tema centrale di questa solennità è il Regno di Dio. L’Evangelista Giovanni descrive la regalità di Gesù, negli ultimi capitoli del Vangelo, in particolare nel racconto della Passione. Dopo che Gesù si dichiara Re davanti a Pilato, Giovanni descrive le fasi successive della “presa di possesso” del Regno: la corona di spine, la canna di bambù, il manto di porpora ed infine il trono che è la Croce.
Con questo passaggio duro, violento, di morte, Giovanni ci vuole dire che il Regno di Dio è la Passione, non solo in senso di dolore fisico, ma soprattutto nel grande sentimento dell’amore, di un amore così grande, coinvolgente ed intenso che porta perfino a morire per l’altro.
C’è una frase molto bella che dice così: «chi ama soffre (s’offre), chi non ama fa soffrire». Ma è bello anche questo gioco di parole: amare è servire; servire è regnare!

È difficile parlare di Regno di Dio, soprattutto in questi giorni in cui la pace mondiale è messa in crisi. Dopo l’ultima strage di Parigi, del Libano, della Siria, tutti vorremmo che Dio vendicasse queste povere persone innocenti secondo la nostra logica. Ma non sarà così! Dio non ripaga il male con il male, non uccide chi uccide. Gesù, dal suo trono da il suo giudizio: «Padre perdona loro, perché non sanno quello che fanno». Il giudizio di Dio è la Misericordia!

Questa domenica vi lascio con un testo liturgico molto bello ed adatto per la situazione attuale di crisi e conflitto.

“Signore, riconosciamo il tuo amore di Padre quando pieghi la durezza dell’uomo, e in un mondo lacerato da lotte e discordie lo rendi disponibile alla riconciliazione. Con la forza dello Spirito tu agisci nell'intimo dei cuori, perché i nemici si aprano al dialogo, gli avversari si stringano la mano
e i popoli si incontrino nella concordia. Per tuo dono, o Padre, la ricerca sincera della pace estingue le contese, l’amore vince l’odio e la vendetta è disarmata dal perdono. Amen!” (Prefazio della Preghiera Eucaristica della Riconciliazione II)

Da domenica prossima inizia il cammino verso il Natale. Prepariamoci ad accogliere il Signore, non con le solite parole: «a Natale siamo tutti più buoni!», ma con i fatti, con la nostra vita. S.Francesco raccomandava ai suoi frati di annunciare il Vangelo con la loro vita, e se necessario, anche con le parole.


Buon cammino verso un nuovo anno liturgico, in attesa del Signore!

sabato 14 novembre 2015

XXXIII DOMENICA T.O. (Anno B)

XXXIII DOMENICA T.O. (Anno B)
«Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno»

Questa frase è carica di speranza perché Gesù ci dice che anche se tutto ciò che ci circonda passerà, finirà, la sua Parola e la sua presenza rimarranno per sempre.

In questi giorni le notizie principali dei giornali, della TV, dei social network riguardano gli scandali, gli errori dentro la Chiesa, dimenticando che ogni battezzato è Chiesa.
È scandalo un marito che tradisce sua moglie e viceversa;
è scandalo un lavoratore che ruba sul posto di lavoro;
è scandalo governare in maniera sbagliata una nazione.
La Chiesa, nel suo insieme, purtroppo è piena di scandali, ma non dobbiamo dimenticare che la Chiesa non è solo nostra, ma è soprattutto di Dio, e «le porte degli inferi non prevarranno su di essa».
Una cosa è certa. Dio non abbandonerà la sua Chiesa, il suo popolo.

I “grandi” profeti apocalittici (Nostradamus, Maya, ecc.) annunciano la fine del mondo senza speranza. Gesù ci dice che dopo la fine del mondo, ci sarà la vita eterna, il Paradiso.

In questo particolare momento storico, preghiamo per la Chiesa universale, preghiamo per il Papa affinché continui il lavoro che il Signore gli ha affidato.

Non giudichiamo! Pensiamo ai nostri errori, alle nostre fragilità e affidiamoci all'infinita Misericordia di Dio.
In questa perenne lotta tra bene e mane, il diavolo vuole che prendiamo distanza dalla Chiesa. Ma Dio è più forte di Lui.
È come una partita di calcio. Io tifo la squadra di Dio (che è la Chiesa), e tu?

“Signore, in questo momento di prova, dove la Tua Chiesa è attaccata, aiutami a rimanere fedele a Te e alla Tua Chiesa. Questa lotta è dura,ma la Tua Parola e la Tua presenza mi danno grande speranza. Nel mio cuore sono impresse queste Tue parole: «Non temete! Sarò con voi fino alla fine del mondo». Perdonami per le volte che ho giudicato gli altri senza giudicare prima me stesso; perdonami quando ho dato scandalo, dimenticando che anche io, come battezzato, faccio parte della Tua Chiesa. Signore, abbi pietà di me. Amen!” 

Un pensiero va oggi alle vittime degli attentati in Francia. Ancora del sangue innocente è stato sparso a causa dell’odio e della violenza.

Il Signore ha già santificato questo nuovo sangue sparso. La Chiesa oggi ha nuovi santi martiri.

sabato 7 novembre 2015

XXXII DOMENICA T.O. (Anno B)

XXXII DOMENICA T.O. (Anno B)
«Questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri»

Gesù ancora una volta ci dice che la carità non si fa con i soldi, ma con la vita.

Ma partiamo analizzando tutto il contesto del Vangelo di questa domenica. Nella prima parte Gesù ci dice di stare alla larga da persone troppo “borghesi” o come si dice: “con la puzza sotto il naso” perché questo tipo di persone amano mostrare il loro IO, i loro successi, le loro imprese.
Qui ovviamente non si fa un discorso economico della serie RICCHI VS POVERI, ma un discorso di stile di vita.
La seconda parte del Vangelo troviamo la folla che mette delle monete nel tesoriere e una vedova che mette anch'essa delle monete in questo tesoriere.
Nell'epoca di Gesù, la vedova era considerata un nulla, non aveva diritti, niente sostentamento, quasi un rifiuto della società.
Gesù elogia la vedova, non perché povera, non perché emarginata, ma perché ha avuto il coraggio e la capacità di dare tutta se stessa, tutto ciò che aveva.

Io, che non sono ricco, non riesco ad essere come la vedova. Prima di dare devo fare i miei calcoli, devo vedere dove posso risparmiare, ecc.
Non ho ancora la capacità di donare senza calcolare, senza mettere in mostra il mio IO.
Nonostante questo, Dio è stato sempre misericordioso con me. Più di una volta mi ha dimostrato che se dono con il cuore senza calcolare, ricevo cento volte tanto.
Penso alle amicizie, che sono il dono più grande che ho ricevuto, perché il vero amico è disposto ad aiutarti nel momento del bisogno. Adesso in Seminario ho due amici davvero speciali, che mi aiutano con lo studio nel momento degli esami, che mi sostengono nei momenti più faticosi, che gioiscono nei momenti di gioia.

Non dobbiamo aver paura di essere noi stessi, nella semplicità, nelle piccole cose di ogni giorno. Gesù, infondo, ci chiede di fare della nostra vita un’opera di carità, di donare noi stessi, i nostri talenti, le nostre qualità a servizio degli altri, senza pretendere nulla in cambio. La Provvidenza di Dio ci ricompenserà.
Vi garantisco che è vero, basta fidarsi di Lui e della sua Provvidenza.

Certo non è facile fidarsi totalmente di Dio, anche io spesso torno a fare i miei calcoli, ed è li che sperimento il fallimento!
Chiediamo al Signore di aiutarci a vivere questa dimensione della carità.


“Signore, aiutami ad essere sempre me stesso, con le mie qualità e i miei difetti. Aiutami a fidarmi della Tua Provvidenza che sempre elargisci. Perdonami per le volte che sono stato egoista, calcolatore, avaro. Orienta ogni giorno la mia vita verso la donazione totale e gratuita della mia esistenza, per annunciare il Tuo Amore e la Tua Misericordia. Amen!”

venerdì 30 ottobre 2015

XXXI DOMENICA T.O. (Anno B) - SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI

XXXI DOMENICA T.O. (Anno B)
SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI
«Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli»

Questa domenica, tutta la Chiesa è in festa perché loda e ringrazia Dio per il dono di tante persone che hanno testimoniato l’amore di Dio e hanno vissuto l’insegnamento delle beatitudini.
I santi non sono solo quelli che la Chiesa ha riconosciuto ufficialmente, ma anche quegli uomini e quelle donne che hanno servito il Signore nel silenzio e nell'anonimato.
La vocazione di ognuno di noi è la santità. Siamo nati per diventare santi!

Il problema nasce su cosa fare per diventare santi. Personalmente penso che le beatitudini e le opere di misericordia (che mediteremo il 2 Novembre) sono delle ottime indicazioni che ci conducono al Paradiso e alla santità.

I due brani ci fanno capire che in ogni situazione della nostra vita, noi siamo μακαριοι, cioè Benedetti.
Dio non ci disprezza quando siamo vuoti interiormente, quando siamo nella sofferenza, nella solitudine, nella persecuzione, nelle umiliazioni, ma è con noi. Perdonate il gioco di parole… Dio bene-dice di noi.
Ma solo la grazia dello Spirito Santo ci permetterà di riconoscerlo in queste realtà.

E allora capiamo che il Paradiso non è così lontano, la santità non è impossibile.

Le beatitudini diventato un segno concreto di speranza. Cristo non è risorto invano, ma attraverso la sua Pasqua ci ha fatto capire che se anche il male ci darà fastidio (la Passione), non avrà mai e poi mai l’ultima parola (la Risurrezione).
I Cristiani non sono i seguaci di un Dio morto, ma sono i seguaci di un Dio risorto, vivo e presente nella storia di ogni uomo, nel bene e nel male.

Chiediamo al Signore di continuare a benedirci in ogni condizione della nostra vita.


“Signore, aiutami in questo cammino terreno a vivere i tuoi insegnamenti, rendimi consapevole di essere benedetto da Te anche quando sono nel peccato, nella sofferenza spirituale e fisica. Perdonami quando io stesso ho maledetto le Tue beatitudini, considerandole una profonda ingiustizia. Solo ora capisco che, solo attraverso di esse si può accedere al Tuo amore e alla Tua infinita Misericordia. Grazie per questo immenso dono. Amen!”

Affidiamo al Signore anche tutti i nostri cari defunti...

venerdì 23 ottobre 2015

XXX DOMENICA T.O. (Anno B)

XXX DOMENICA T.O. (Anno B)
«Cosa vuoi che io faccia per te?»

Se domenica scorsa ci siamo messi dalla parte di coloro che chiedono, oggi proviamo a metterci dalla parte di coloro che danno un qualcosa.
Gesù fa la domanda del “servo”, o meglio, di colui che deve servire. Spesso questa domanda mi piace ascoltarla più che pronunciarla, ma Gesù, che è Dio, non prova vergogna nel formulare questa domanda, lo fa nella logica del servizio, dell’amore.

Mi colpisce l’atteggiamento del cieco. Egli era li per mendicare, chiedere i soldi alle persone che passavano.
Egli conosceva Gesù, sapeva che era importante, poteva chiedergli qualsiasi cosa: ricchezza, potere, fama, ecc. Invece si accontenta di riavere la vista.
Il cieco chiede a Gesù la vista, la dignità. È la fede in Gesù, che lo porta a gridare e a sperare in un futuro migliore, che non è fatto di elemosina, ma di dignità. Quella dignità che manca a chi è senza lavoro, senza una casa, nella piena solitudine.
Papa Francesco continua a dirlo, lo ha detto in terra di Molise, lo ha detto a Scampia (Na)…
All’uomo di oggi non manca il pane, ma la dignità di portarlo a casa, di guadagnarlo onestamente.

La domanda che fa Gesù al cieco, proviamola a farla a chi non ha lavoro, a chi prova un disagio sociale, a chi è solo…
Spesso mi fermo con queste persone, non cercano soldi, cercano una persona capace di ascoltare, di prestare una spalla su cui sfogare il proprio dolore, le proprie preoccupazioni per un futuro incerto.
È Gesù stesso che mi chiede: «Mariano, cosa vuoi che io faccia per te?»


“Signore, una cosa la puoi fare: continua ad amarmi e a perdonarmi. Soprattutto quando resto indifferente ai bisogni di chi mi vive accanto. Mi hai messo alla prova in modo da sperimentare la generosità degli altri e della tua Provvidenza. Una generosità che non viene solo dal portamonete, ma da sentimenti dettati dall’amicizia, dal rispetto, dall’amore. Grazie per avermi messo accanto persone capaci di amare, di sostenere e soprattutto capaci di insegnarmi a vivere il servizio della carità. Una carità fatta nel nome di Gesù Cristo, nostro Signore. Amen!”

sabato 17 ottobre 2015

XXIX DOMENICA T.O. (Anno B)

XXIX DOMENICA T.O. (Anno B)
«Maestro, volgiamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo»

Questa frase mi ha toccato profondamente perché molto spesso la vivo. La parola centrale è VOGLIAMO. Come se fosse un comando. Non è un desiderio, ma un avere. È bello vedere i bambini quando chiedono qualcosa ai genitori: «Papà, mamma posso fare questo? Posso andare la?». Noi grandi invece “vogliamo”, ad ogni costo, ad ogni condizione, disposti a fare tutto pur di ottenere (almeno quando chiediamo). Spesso lo faccio anche io e quante volte mi sono ritrovato con le mani vuote, quante volte Dio ha infranto le mie pretese. Spesso sento dire: «Ma perché Dio non mi ascolta?» più che dire questo, domandiamoci: «ma io come ho chiesto?». Tutto si gioca sulla modalità di porre la domanda a Dio, senza fingere di essere umili, pensando: «adesso, con il viso umile, chiedo al Signore e Lui mi esaudisce!». Illusi! La vera umiltà nasce nel cuore e soprattutto essa è silenziosa. Se noi pensiamo per un solo istante di essere umili, in quel momento abbiamo peccato di superbia. Il Signore sa tutto di noi, Lui vuole che siamo sinceri nel chiedere.

Vi racconto un episodio che mi è capitato il mese scorso.
Dal 27 settembre al 3 ottobre, insieme ai miei compagni di seminario, abbiamo partecipato alla “missione popolare” ad Avezzano (Aq). I primi due giorni i missione, per me sono partiti sottotono perché non mi erano state affidate attività rilevanti da svolgere e non sapevo cosa fare. In breve, mi stavo annoiando! Il secondo giorno, durante un momento di adorazione, davanti a Gesù Eucarestia, c’erano due cestini. Nel primo cestino bisognava mettere un foglio con la preghiera personale, nel secondo cestino bisognava prendere un bigliettino con una frase biblica. Ad un certo punto, mi sono alzato, ho preso il foglietto bianco e ho scritto: «Signore, sono scoraggiato e sfiduciato. Perdonami ed aiutami!». Ho chiuso il foglietto, l’ho messo nel cestino e ho preso la frase biblica. Sul foglietto c’era il testo di Mc 16,15. Ho guardato Gesù e gli ho detto: «Ma come! Mi prendi in giro? Io ti chiedo aiuto perché voglio fare qualcosa e tu mi rispondi così?». Dal giorno successivo sono stato chiamato a fare varie attività: volantinaggio, visita alle famiglia, visita in ospedale, cenacoli del Vangelo, oratorio, scuola, ecc.

Non è la prima volta che mi succede una cosa simile! Questo significa che tutto dipende dal nostro cuore. Per ottenere dobbiamo abbandonare i nostri calcoli e affidarci alle braccia di Dio. Dal Signore non possiamo pretendere nulla, ci ha dato la cosa più bella ed importante che è la vita, il suo amore e la sua Misericordia. «Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno.» (Eb4,16).


“Signore, aiutami a non pretendere niente da Te, cerca di rendere il mio cuore puro dalla superbia e dall’orgoglio. Chiedo perdono per tutte le volte che ti ho sfruttato e comandato, ma soprattutto chiedo perdono per le volte che ho sfruttato gli altri. Gesù, se puoi, perdonami. Amen!” 

sabato 26 settembre 2015

XXVI DOMENICA T.O. (Anno B)

XXVI DOMENICA T.O. (Anno B)
«Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e gettato nel mare»

È una frase molto dura di Gesù, ma cosa vuole dire?
Il bene lo devono fare tutti, ma ad una condizione: Non scandalizzare i piccoli credenti.

C’è un famoso detto che dice: “Fai quello che il prete dice, non fare quello che il prete fa”. È una frase molto dura, ma vera! Questo succede quando la teoria non viene messa in pratica. Questo avviene in tutte le realtà: dal prete al padre di famiglia, dal politico al lavoratore, dal giovane al vecchio, ecc.

Poi Gesù parla di tre parti del corpo: le mani, i piedi e gli occhi.
È molto interessante perché la carità esige mani che accolgono, piedi che accompagnano e occhi che vedono.
Le mani che giudicano, che picchiano, i piedi che calpestano la dignità e occhi chiusi davanti alla realtà, sono di scandalo e  queste parti del corpo vanno tagliate per evitare di scandalizzare e bruciare nella Geèna.

Cosa fare?
Imparare ad avere sempre le mani tese verso l’altro, anche se non possiamo dare nulla, una stretta di mano non va negata a nessuno;
Imparare a fare qualche passo insieme con l’altro e scambiarsi un breve saluto;
Imparare a guardare il volto degli altri e la realtà che ci circonda.

Dalla frase dura e violenta di Gesù, siamo arrivati a capire che il bene lo si fa con questi piccoli gesti, che sono mani che incontrano, piedi che camminano e occhi che vedono. Il contrario porta allo scandalo! Sta a noi decidere come utilizzare il nostro corpo!


“Signore, molte volte ho dato scandalo! Molte volte ho tenuto le mani in tasca, molte volte ho puntato il dito per giudicare. Spesso ho preferito camminare da solo e spesso ho girato la faccia davanti alla realtà sofferente! Agli occhi del mondo sembrano peccati veniali, ma molto spesso ne sento il senso di colpa, il peso di aver giudicato, di essere stato da solo, di essere stato indifferente alle necessità. Mi affido alla tua infinita misericordia! Si, oh Signore, ho sbagliato, forse capiterà di nuovo ma so che Tu non guardi ai miei errori, ma valuti la forza e il coraggio che utilizzo per rialzarmi dalla caduta. Donami mani che incontrano, piedi che camminano e occhi che vedono. Tutto questo non per mettere in mostra il mio IO, ma per testimoniare che il cristianesimo è soprattutto questo: l’incontro con l’altro. Amen!”

domenica 30 agosto 2015

XXII DOMENICA T.O. (Anno B)

XXII DOMENICA T.O. (Anno B)
«Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi padri?»

Questa frase mi è molto familiare, la citano spesso i “cattolici tradizionalisti”, ma non voglio aprire un dibattito su questa questione (ci sarebbe tanto da discutere su questo argomento).

Il Vangelo di oggi è molto pungente, perché Gesù, nel rimproverare i farisei, ci fa capire che la priorità non sono le norme, i ritualismi, le tradizioni, ma il centro è il cuore dell’uomo. Gesù non sta a vedere come rispettiamo le regole e i precetti, non conta il numero di Rosari recitati, ma va oltre. Gesù vede se il nostro cuore è aperto agli altri e a Dio.
Questa non vuole essere una critica alle tante tradizioni che abbiamo, ma vuole essere un modo per dare un senso a ciò che facciamo. Il Papa ci dice di non affidarsi «al comodo criterio del “si è sempre fatto così”» EG33

Io credo fermamente che le tradizioni sono la carta d’identità di un popolo, ma come tute le carte d’identità, anche le tradizioni vanno “aggiornate”.
Cosa significa? Che alla domanda: “perché fai queste cose?” non si bisogna più rispondere: “si è sempre fatto così!” ma bisognerà rispondere in maniera diversa, cercando di spiegare il vero senso di quella determinata tradizione. Se non ha questo nuovo tipo di risposta, è chiaro che quella “tradizione” va rimossa!
Le tradizioni sono testimonianze. Ecco il vero messaggio di Gesù! Gesù vuole che le nostre tradizioni, le nostre processioni, i nostri Rosari, le nostre devozioni siano “testimonianza” viva dell’amore che proviamo verso di Lui e verso gli altri.


“Signore, aiutami a vivere ciò che prego, dammi il sano discernimento per tenere ciò che è utile per la fede e rimuovere ciò che è di ostacolo alla fede, così come fa il contadino con la vite e i tralci e soprattutto trasforma i miei sentimenti negativi come l’invidia e la superbia in sentimenti di amore e umiltà. E infine perdonami tutte quelle volte che ho pregato per “abitudine”, dimenticando che la preghiera è la forma più alta di dialogo con Te, che sei la via, la verità e la vita. Amen!”

domenica 9 agosto 2015

XIX DOMENICA T.O. (Anno B)

XIX DOMENICA T.O. (Anno B)
«Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca sempre la sua lode»

Il Salmo 33 è uno dei miei preferiti perché ogni volta che lo leggo e lo prego mi fa pensare all'Eucarestia.
L’Eucarestia non è solo il cibarsi del Pane di Vita, ma è ringraziare Dio per i suoi benefici, e il Sal.33 è un vero inno Eucaristico, cioè di ringraziamento.

Questo Salmo si collega molto bene alla pagina del Vangelo di questa domenica, dove il tema centrale è il discorso sul Pane di Vita.
Gesù ancora una volta ci dice che per ottenere la salvezza, bisogna credere in Lui, senza “ragionarci” (mormorare) troppo.
Nel Vangelo, la folla, utilizza in maniera sproporzionata la ragione, si pone tante domande su chi è Gesù, da dove viene, da chi viene, ecc. e ha difficoltà a credere.
Forse il problema è proprio la ragione, o meglio, ragioniamo troppo e chi ragiona troppo, rischia di diventare avaro.
La fede necessita sì della ragione, ma necessità anche della fiducia, cioè fidarsi degli altri, fidarsi di Dio.

Chiediamo al Signore di aiutarci a vivere in maniera semplice ed umile la nostra fede.


“Signore, aiutami a non giudicare, allontana da me la tentazione di essere migliore degli altri. Rendimi una persona capace di amare in maniera semplice ed intelligente e perdonami quando ragiono troppo e non mi fido della tua Provvidenza. Amen!”

domenica 2 agosto 2015

XVIII DOMENICA T.O. (Anno B)

XVIII DOMENICA T.O. (Anno B)
«Quale segno tu compi perché vediamo e crediamo?»

Il Vangelo fa una sintesi della situazione attuale.
Siamo sempre alla ricerca di qualcosa di “eclatante” per la nostra fede, e spesso dimentichiamo che il più grande miracolo avviene ogni giorno durante la celebrazione Eucaristica.
Papa Francesco spesso ci ammonisce dicendo di non seguire i presunti veggenti, presunte apparizioni, presunti miracolismi. Spesso dimentichiamo che Gesù ha detto che ci sono anche “falsi profeti” capaci di fare le sue stesse cose. Il diavolo su queste cose è un maestro!
Poi c’è da dire che i miracoli, le apparizioni, ecc. sono di carattere soggettivo, cioè riguardano solo Dio e la persona “miracolata”, tantoché la Chiesa le definisce “rivelazioni private”.

Vorrei proporvi una similitudine.
La fede è come un grande dipinto fatto dalle mani di Dio. Gesù è l’oggetto del dipinto e i miracoli sono la cornice. Noi molto spesso pensiamo solo alla cornice, dimenticando che il dipinto è opera di Dio. La cornice è solo legno decorato, nel dipinto c’è il vero messaggio dell’artista.
I miracoli e le apparizioni passano, l’Eucarestia resta.

Chiediamo al Signore di vivere la bellezza della nostra fede, di contemplare questa grande opera d’arte che è l’Eucarestia.


“Signore, aiutami a credere sempre più nella forza del Pane Eucaristico, allontana da me la tentazione di metterti alla prova chiedendo segni e miracoli per confermare la mia fede. Amen!”

sabato 25 luglio 2015

XVII DOMENICA T.O. (Anno B)

XVII DOMENICA T.O. (Anno B)
«C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?»

Il contesto in cui si colloca questa frase è molto semplice. Abbiamo una grande folla che ascolta Gesù, ma questa folla inizia ad avere fame e Gesù chiede ai discepoli: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?»
Ci sono due riposte molto interessanti:
1)      Duecento denari di pane non sono sufficienti;
2)      C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci.
La prima risposta va contro ogni speranza: “NON SONO SUFFICIENTI”, la seconda risposta tralascia un senso di speranza: “C’È QUI”.
Gesù agisce dove c’è la speranza!

È la speranza che permette di fare grandi cose.
Chi non spera è un uomo finito, statico, non si aspetta più nulla dalla vita, è negativo e depresso. Chi invece spera è un uomo che vuole vivere perché attende che qualcosa di nuovo, di diverso accade nella sua vita. Il Papa ci invita sempre a non perdere la speranza, a non farci rubare la speranza.

Credo che i “piccoli” vivono di più la speranza.
Chi soffre spera nella guarigione, spera in una vita migliore;
Chi oggi è povero, spera che domani possa mangiare;
Chi oggi è triste, spera che domani torni la gioia;
Chi oggi è solo, spera che domani trovi un amico.

Io credo nella speranza. Ho visto e conosciuto tante persone che hanno trasformato una maledizione in una benedizione.
Ciò che dico l’ho sperimentato anche io. Cinque anni fa non ero ciò che sono ora. Da quando mi sono messo nelle mani di Dio, la mia vita è cambiata!
Quale è il segreto? Fidarsi di Dio, affidarsi a Dio.
Bisogna imparare a riconoscere che da soli non possiamo fare niente.
Anche se quello che noi siamo, che noi abbiamo è poco, dobbiamo offrirlo lo stesso al Signore e agli altri. Questo è un segno di grande speranza e umiltà!


“Signore, Tu conosci le mie potenzialità e i miei limiti, lavoriamo insieme! Aiutami a non perdere mai la speranza di dire: «Eccomi qui! Ci sono!» Sostienimi nel momento della prova, allontana da me l’egoismo e la superbia. Accetta la mia vita per quello che è, e trasformala in un dono prezioso da condividere, non per mia vanità, ma per il Tuo nome glorioso. Amen!”