martedì 22 marzo 2022

IV DOMENICA DI QUARESIMA (Anno C)

IV DOMENICA DI QUARESIMA (Anno C)
"Mi alzeró e andrò da mio padre"

Carissimi amici,
questa domenica ci troviamo davanti una delle parabole più belle e coinvolgenti di Gesù. Noi la banalizziamo guardando solo il lieto fine, senza analizzare tutto il racconto e il contesto nel quale il tutto si svolge.

Sul nostro tema del discernimento, entreremo ancora di più nel dettaglio di questa storia, di questo rapporto tra padre e figli. E lo vedremo nei tre personaggi.

Iniziamo dal padre. Un giorno uno dei due figli, in maniera poco gentile, pretende dal padre la sua parte di eredità. E attenzione, non chiede, un po' di soldi per passare una serata con gli amici, ma l'eredità, cioè considera il padre morto! Il padre, silenziosamente, esaudisce la richiesta. È strano! Ci saremo aspettati un bel ceffone in faccia oppure un secco NO! A noi sembra strano, ma la scelta del padre, non è del tutto sbagliata, e vediamo il perché. Essere papà (mamma) non è affatto semplice e ciò che ci aiuta, è proprio il discernimento. Questo padre ha trovato il giusto equilibrio tra il rigido NO e la scioltezza del SI. Da una parte non ha imposto il suo dominio, dall'altra non ha detto: "Si, tesoro. Hai ragione, tieni e vivi la tua vita!". Noi viviamo in questi due estremi: o siamo troppo rigidi e decidiamo noi per la vita degli altri, oppure incoraggiamo a vivere nel totale disprezzo delle regole della vita stessa. Ma in tutto ciò, qual'è lo scopo del padre? Lasciare che il figlio si scotti da solo, affinché capisca, dal suo errore, che il fuoco non si deve toccare. E questo lo si nota ancora di più, quando il padre non va a cercarlo, ma gli corre incontro solo quando lo vede tornare, perché sa che quel figlio ha capito il suo errore, quel figlio "era morto ed è tornato in vita".

Il figlio minore, anche lui è importante sul tema del discernimento. Inizialmente agisce impulsivamente, non pensa, non ragiona. E il motivo lo dice lui stesso: "Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza". Il troppo benessere, la troppa "protezione" lo hanno tolto dalla realtà della vita. Lui pensa che tutto è dovuto, che tutto si può fare e si deve fare, perché per ogni problema c'è sempre papà (mamma). E quando si è da soli nelle difficoltà? O muori oppure inizi a fare discernimento e pensi che la vita non è quella che ci hanno presentato. E il figlio minore, nell'errore, capisce che ha sbagliato e che è meglio vivere in maniera più tranquilla e dignitosa.

Il figlio maggiore, nella sua gelosia, fa capire come questo padre, inizialmente, non era così attento e riflessivo, non ha fatto capire al figlio maggiore che in casa non aveva bisogno di chiedere, perché in famiglia c'è la condivisione dei beni. Il figlio maggiore aspettava che il padre concedesse tutto.

La sintesi è che, purtroppo, solo nelle batoste della vita, iniziamo a riflettere sulle nostre scelte. Il padre ha dovuto sperimentare la batosta del figlio minore che lo ha considerato morto. Il figlio minore ha dovuto vivere la miseria del suo errore per capire di aver sbagliato. Il figlio maggiore, nella festa del ritorno del fratello, ha compreso che in famiglia non bisogna attendere che ci venga dato qualcosa, come bambini viziati.

Questo racconto ci deve insegnare non solo il valore immenso della misericordia, ma anche come riflettere sulle scelte della nostra vita. Il padre, è vero che ha lasciato sbagliare il figlio, ma non lo ha giustificato, non ha detto: "Eh! Non fa niente. Sono ragazzi!". Fai una scelta, te ne assumi la responsabilità, poi ne parliamo! Questa è la pedagogia del padre misericordioso. E questo deve essere anche il nostro stile di vita.

Non è facile, ma il Signore ci sarà sempre accanto.

Buon cammino!

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