domenica 27 ottobre 2019

XXX DOMENICA T.O. (Anno C)

XXX DOMENICA T.O. (Anno C)
«O Dio, abbi pietà di me peccatore»

Carissimi amici,
tutto il discorso fatto nelle precedenti domeniche, trova un punto di arrivo. Abbiamo visto una serie di caratteristiche: la Misericordia, la giustizia, la preghiera, la fiducia, l’umiltà, ecc. Oggi vediamo un altro aspetto che è l’essenzialità. Si, con il Signore bisogna essere essenziali, chiari, veri. Molto diretta l’immagine che ci da il Vangelo questa domenica. C’è uno che fa uno sproloquio davanti a Dio e un altro che con una sola frase si mette nelle mani di Dio.

Ho detto che oggi è il punto di arrivo, perché se tutto quello che abbiamo appreso in queste settimane, non coincide con questa essenzialità, abbiamo perso tempo. Nella Misericordia e nella giustizia, Dio ci offre ogni giorno una possibilità. Nella relazione personale, Dio si dimostra credibile e affidabile. Quale deve essere il nostro atteggiamento se non quello di metterci soltanto nelle sue mani? Proprio oggi è il mio primo anniversario di presbiterato. Due giorni prima dell’ordinazione, mi sono messo davanti al crocifisso e ho detto: «Signore, non ho più nulla, non resta che mettermi nelle tue mani: eccomi!». In questo anno di presbiterato, davvero ho visto come il Signore mi è stato accanto nei momenti belli, ma soprattutto nei momenti di maggiore tensione (e ci sono stati!). In tutto questo, mi ha aiutato la grande sofferenza che in famiglia abbiamo vissuto lo scorso autunno. L’insegnamento più grande è stato proprio il valore dell’essenzialità. Quando tutte le certezze umane diventano improvvisamente incertezza, non puoi fare altro che alzare le mani e dire: Eccomi!

Quando le persone mi chiedono la preghiera, non credete che mi metta a fare grandi discorsi ripetitivi con il Signore. In maniera molto semplice metto la richiesta nelle sue mani, senza pretendere nulla, e vi posso testimoniare che ho visto più miracoli così e non quando si pretende una grazia!

Allora, mettiamo la nostra intera esistenza nelle sue mani e fidiamoci ciecamente di Lui, perché sappiamo che tutto ciò che fa Dio ha un fine buono, anche se incomprensibile ai nostri occhi, e come dice la canzone nel film di animazione «il principe d’Egitto», vedrai miracoli, se crederai!

“Signore, non ho molte pretese, voglio solo dirti grazie per quello che mi hai dato e mi dai e ti chiedo scusa se non sono riuscito sempre ad accogliere i tuoi doni. Oggi metto nelle Tue mani tutta la mia vita e la vita di coloro che chiedono la mia preghiera. Amen!”


Buon cammino! 

domenica 20 ottobre 2019

XXIX DOMENICA T.O. (Anno C)

XXIX DOMENICA T.O. (Anno C)
«Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?»

Carissimi amici,
continuiamo il nostro percorso sul significato della fede. Finora abbiamo visto la realtà della Misericordia, della preghiera, oggi abbiamo un elemento ulteriore: la giustizia. Il Vangelo ci dice chiaramente che il Signore «farà giustizia prontamente», ma sappiamo ciò che è giusto? Giustizia non è vendetta, ma è rendere giusto chi giusto non è, cioè trasformare il male in bene.

Come nella Misericordia, anche nella giustizia, c’è una relazione tra due parti. C’è chi aiuta a rendere giusto e chi accoglie questo aiuto a cambiare vita. Per capire questo concetto, pensiamo alla nostra giustizia umana. Da una parte c’è chi si impegna a rendere giusto l’ingiusto, attraverso un serio e faticoso cammino, dall’altra parte la volontà di fare questo cammino. Se queste due realtà non stanno insieme, non avremo mai giustizia. Così nella Misericordia! L’indifferenza nelle carceri (da parte di entrambi, Stato e detenuti) non renderà mai giustizia, così come il buonismo non renderà la Misericordia.

Ecco allora il legame con la fede, così come abbiamo visto in queste settimane. Vivere la fede è vivere la vita nella verità, nella legalità, nel rispetto, nella coerenza. Dio ci aiuta a fare un percorso che da ingiusti ci rende giusti, ma io voglio fare seriamente questo cammino? Voglio giustizia?
L’esperienza di fede ha dei risvolti nella vita sociale, perché se vivo seriamente la mia relazione con Dio, la saprò vivere anche con le altre persone. La domanda di Gesù, ci deve far riflettere molto, come a voler dire: «Sei sicuro di voler cambiare vita? Ci hai pensato bene?».

Il buonismo e il relativismo sono un grave limite nel percorso di fede. Allora, mettiamoci in preghiera e chiediamo l’aiuto del Signore per capire come vivere questo percorso «riabilitativo» e vivere una vita nella Misericordia e nella Giustizia.

“Signore, tante volte ho inteso la giustizia come vendetta, ma non è così! Tu stesso hai reso giusta la mia vita, quando di fronte ai miei errori mi hai proposto un cammino e io mi sono fidato di Te. Aiutami a rendere giusti coloro che vivono nell’ingiustizia, perché tutti insieme possiamo raggiungere la verità del Paradiso. Amen!”


Buon cammino.

domenica 13 ottobre 2019

XXVIII DOMENICA T.O. (Anno C)

XXVIII DOMENICA T.O. (Anno C)
«Alzati e và, la tua fede ti ha salvato»

Carissimi amici,
il Vangelo di questa domenica ci aiuta a riflettere su due temi: l’obbedienza e la gratitudine. Due realtà che devono essere necessariamente collegate tra loro. Vediamo come.

Mentre «Gesù attraversa la Samaria e la Galilea, entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: “Gesù, maestro, abbi pietà di noi!”». Come dicevo già due domeniche fa, nella Misericordia non è Dio a fare il primo passo, ma l’uomo. Questi dieci lebbrosi hanno capito che Gesù è la fonte, ma per bere devono avvicinarsi loro, e così fanno. Gesù acconsente la loro richiesta e dice: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». I dieci lebbrosi, obbediscono a Gesù e mentre vanno, vengono purificati.
Domenica scorsa, Gesù ci ha detto questa frase: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe».
L’obbedienza non è semplicemente eseguire alla cieca degli ordini. L’obbedienza chiede credibilità a chi da degli ordini e fiducia a chi li esegue. Una persona vera e credibile mi dice una cosa, io mi fido e obbedisco. I dieci lebbrosi non hanno fermato la prima persona che passava, hanno fermato il “maestro”, hanno riconosciuto in Gesù una persona vera, autentica e credibile ed è bastata una Sua parola per ottenere l’obbedienza.
Se oggi abbiamo una difficoltà verso la virtù dell’obbedienza, è perché siamo noi poco credibili e incoerenti. Sappiamo dare solo ordini, senza fare un sano e giusto discernimento. Cosa ne otteniamo? Solo caos! Non posso pretendere l’obbedienza, se prima io non vivo ciò che chiedo. Come posso imporre alle persone la preghiera, se io non prego? Che fare? Arrendersi? Assolutamente no! Bisogna lavorare sull’autenticità della nostra vita, questa è la vera sfida. Fare delle scelte è sempre faticoso, ma nel tempo porteranno frutti.

Il secondo tema è la gratitudine. «Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo». Ecco cosa fa l’obbedienza quella vera! Porta con se la gratitudine. Quest’uomo si è fidato di Gesù e lo ha ringraziato. Questa è una scena bellissima, come tantissime volte la vediamo in TV. Ma nella realtà?

Ma facciamo un passaggio ulteriore. «Gesù osservò: “Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?” e gli disse: “Alzati e và, la tua fede ti ha salvato!”». L’osservazione di Gesù è ottima, ma anche la sua risposta! Non ha utilizzato il plurale, non ha detto: «la vostra fede vi ha salvato!». Tutti e dieci hanno obbedito, ma solo uno ha vissuto l’obbedienza come una relazione vera ed autentica. Questa è la fede che salva! La fiducia reciproca, l’amore vicendevole. Ecco perché queste due realtà devono sempre essere vissute insieme. Più sono unite tra loro, più l’obbedienza è vera!

Così cresce e vive una comunità!

“Signore, diverse volte ho agito come un dittatore, ma non ho mai ottenuto ciò che desideravo. Quando ho capito che l’obbedienza altrui dipendeva soltanto da me, dalla mia credibilità, ho visto tanti miracoli e tante relazioni crescere. Oggi ti chiedo di benedire queste relazioni e di farmi vivere ogni giorno in questo stile, che è lo stile dell’amore, del rispetto, della fiducia. Amen!”


Buon cammino!

domenica 6 ottobre 2019

XXVII DOMENICA T.O. (Anno C)

XXVII DOMENICA T.O. (Anno C)
«Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe».

Carissimi amici,
questa domenica mi vorrei soffermare su due aspetti molto interessanti. Il primo è in merito alla frase che ho scelto nell’introduzione. Sembra banale o utopica, ma è la verità. La fede non è solo questione di fiducia, ma c’è ben altro. Quando diciamo all’altro: «Fidati di me», che cosa l’altro si aspetta da noi per potersi realmente fidare? La credibilità! Molte volte ci lamentiamo perché Dio non ci fa i miracoli, ma ci chiediamo se nella richiesta siamo stati credibili? Perché Dio dovrebbe ascoltarci? Essere persone credibili e affidabili è la grande sfida, solo così saremo in grado di ottenere miracoli e di farci ubbidire. Questo è fondamentale anche nelle nostre relazioni umane, prima della fiducia, c’è bisogno di verificare la credibilità e la coerenza dell’altro. Dio nei nostri confronti fa la stessa cosa. Ci da delle possibilità, ma Lui resta sempre a capo. Proviamo solo ad immaginare cosa potrebbe accadere se Dio ci desse carta bianca su tutto. Della creazione non rimarrebbe nulla. La grandezza e la bellezza di Dio sta nel fatto che Lui è il maestro, ci affida dei compiti da svolgere, ma non ci lascia soli, ci accompagna passo passo, e se sbagliamo, Lui è pronto a correggerci. Di Dio mi fido proprio perché è credibile, è vero, è coerente e chiede da me la stessa cosa. Non voglio creare allarmismi, ma mi preme ricordare che non c’è solo il Paradiso, ma c’è anche l’Inferno e il Vangelo di domenica scorsa c’è lo ricorda molto bene.

Il secondo aspetto è in merito all’ultimo versetto: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare». È la dimensione della gratuità. Il cristiano non ama per interesse, ma per amore. Ecco perché Gesù ci dice che solo se saremo come i bambini entreremo nel regno dei cieli. I bambini sono semplici, spontanei. Qualche giorno fa abbiamo ricordato la straordinaria figura di san Francesco. Un uomo che ha vissuto la bellezza del Vangelo nella semplicità e autenticità.

Chiediamo al Signore di mettere insieme queste due virtù: coerenza e gratuità, in modo da essere veri discepoli di Gesù e persone autentiche, in grado di costruire una società migliore.

“Signore, tante volte ho sperimentato il tradimento della fiducia e so cosa provi, quando mi allontano da te, ma Tu mi insegni a non rifiutare l’altro, ma di accompagnarlo, di aiutarlo a capire il significato della coerenza e della credibilità. Aiutami, infine, al termine di questo cammino di accompagnamento, a vivere ciò che tu mi hai detto: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare». Amen!”


Buon cammino.