sabato 22 luglio 2017

XVI DOMENICA T.O. (Anno A)

XVI DOMENICA T.O. (Anno A)
«Lasciate che l’una [la zizzania] e l’altro [il grano] crescano insieme fino alla mietitura»

Carissimi amici,
continuano gli insegnamenti di Gesù. Dopo averci detto di essere terreno buono che fa fruttificare la Parola di Dio, oggi ci dà un ulteriore insegnamento.
Essere terreno buono, non significa essere esenti da problemi, e Gesù lo dice chiaramente nel Vangelo di oggi. Nella vita i problemi ci sono stati e ci saranno sempre, come le cose buone, ma Gesù ci lascia un grande messaggio di speranza. Il male non avrà l’ultima parola! La Risurrezione metterà da parte la morte; il grano nel granaio e la zizzania nel fuoco.

Quando c’è qualcuno che dice: «ah, a me va sempre tutto bene, sono la persona più felice del mondo, non mi succederà mai niente», state attenti, non diventate gelosi di queste persone. Oppure nel caso contrario, quando qualcuno dice: «ah, ormai per me non c’è più nulla da fare! Sono inutile su questa terra, non valgo nulla!». Questi due estremi sono pericolosi perché nel primo caso, quando siamo troppo sicuri di noi stessi, ci chiudiamo alla grazia dello Spirito Santo, nel secondo caso ci chiudiamo alla speranza. Gesù invece ci dice che nella nostra vita ci sono momenti buoni e momenti brutti, ma alla fine solo il bene trionferà.

Qualche giorno fa, ho portato l’esempio della rosa, per spiegare come è la vita di ciascuno di noi.
La rosa è bella, profumata, vellutata al tatto, ma ha anche le spine sullo stelo. Più ti avvicini al fiore, più le spine aumentano e sono più piccole e pungenti, ma attenzione, le due cose stanno insieme (come il grano e la zizzania), anzi, dallo stelo pungente, viene fuori il bel fiore, così come dalla Croce è venuta la Risurrezione!

Non dobbiamo aver paura dei momenti di prova, della zizzania, delle spine, che insinuano la nostra vita, ma dobbiamo essere sempre aperti all’azione dello Spirito Santo e sperare che da quello stelo pungente, uscirà una bellissima e profumatissima rosa, che saprà riportare un dolce e soave profumo alla nostra vita.

Chiediamo al Signore di aiutarci a convivere con la zizzania, a non lasciarci sopraffare da essa.

“Signore, tante volte ho chiesto di morire, pur di non peccare più, ma Tu mi hai illuminato e mi hai fatto capire che ciò che chiedevo era puro egoismo, perché, per fare un bene a me, avrei portato dolore ad altri. Per rimuovere la mia zizzania, avrei distrutto delle spighe di grano. Grazie Signore per la Tua continua presenza e grazie perché, nonostante tutto, alla fine il bene trionferà sul male. Signore, guidami e accompagnami sempre. Amen!

Buon Cammino!

domenica 16 luglio 2017

XV DOMENICA T.O. (Anno A)

XV DOMENICA T.O. (Anno A)
«Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno»

Carissimi amici,
il Vangelo di oggi non ha bisogno di essere spiegato, perché è Gesù stesso che lo spiega ai suoi discepoli, è Gesù stesso che fa la catechesi. Quindi, riporto per intero la sua spiegazione della parabola del seminatore.

«Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

Mi soffermo solo su un dettaglio che è importante. Ciò che interessa a Gesù, non è tanto la quantità del raccolto, ma la qualità. Molte volte noi ci affanniamo a fare tante cose e spesso dimentichiamo la motivazione per il quale le facciamo. Gesù ci dice: «Non preoccuparti, pensa solo ad ascoltare la mia Parola e a viverla in semplicità e verità, il resto verrà da sé. A me basta anche il trenta, purché sia fatto con amore». È questa deve essere la nostra speranza che ci permette di ascoltare e vivere la Parola di Dio.

Certo, se possiamo dare cento, non dobbiamo essere pigri. Ognuno da secondo le sue possibilità. Non è un «gioco al ribasso», un invito alla mediocrità, ma vivere la realtà che siamo. È vero che dobbiamo puntare sempre al massimo, ma come dico spesso, non dobbiamo sempre guardare in alto, altrimenti non vediamo cosa abbiamo davanti a noi. Chi guarda sempre in alto, rischia di prendere un «lampione in faccia» oppure di inciampare in qualche buca. Nella vita bisogna guardare dritto e scrutare l’orizzonte che ci circonda. Solo così possiamo fare discernimento e scartare ciò che è male e scegliere ciò che è bene.

Allora, chiediamo al Signore di aiutarci ad ascoltare e vivere la sua Parola.

“Signore, aiutami ad essere terreno fertile, aiutami ad accogliere e far maturare in me la Tua Parola. Aiutami a vivere bene i Tuoi insegnamenti. Certo non posso darti il cento, ma voglio darti il massimo di me stesso. A Te affido la mia vita, il mio cammino. Tu conosci il mio cuore e ciò di cui ho bisogno. E ciò che di bene realizzo, non sia per mia gloria, ma soltanto per la gloria del Tuo nome. Amen!”

Buon cammino!

domenica 9 luglio 2017

XIV DOMENICA T.O (Anno A)

XIV DOMENICA T.O (Anno A)
«Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro».

Carissimi amici,
il Vangelo di questa domenica è di grande consolazione. Gesù ci fa un invito grande e generoso, ci invita ad andare da Lui per trovare il ristoro, il riposo, la tranquillità. 

Siamo nel periodo estivo, nel quale molti di noi, desiderano riposarsi dopo un anno di lavoro o studio. Ma come il corpo e la mente desiderano riposarsi, anche l’anima e lo spirito hanno questo desiderio, ed ecco che l’invito di Gesù è molto appropriato.

Ma cosa significa tutto ciò? In che modo troveremo questo riposo di cui parla Gesù? Per capire questo messaggio, vi racconto un’esperienza che ho fatto in questi giorni. L’esperienza è quella degli esercizi spirituali, ovvero un tempo forte di silenzio, riposo e preghiera. In questo tempo non solo si mette ordine nella vita, ma si fa vera esperienza del ristoro di cui parla Gesù.
Una delle caratteristiche è il silenzio. Fare silenzio significa staccare i contatti con tutto ciò che ci circonda (cellulare, social network, ecc). È nel silenzio che il Signore si manifesta, non nei grandi rumori, nel grande caos (cfr. 1Re 19).  Questo ci permetterà di riposarci anche mentalmente e fisicamente. Molte volte nella Bibbia leggiamo che il Signore si manifesta nel sonno o nei momenti di tranquillità. Un’altra caratteristica è la preghiera, cioè il dialogo aperto con il Signore. Ecco che mettendo insieme queste caratteristiche, possiamo fare vera esperienza del ristoro di Gesù.
L’esperienza degli esercizi spirituali, la consiglio, perché è di grande aiuto!

Poi bisogna fare attenzione ad un altro particolare. Gesù è la giusta alternativa ad una realtà frenetica che stanca ed opprime l’uomo. Prima di questo brano molto consolante, Gesù si lamenta perché le persone non sono mai contente di ciò che hanno. Dice Gesù: «vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto. È venuto Giovanni che non mangia e non beve, e hanno detto: ha un demonio. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: ecco è un mangione e un beone, amico di pubblicani e peccatori». Ecco allora che l’unico modo per uscire da questa realtà «incontentabile», che stanca ed opprime, è andare da Gesù. Come? Con questa «vacanza spirituale».

Il Signore è l’unico che ci accoglie e consola, che perdona i nostri peccati e ci riempie del suo Amore.
Accogliamo questo suo invito, andiamo da Lui a riposarci.

Nel silenzio del nostro cuore, meditiamo il Salmo 23 (Il buon Pastore).

“Signore, Tu sei il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fai riposare, ad acque tranquille mi conduci. Rinfranchi l’anima mia, mi guidi per il giusto cammino a motivo del Tuo nome. Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché Tu sei con me. Il Tuo bastone e vincastro mi danno sicurezza. Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò nella Tua casa, Signore, per lunghi giorni. Amen!”

Buon cammino e riposo nel Signore!




sabato 1 luglio 2017

XIII DOMENICA T.O (Anno A)

XIII DOMENICA T.O. (Anno A)
«chi accoglie…»

Carissimi amici,
quest’oggi il Vangelo, per ben sei volte, ci dice: «accoglie», quindi viene naturale parlare di accoglienza.
Ma partiamo dal significato della parola accoglienza. Ricercando sul dizionario, mi hanno colpito due espressioni: Raccogliere presso di sé; ricevere qualcuno con dimostrazione di affetto. La prima mi fa pensare al buon samaritano, che «raccoglie presso di sé» l’uomo ferito. La seconda mi fa pensare al modo con il quale noi accogliamo in casa nostra un parente, un amico.

Un’altra espressione bella e carica di significato, proviene dal rito del Matrimonio, quando gli sposi si dicono l’un l’altro: «Io [N.] accolgo te [N.] come mio sposo/a». in passato l’espressione era diversa, implicava un possesso: «io prendo te». Accoglienza non è possedere l’altro, ma fare spazio all’altro nella mia vita. Accoglierlo, accettarlo, così come è. Come è difficile quest’ultimo passaggio! Ma il Signore ci dimostra che tutto ciò non è impossibile. Basta pensare al rapporto che noi abbiamo con Lui e viceversa. Con il battesimo, Lui ci ha accolti come suoi figli, ci ama e rispetta la nostra libertà. Il Dio nel quale crediamo, non è un Dio che possiede l’uomo, che lo obbliga a fare tutto quello che lui vuole. Gesù stesso ci dice: «non vi chiamo più servi, ma vi ho chiamato amici». L’amicizia, è un dono bellissimo, che ci permette di vivere l’accoglienza. L’amico vero è quella persona che condivide con me la mia storia, la mia vita. Che mi suggerisce, ma allo stesso tempo mi lascia libero di sbagliare, in modo da farmi capire l’errore e il suggerimento non ascoltato, che è lì pronto a gioire con me e ad asciugare le mie lacrime.

In questi ultimi mesi la parola «accoglienza» è molto utilizzata, soprattutto per quanto riguarda la questione dei migranti. Più volte mi sono chiesto se è l’espressione giusta da utilizzare, soprattutto da certe personalità. L’espressione trova la sua piena realizzazione in quei pochi casi (purtroppo) dove i migranti sono accolti come il buon samaritano si è preso cura dell’uomo ferito. Ma nella maggior parte dei casi, in nome dell’accoglienza, trattiamo i migranti come merce, come fonte di guadagno. Ci sono tantissime società e cooperative che dicono di accogliere, ma in realtà tengono queste povere persone nei pseudo centri di accoglienza come merce depositata. Accogliere non è solo dare un tetto e un pasto, ma garantire che non manchi nulla. Vedere tante di queste persone, ospiti dei centri di accoglienza, elemosinare davanti ai negozi e per strada, non è una bella testimonianza di accoglienza!
Accogliere non è nemmeno incentivare la traversata in mare di migliaia di persone (per fare arricchire scafisti, politici e associazioni malavitose). Accogliere è anche aiutare a ridare dignità ad una terra piena di risorse e bellezza come l’Africa e il Medio Oriente. Perdonate questo passaggio sulla questione dei migranti, ma mi preme dire che la realtà non è così bella come ci viene presentata, che l’unica soluzione non è dire: «venite tutti qua!», illudendo tante povere persone che lasciando la loro terra, credono di trovare il benessere e la pace.

La sintesi di tutto è questa: chi accoglie, accoglie Gesù! Ecco allora che se facciamo nostra quest’espressione, il nostro modo di accogliere sarà migliore! L’accoglienza non guarda alla quantità, ma alla qualità.

“Signore, aiutami ad accogliere l’altro nella mia vita. Aiutami a capire che l’altro non è uno strumento da utilizzare a mio piacimento, ma una persona che ha una sua dignità e libertà, e soprattutto perché ognuno di noi proviene da te che sei la fonte della vita. Amen!”

Buon cammino.