IV
DOMENICA DI PASQUA (Anno C)
«Io
sono il buon pastore, dice il Signore, conosco le mie pecore e le mie pecore
conoscono me».
Carissimi
amici,
oggi
la liturgia ci invita a riflettere su due dimensioni della nostra vita, o
meglio un’unica dimensione vista da due prospettive diverse.
La
prima prospettiva è quella delle pecore. Le pecore hanno alcune caratteristiche
che riguardano anche noi. Innanzitutto le pecore non vanno mai da sole, stanno
sempre insieme. Sappiamo che gli animali agiscono per istinto, ma per noi,
questa caratteristica può essere molto importante. Il fatto di stare insieme ha
tanti significati: unità, forza, fiducia, coraggio, solidarietà. Penso a tante
volte che incontro un gregge sulla carreggiata. Per gli automobilisti è un
«dramma». Sono costretti a fermarsi davanti ad un gregge, anche un camion del
«trasporto eccezionale». Già questo ci insegna che essere uniti è una grande
forza. Il male lo si può affrontare e vincere solo in gruppo. Nessuna pecora
abbandona le altre davanti al pericolo. (Il mondo degli animali lo insegna
molto bene questo aspetto!) Noi molto spesso davanti le difficoltà ci tiriamo
indietro.
La
seconda prospettiva è quella del pastore. Il pastore essenzialmente ha due
compiti: condurre il gregge al pascolo e assicurarsi che il gregge non si
disperda e ritorni sano e salvo all’ovile. Ma per fare questo c’è bisogno che
il pastore conosca il suo gregge, deve sapere di cosa ha bisogno il suo gregge
e deve dedicare tutta la sua esistenza al proprio gregge. Se un pastore è
capace di questo, il gregge si fida e lo segue.
Ognuno
di noi è chiamato ad essere pecora e pastore. Nessuno può considerarsi padre o
madre se non è stato prima figlio. Così in tutte le realtà della vita. È la
cosiddetta «gavetta».
Ma
tutto questo ragionamento a cosa serve? Serve a capire che per essere un buon
pastore, dobbiamo essere prima come le pecore. Così ha fatto anche Dio. Per
salvare gli uomini si è fatto uomo.
Solo
mettendo insieme le due prospettive (pecore e pastore), può venire fuori un
autentico cammino di fede che coinvolge tutta la comunità, tutto il gregge di
Dio. Mai dire out.. out, ma dire
sempre et.. et. Come dice Sant’Agostino:
«Sono cristiano CON voi e vescovo PER voi».
Oggi
è anche la giornata dedicata alle vocazioni, e la Chiesa ci invita a pregare
per le vocazioni sacerdotali.. Pregare per le vocazioni significa pregare per
le famiglie, perché è nel nucleo familiare che Dio sceglie i suoi ministri. La
famiglia è molto importante per la vita di un seminarista, di un sacerdote.
Scrive Papa Francesco in Amoris Laetita: «perciò
è importante che le famiglie accompagnino tutto il processo del seminario e del
sacerdozio, poiché aiutano a fortificarlo in modo realistico. In tal senso è
salutare la combinazione di tempi di vita in seminario con altri di vita in
parrocchia, che permettano di prendere maggior contatto con la realtà concreta
delle famiglie. Infatti, lungo tutta la sua vita pastorale il sacerdote si
incontra soprattutto con famiglie». (AL 203)
“Signore, aiutami ad
essere come le pecore, capace di vivere le gioie e i dolori del gregge. Aiutami
ad essere un buon pastore, capace di guidare il gregge per il giusto cammino e
condurlo a Te che sei la salvezza di tutti. Amen!
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