sabato 25 maggio 2019

VI DOMENICA DI PASQUA (Anno C)

VI DOMENICA DI PASQUA (Anno C)
«Vi lascio la pace,  vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi».

Carissimi amici,
Gesù continua il suo discorso sull'Amore. Il tono si fa sempre più "drammatico", Gesù vede che il volto dei suoi discepoli diventa triste. Forse iniziano a capire che sta per succedere qualcosa di grande e spiacevole.

Ma se da una parte si percepisce la pesantezza del momento, dall'altra ci sono le parole di speranza di Gesù.
Innanzitutto c'è la certezza del dono dello Spirito Santo, che illumina la mente e infiamma i cuori. Poi c'è la frase molto particolare della pace.

La pace che da il mondo, è frutto di un compromesso per non fare guerra, dove vengono poste delle condizioni, spesso proibitive per le persone. Un filo tagliente che, se violato, porta alla guerra.
La pace di Gesù, invece, è frutto della speranza, dell'Amore. Non a caso, le prime parole del Risorto ai discepoli sono: «Pace a voi!». In un momento così difficile per i discepoli, quel saluto riporta la speranza, riaccende l'Amore che si era affievolito.

Oggi Gesù ci chiede di essere "operatori di pace", cioè persone capaci di dare speranza, di dare Amore, con i gesti più semplici e belli: un sorriso, una stretta di mano, un abbraccio, asciugare una lacrima, donare una parola di speranza, di conforto.

Questa è la pace che dona Gesù, questa è la pace che siamo chiamati a vivere. Solo così saremo in grado di vivere il comandamento dell'Amore.

"Signore, aiutami ad essere un operatore di pace. Aiutami a dare speranza a coloro che l'hanno persa. Grazie perché Tu sei l'unica mia speranza, colui che mi abbraccia e asciuga le mie lacrime. Amen!"

Buon cammino!

domenica 19 maggio 2019

V DOMENICA DI PASQUA (Anno C)

V DOMENICA DI PASQUA (Anno C)
«Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Carissimi amici,
ci avviciniamo sempre più alla solennità dell’Ascensione del Signore, e lo capiamo dalle parole di Gesù, quando dice: «figlioli, ancora per poco sono con voi». Gesù, maestro e pastore, ci da le ultime indicazioni, prima di inviarci ad annunciare e vivere il suo amore.
Per capire questo momento, due sono le immagini che mi sono venute in mente: gli ultimi giorni di scuola, quando gli insegnati danno le ultime direttive prima delle vacanze; e i genitori che fanno le ultime raccomandazioni ai figli che sono in partenza con la famosa frase: «Mi raccomando!».

Il centro di tutto il discorso di Gesù, è l’Amore. Non un amore fatto di parole e buoni propositi, ma un Amore vero, concreto, pronto a tutto, anche a morire. E di esempi ne abbiamo tanti, di persone che hanno amato e che amano con tutta l loro vita.
Visitando le famiglie, vedo tante realtà belle di Amore vero. Dalla coppia di anziani che nella malattia si sostengono reciprocamente, a genitori che sacrificano le proprie necessità per sostenere il futuro dei figli.

Tutti noi siamo chiamati ad amare. Come? Con le cose più semplici e spontanee. È nella quotidianità che si vive l’Amore vero e profondo. È nello stare insieme, nel condividere le gioie e i dolori, fatiche e speranze, nel sostenersi reciprocamente. Questo è l’Amore che ci chiede Gesù: «Ogni volta che avete fatto una di queste cose ad uno dei miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me».

Chiediamo la grazia al Signore di vivere quest’Amore vicendevole, in modo da abbattere il muro di orgoglio che ci divide.

Signore, non sempre riesco ad essere tuo discepolo. Aiutami ad amare le persone che ogni giorno mi metti accanto. Amen!”


Buon cammino! 

sabato 11 maggio 2019

IV DOMENICA DI PASQUA (Anno C)

IV DOMENICA DI PASQUA (Anno C)
«Io sono il buon pastore, dice il Signore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me».

Carissimi amici,
oggi la liturgia ci invita a riflettere su due dimensioni della nostra vita, o meglio un’unica dimensione vista da due prospettive diverse.

La prima prospettiva è quella delle pecore. Le pecore hanno alcune caratteristiche che riguardano anche noi. Innanzitutto le pecore non vanno mai da sole, stanno sempre insieme. Sappiamo che gli animali agiscono per istinto, ma per noi, questa caratteristica può essere molto importante. Il fatto di stare insieme ha tanti significati: unità, forza, fiducia, coraggio, solidarietà. Penso a tante volte che incontro un gregge sulla carreggiata. Per gli automobilisti è un «dramma». Sono costretti a fermarsi davanti ad un gregge, anche un camion del «trasporto eccezionale». Già questo ci insegna che essere uniti è una grande forza. Il male lo si può affrontare e vincere solo in gruppo. Nessuna pecora abbandona le altre davanti al pericolo. (Il mondo degli animali lo insegna molto bene questo aspetto!) Noi molto spesso davanti le difficoltà ci tiriamo indietro.

La seconda prospettiva è quella del pastore. Il pastore essenzialmente ha due compiti: condurre il gregge al pascolo e assicurarsi che il gregge non si disperda e ritorni sano e salvo all’ovile. Ma per fare questo c’è bisogno che il pastore conosca il suo gregge, deve sapere di cosa ha bisogno il suo gregge e deve dedicare tutta la sua esistenza al proprio gregge. Se un pastore è capace di questo, il gregge si fida e lo segue.

Ognuno di noi è chiamato ad essere pecora e pastore. Nessuno può considerarsi padre o madre se non è stato prima figlio. Così in tutte le realtà della vita. È la cosiddetta «gavetta».
Ma tutto questo ragionamento a cosa serve? Serve a capire che per essere un buon pastore, dobbiamo essere prima come le pecore. Così ha fatto anche Dio. Per salvare gli uomini si è fatto uomo.

Solo mettendo insieme le due prospettive (pecore e pastore), può venire fuori un autentico cammino di fede che coinvolge tutta la comunità, tutto il gregge di Dio. Mai dire out.. out, ma dire sempre et.. et. Come dice Sant’Agostino: «Sono cristiano CON voi e vescovo PER voi».

Oggi è anche la giornata dedicata alle vocazioni, e la Chiesa ci invita a pregare per le vocazioni sacerdotali.. Pregare per le vocazioni significa pregare per le famiglie, perché è nel nucleo familiare che Dio sceglie i suoi ministri. La famiglia è molto importante per la vita di un seminarista, di un sacerdote. Scrive Papa Francesco in Amoris Laetita: «perciò è importante che le famiglie accompagnino tutto il processo del seminario e del sacerdozio, poiché aiutano a fortificarlo in modo realistico. In tal senso è salutare la combinazione di tempi di vita in seminario con altri di vita in parrocchia, che permettano di prendere maggior contatto con la realtà concreta delle famiglie. Infatti, lungo tutta la sua vita pastorale il sacerdote si incontra soprattutto con famiglie». (AL 203)


“Signore, aiutami ad essere come le pecore, capace di vivere le gioie e i dolori del gregge. Aiutami ad essere un buon pastore, capace di guidare il gregge per il giusto cammino e condurlo a Te che sei la salvezza di tutti. Amen!

sabato 4 maggio 2019

III DOMENICA DI PASQUA (Anno C)

III DOMENICA DI PASQUA (Anno C)
«Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?».

Carissimi amici,
il Vangelo di questa domenica è di una tenerezza infinita e davvero ci fa capire cos’è la Misericordia di Dio. Il dialogo tra Pietro e Gesù ci dimostra come Dio, non solo ci perdona, ma si fa nostro compagno di cammino.

Prima di questo dialogo, Giovanni ci racconta un’altra scena molto significativa. Pietro, ancora con il cuore ferito e deluso, torna al suo vecchio lavoro. Pensa che essere pescatore di pesci è meglio che essere pescatore di uomini! In tutto ciò Pietro non è solo, altri sei discepoli lo seguono. Ad un certo punto, Gesù si manifesta, Giovanni lo riconosce e Pietro si butta immediatamente in acqua e lo raggiunge. Gesù vede che Pietro è pentito di ciò che ha fatto nel cortile del sinedrio, quella notte del suo arresto! Pietro ha capito di aver sbagliato e si butta tra le braccia del suo Signore.

Dopo questo incontro così bello, inizia un dialogo tra i due. Gesù chiede a Pietro se lo ama, Pietro risponde a Gesù che gli vuole bene. Di nuovo Gesù fa la stessa domanda, e Pietro di nuovo gli dice che gli vuole bene. La terza volta Gesù chiede a Pietro se gli vuole bene, e Pietro, un po’ triste per questa insistenza da parte di Gesù, gli dice: «Signore, Tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Nel Vangelo di Giovanni, solitamente Pietro è descritto come una persona impulsiva, che parla nel momento sbagliato, che commette diverse gaffes, ecc. Questa volta è stato molto più saggio e veritiero di Gesù. Dopo l’esperienza della Passione, Pietro ha capito che lui è una creatura umana e che ha bisogno di Gesù. Ecco perché si limita a dirgli che gli vuole semplicemente bene. Non solo! Alla terza domanda specifica il motivo di questo tipo di sentimento.

Però è significativo anche il discorso di Gesù. Gesù capisce che Pietro, in quel momento, non è ancora in grado di amarlo in una maniera profonda e si “accontenta” di ciò che Pietro è in grado di dargli.

Due attualizzazioni. La prima è che nella vita, non serve identificarsi come supereroi, pieni di orgoglio e superbia. Siamo esseri umani! La seconda è che siccome siamo esseri umani, dobbiamo imparare ad accettare ciò che gli altri sono, senza pretendere quello che non sono in grado di dare. Gesù non umilia Pietro, Gesù si affianca a Pietro!

Oggi Gesù ci chiede se gli vogliamo bene, se lo vogliamo accogliere nella nostra vita, se può essere nostro compagno di cammino. Se la nostra risposta è SI, allora Gesù ci prenderà per mano e ci dirà: «Seguimi!».


“Signore, ogni giorno ti tradisco! Ma ogni giorno Tu mi chiedi se ti voglio bene. Certo, Signore, che ti voglio bene. Mi hai dato la vita, mi hai messo accanto tante persone meravigliose, mi hai chiamato a realizzare un progetto con Te, come posso dirti che non ti voglio bene! Signore, aiutami a crescere nell’amore, affinché un giorno possa dire anch’io: TI AMO! Amen.”

Buon cammino!