sabato 30 marzo 2019

IV DOMENICA DI QUARESIMA (Anno C)

IV DOMENICA DI QUARESIMA (Anno C)
«si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: “Costui accoglie i peccatori e mangia con loro”».

Carissimi amici,
il testo che ho scelto è la cornice della parabola del Padre misericordioso. La novità di Gesù è quella di non escludere nessuno, nemmeno il più criminale, infatti sarà proprio un criminale ad inaugurare il Paradiso (cfr. Lc 23,39-43). Spesso penso: «quale sarà la reazione delle vittime di mafia, se in Paradiso incontrassero i boss mafiosi?». È una domanda davvero difficile da rispondere!

Notiamo un particolare interessante, che da il senso a tutto il Vangelo. «si avvicinarono a Gesù». Qui non è Gesù che prende l’iniziativa, ma i peccatori! Sono loro che vanno verso Gesù.
Anche nella parabola troviamo qualcosa di simile. «si alzò e tornò da suo Padre». anche qui l’iniziativa è presa dalla parte “errante”.
Ecco, qui possiamo abbozzare una risposta alle domande che ci vengono sulla Misericordia di Dio. Dio vive ogni giorno, ogni momento di Misericordia. Prendendo l’esempio della Parabola, a casa di Dio ogni giorno è festa, Lui non chiude la porta della sua casa, aspetta che noi andiamo a festeggiare con Lui. Più gente c’è e più la festa è grande. Però Dio rispetta anche la nostra libertà. Ci ha mandato l’invito per questa festa, ma non ci obbliga ad andare.
Se io decido di andare a questa festa, non devo fare brutta figura, devo cambiare abbigliamento! Devo togliere i vestiti macchiati di peccato e indossare i vestiti puliti della festa, così come ci dice il Vangelo: «presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi». Ed ecco il grande dono del Sacramento della Riconciliazione.

Nel Vangelo di Luca ci sono altre situazioni in cui il primo passo non è di Gesù. (cfr. Lc 19,2-5). Nel racconto della crocifissione di Gesù nel testo di Luca, ci sono due ladroni crocifissi insieme a Gesù, ma solo ad uno Gesù promette il Paradiso.

È come la famosa barzelletta della schedina del “gratta e vinci” :«San Gennaro, fammi vincere. San Gennaro, fammi vincere». Ma se la schedina non  la giochiamo, non vinceremo mai! Così anche per la Misericordia di Dio. Se non andiamo verso Gesù, la Misericordia non arriverà mai!

E allora rialziamoci, prepariamoci e corriamo alla festa della casa di Dio. Lui è li che ci aspetta a braccia aperte!


“Signore Gesù, quando è difficile perdonare o accogliere una richiesta di perdono! Il mio problema non è chiedere scusa, ma accogliere chi mi chiede perdono. Perché quando qualcuno mi chiede perdono, i miei progetti di vendetta vanno in crisi e non riesco ad accogliere. Aiutami Signore ad essere sempre più accogliente e aiutami a diffondere e testimoniare la tua Misericordia, affinché anche altri  possano avvicinarsi a Te. Amen!

sabato 23 marzo 2019

III DOMENICA DI QUARESIMA (Anno C)


III DOMENICA DI QUARESIMA (Anno C)
«Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime».

Carissimi amici,
in questa III domenica di Quaresima, il Signore ci da una nuova opportunità. Ha il diritto è il potere di tagliarci fuori dal mondo, ma non lo fa. Ci concede ancora una nuova stagione, un nuovo periodo per mettere a frutto tutte le nostre capacità. Molto espressivo è anche il salmo responsoriale che dice: «Egli perdona tutte le tua colpe, guarisce tutte le tue infermità, salva dalla fossa la tua vita, ti circonda di bontà e misericordia» (Sal. 102). Il compito del concime è quello di curare, rinforzare la pianta, e il concime che il contadino mette alla pianta è il Sacramento della Riconciliazione, che il Signore ha affidato alla sua Chiesa. La grazia che il Signore ci da in questo momento è maggiore, perché stiamo vivendo un  tempo per assorbire questo concime, questa medicina e di crescere per poi portare frutto.

Un secondo aspetto che viene fuori da questa pagina del Vangelo è la fiducia. Il padrone si fida del contadino, lo lascia lavorare anche se sa che forse il suo lavoro sarà inutile. Ma nonostante ciò, lo lascia lavorare. Penso al sacrificio della Croce. Gesù non si rifiuta di salire sulla Croce, il diavolo cerca di dissuaderlo nell'orto degli ulivi dicendogli: «lascia perdere, nessuno ti seguirà! Hai un grande potere in mano, sradica i malvagi così rimarranno solo i giusti!». Ma Gesù si fida del progetto del Padre, Gesù si fida di noi piante, un po’ appassite, perché spera che il suo sangue sparso, possa essere assorbito come linfa vitale.

E allora da questi due aspetti viene fuori che alla base c’è la fiducia e la fedeltà di Dio. Questa fiducia permette a Dio di fare ogni cosa per salvarci, e lo ha fatto! Però anche noi abbiamo un compito importante. Noi non siamo solo la pianta che necessita di cura e protezione, ma siamo anche il contadino. Questo significa che anche noi abbiamo la responsabilità di curare e aiutare le persone che hanno smesso di portare frutto, penso alle persone anziane malate e sole, penso ai carcerati, agli sfiduciati.

Questo è quello che Gesù dice ai discepoli dopo la lavanda dei piedi: «vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi» (Gv 13,15).

Chiediamo al Signore l’aiuto e i mezzi necessari per poter essere dei buoni contadini nella sua vigna, ma soprattutto chiediamo al Signore di irrigarci sempre con la sua Misericordia, per non perdere mai la vitalità.

“Signore, mi sento come una pianta quando il vento burrascoso del male ha  portato via  le foglie e i frutti Aiutami a far germogliare in me il desiderio e la forza si seguirti sempre, anche sul cammino della Croce. Comprendo che è difficile e che l’inverno è lungo, ma sono certo che un giorno sarà primavera,un giorno sarà Pasqua anche per me! Si, mio Signore, credo fermamente che anche se il mio cielo è nuvoloso, burrascoso, oltre quelle nuvole il sole c’è ed il cielo è sempre più blu. Amen!

Buon cammino!

domenica 17 marzo 2019

II DOMENICA DI QUARESIMA (Anno C)

II DOMENICA DI QUARESIMA (Anno C)
«Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo».

Carissimi amici,
in questa II domenica di Quaresima, ci troviamo a meditare la trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor.
Per Pietro, Giacomo e Giovanni è un’esperienza sconvolgente, tanto da toglierli addirittura la parola: «essi tacquero e […] non riferirono a nessuno ciò che avevano visto».
Ma cosa avevano visto? Che esperienza hanno fatto questi tre Apostoli?
Ad una lettura veloce del Vangelo possiamo dire che hanno avuto un’esperienza mistica, così elevata da vedere Mosé ed Elia vicino a Gesù.
Ma qual è il messaggio per noi?
Parto da due verbi: salire e pregare.
1)      SALIRE: «Gesù prese con se Pietro, Giacomo e Giovanni e salì sul monte».
Gesù e alcuni Apostoli compiono un cammino, un movimento, che non è in piano, ma in salita. La salita comporta un maggiore sforzo fisico, una lotta tra la volontà e il desiderio di raggiungere qualcosa e la stanchezza che invece spinge a fermarsi;
2)      PREGARE «Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto».
Sappiamo che la preghiera è un dialogo con Dio, che per un attimo coinvolge tutto il nostro essere. Come quando apriamo un dialogo profondo con una persona che amiamo. In quel momento tutto il resto scompare, rimane solo l’IO e il TU. Come degli innamorati, che nel momento più intimo e profondo del loro stare insieme, non vedono altro che la persona amata. Non a caso diciamo che l’amore è cieco! Non ti fa vedere più nulla.

Vi confido che molto spesso, la preghiera fatta in “pianura” non mi porta a nulla. Un rito formale, vuoto. Ma la preghiera fatta in “salita” mi ha davvero portato ad incontrare per un attimo Dio. (parlo di attimo, perché l’incontro duraturo spero di averlo in Paradiso).
È dopo una forte esperienza di fatica, di dolore interiore, che si sente viva la presenza di Dio. Ma perché questo? Perché nella salita ci liberiamo da tanti pesi che non ci permettono di incontrare Dio. Quando qualche volta sono salito in montagna, sono partito con il giaccone, ma sono arrivato su senza. La salita, come dicevo, comporta fatica, quindi anche sudore, e gli abiti pesanti che abbiamo addosso, ci danno fastidio, rallentano il cammino, siamo costretti a toglierli. Stessa cosa nella preghiera. In partenza abbiamo tutte le nostre sicurezze, le nostre “liste di desideri” da portare a Dio, se non le togliamo, difficilmente permettiamo al nostro cuore di raggiungere Dio.

Arrivati sul “monte”, dopo la grande fatica, siamo davvero pronti per metterci in contatto con Dio, ed è in quel momento che Dio ci dice qualcosa, ci da qualche suggerimento su come affrontare alcune realtà della nostra vita.

Attenzione ad un particolare, che poi da anche tutto il senso al messaggio. Dio non è lassù in vetta, Dio scala la montagna insieme a noi. Sulla montagna si rivela, ma nel cammino ci accompagna: «Gesù prese con se [N. N.] e salì sul monte».

Signore, riconosco di volere sempre la strada più comoda ed agevole, di aggirare gli ostacoli e le difficoltà senza affrontarle. Aiutami ed accompagnami in questo cammino in modo da sentire di meno la fatica della salita. Amen!


Buon cammino!

sabato 9 marzo 2019

I DOMENICA DI QUARESIMA (Anno C)

I DOMENICA DI QUARESIMA (Anno C)
«Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da Lui fino al momento fissato».

Carissimi amici,
il tempo della Quaresima è un tempo in cui la nostra vita viene messa in agitazione, in discussione. Tutto ciò non è negativo, ma positivo. Pensiamo all’acqua! Quando essa è ferma, stagnante, dopo un po’ inizia a puzzare, non è più buona. Ma quando viene messa in movimento e segue un certo percorso, essa diventa limpida e pura da poter essere bevuta.
Certo può sembrare semplice, ma in realtà non lo è, perché qui non è in gioco l’acqua, ma la nostra vita, i nostri sentimenti. È un lavoro impegnativo, costante, che a volte costa delle lacrime, ma è necessario per poter dare un orientamento migliore alla nostra vita.

Il Vangelo di oggi ci parla di tre tentazioni subite da Gesù, ma mi vorrei soffermare sul testo finale del Vangelo che ho scelto come sottotitolo.

Sembra che il diavolo ha perso la partita con Gesù, ed è così! Ma il diavolo ha chiesto un “re-match”, la partita di ritorno. Questa partita si svolge sulla Croce: «Se sei il Figlio di Dio, scendi dalla Croce e ti crederemo». Anche in questa partita, il  diavolo non ha la meglio.
In breve, Gesù ci ha insegnato che le tentazioni si possono vincere sempre, anche ad un passo dalla morte! Questo è un grande segno di speranza, perché il male non avrà mai e poi mai l’ultima parola su di noi. È vero, il diavolo è potente, ma senza il nostro consenso può fare poco e niente.

Ma la mia riflessione vuole essere un’altra. Le tentazioni non sono solo dei momenti che passano, ma sono abbastanza costanti, per fortuna! Infatti, se leggiamo i Vangeli, tutte le domande poste a Gesù sono delle tentazioni: «[i farisei] dicevano così per metterlo alla prova».
Esse ci permettono di riflettere, di far funzionare il nostro cervello, di dire: «lo faccio o non lo faccio? Se scelgo di farlo, quasi sono le conseguenze della mia scelta?».
Quando ero studente al ragioneria, ricordo che per far funzionare bene un applicazione, si dovevano fare diversi cicli di prova (if, else, until), cioè fare tanti tentativi, affinché  l’applicazione funzionasse correttamente.
Certo, questo procedimento non lo possiamo fare su ogni cosa, altrimenti diventiamo pazzi e eterni indecisi, ma su questioni importanti della nostra vita, è bene fare questi “cicli di prova”.
Ovviamente non siamo computer e quindi siamo soggetti agli imprevisti, ma il Signore ci ha fatto il grande dono del Sacramento della Riconciliazione. Cioè un Sacramento che ci permette di ricollegare il wi-fi con Dio.

Gesù in questa domenica ci viene a dire: «Coraggio, non aver paura! Apri la tua mente, rifletti! Non arrenderti subito, riprova!»  

Chiediamo al Signore la virtù della pazienza e della prudenza.


“Signore Gesù, grazie per il messaggio di speranza che oggi mi hai donato. Perdonami, se puoi, tutte le volte che ho acconsentito alle tentazioni del diavolo. Aiutami ad essere più paziente con me stesso e con gli altri, aiutami a frenare la mia impulsività nel prendere qualsiasi decisione, per il mio bene e quello delle persone che mi sono accanto. Amen!”

Buon cammino!

sabato 2 marzo 2019

VIII DOMENICA T.O. (Anno C)

VIII DOMENICA T.O. (Anno C)
«Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto»

Carissimi amici,
continuiamo il nostro percorso con il Vangelo di Luca, sul discorso dell’amore fraterno, della Misericordia. Domenica scorsa, Gesù ci ha detto che in base a come trattiamo gli altri, saremo trattati anche noi. Oggi approfondisce questo discorso facendo alcuni esempi.

Uno degli esempi di Gesù, è la famosissima questione della pagliuzza e della trave. Nel corso dei secoli, questo esempio lo abbiamo trasformato in un’arma di difesa personale. Basta che una persona ci vuole correggere un errore, subito parte l’autodifesa: «Pensa a te stesso, alla trave che hai nel tuo occhio!». Oppure quando qualcuno ci prende in giro perché veniamo in Chiesa: «Eccoli la! Prima vanno in Chiesa a battersi il petto, poi fanno altro!» o al contrario: «Eccoli la! Giudicano me che vado a Messa e loro buttati sempre davanti al bar o in piazza a bestemmiare!» Non è questo il fine dell’esempio di Gesù! Il vero significato lo troviamo sull’esempio dell’albero e dei frutti.

Gesù dice: «Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto». Chi è l’albero? Chi sono i frutti? L’albero siamo noi, i frutti sono ciò che noi diamo agli altri. Un albero buono, da frutti buoni. Un albero cattivo, da frutti cattivi. Attenzione ad un particolare! Nella favola di biancaneve, la strega porge un frutto buono all’apparenza, ma avvelenato dentro. (Cfr. Gen 3). Quindi bisogna sempre fare discernimento, cioè osservare bene che tipo di albero ho davanti!

Tornando all’esempio della trave e della pagliuzza, possiamo dire che l’esperienza di fede e di vita è una realtà personale. È il mio rapporto con Dio e gli altri la priorità, non il rapporto degli altri con Dio e il resto della comunità. Tante volte ho detto che bisogna essere «egoisti», cioè pensare prima di tutto a se stessi, coltivare bene il proprio albero, in modo che gli altri possano attingere ai nostri frutti. La fede non si impone, ma si propone! Non posso avere la presunzione di andare a coltivare gli alberi degli altri, se non coltivo prima il mio. Se curo bene il mio albero, sarò di esempio all’altro, che, a sua volta, imiterà il mio stile di vita.

Ecco, allora, che se ognuno di noi curasse il proprio albero, saremo capaci di costruire un bel giardino, così come lo creò Dio nel racconto del libro della Genesi, e tornado al Vangelo di domenica scorsa, non avremo più nemici.

Chiediamo al Signore di aiutarci a coltivare bene la nostra fede e la nostra vita.

“Signore, tante volte mi sono preoccupato della vita degli altri, senza curare la mia, rischiando di far morire la mia fede. Grazie per avermi detto che per curare la fede degli altri, c’è bisogno che il mio frutto sia buono, sano. Aiutami, dammi gli strumenti necessari per coltivare la mia fede e fare della mia vita un frutto buono per alimentare anche la fede degli altri. Amen!”


Buon cammino!