sabato 29 settembre 2018

XXVI DOMENICA T.O. (Anno B)

XXVI DOMENICA T.O. (Anno B)
«Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e gettato nel mare»

Carissimi amici,
È una frase molto dura di Gesù, ma cosa vuole dire? Il bene lo devono fare tutti, ma ad una condizione: Non scandalizzare i piccoli credenti. C’è un famoso detto che dice: “Fai quello che il prete dice, non fare quello che il prete fa”. È una frase molto dura, ma vera! Questo succede quando la teoria non viene messa in pratica. Questo avviene in tutte le realtà: dal prete al padre di famiglia, dal politico al lavoratore, dal giovane al vecchio, ecc. In altri termini, la coerenza tra ciò che diciamo e ciò che viviamo. Gesù ci chiede di essere autentici e veri.

Poi Gesù parla di tre parti del corpo: le mani, i piedi e gli occhi.
È molto interessante perché la carità esige mani che accolgono, piedi che accompagnano e occhi che vedono. Le mani che giudicano, che picchiano, i piedi che calpestano la dignità e occhi chiusi davanti alle necessità della vita, sono di scandalo e  queste parti del corpo vanno tagliate per evitare di scandalizzare e «bruciare nella Geèna».

Ovviamente nasce la domanda su cosa fare. Imparare ad avere sempre le mani tese verso l’altro, anche se non possiamo dare nulla, una stretta di mano non va negata a nessuno. Imparare a fare qualche passo insieme con l’altro e scambiarsi un breve saluto. Imparare a guardare il volto degli altri e la realtà che ci circonda.

Dalla frase dura e violenta di Gesù, siamo arrivati a capire che il bene lo si fa con questi piccoli gesti, che sono mani che incontrano, piedi che camminano e occhi che vedono. Il contrario porta allo scandalo! Sta a noi decidere come utilizzare il nostro corpo!

Ricordiamoci che Gesù non ci chiede chissà quali grandi cose da fare, superiori alle nostre forze. Ci chiede di compiere piccoli gesti di carità e di essere fedeli e coerenti a questi gesti, nulla di più. E poi non dimentichiamo che se la stanchezza e la debolezza umana ci portano a cedere, Lui è sempre pronto a rigenerarci con la sua Misericordia.


“Signore, molte volte ho dato scandalo! Molte volte ho tenuto le mani in tasca, molte volte ho puntato il dito per giudicare. Spesso ho preferito camminare da solo e spesso ho girato la faccia davanti alla realtà sofferente! Agli occhi del mondo sembrano peccati veniali, ma molto spesso ne sento il senso di colpa, il peso di aver giudicato, di essere stato da solo, di essere stato indifferente alle necessità. Mi affido alla tua infinita misericordia! Si, oh Signore, ho sbagliato, forse capiterà di nuovo ma so che Tu non guardi ai miei errori, ma valuti la forza e il coraggio che utilizzo per rialzarmi dalla caduta. Donami mani che incontrano, piedi che camminano e occhi che vedono. Tutto questo non per mettere in mostra il mio IO, ma per testimoniare che il cristianesimo è soprattutto questo: la gioia dell’incontro con l’altro. Amen!”

domenica 16 settembre 2018

XXIV DOMENICA T.O. (Anno B)

XXIV DOMENICA T.O. (Anno B)
«Ma voi, chi dite che io sia?»

Carissimi amici,
il Vangelo di questa domenica, ci presenta la grande professione di fede dell’Apostolo Pietro. Tutto inizia con una domanda di Gesù: «La gente, chi dice che io sia?» una domanda rivolta a ciascuno di noi, che potremmo attualizzare così: «Per coloro che sono in strada, al lavoro, a scuola, nei bar, ecc. chi è Gesù?». Le risposte che danno i discepoli sono varie, così come le daremmo anche noi. Però poi Gesù entra in dettaglio e chiede: «ma voi, chi dite che io sia?». E qui Piero si fa portavoce del piccolo gruppo e dice: «Tu sei il Cristo». Quest’ultima domanda è rivolta a noi personalmente. A Gesù non importa cosa pensa la gente di Lui, a Gesù interessa cosa penso io di Lui, cosa Gesù rappresenta nella mia vita.

La risposta che dà Pietro è vera, ma lui non conosce il suo vero significato, infatti all’annuncio della Passione e della Risurrezione, Pietro rimprovera Gesù. Ecco perché Gesù subito lo fa scendere dalla colonna di gloria che si era creato dopo questa grande professione di fede, e gli dice: «Va’ dietro a me Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». La fede di Pietro ancora non è matura, lo sarà quando, secondo la leggenda, fuggendo da Roma, incontra Gesù che va verso Roma! Il famoso «Quo vadis,Domine». Tra i due momenti sono passati tantissimi anni. La fede non è questione di tempo, ma di cuore! E qui faccio un collegamento con la seconda lettura. L’Apostolo Giacomo ci dice che la fede va dimostrata con le opere, con la vita, a parole siamo bravissimi! Conosco persone che parlerebbero per ore di Gesù, della fede, ma quando poi si arriva alla concretezza, tutti noi crolliamo!

Chi mi conosce, sa che io non utilizzo espressioni di elevata cultura teologica. Potrei farlo perché ho tutti gli strumenti, ma preferisco condividere la mia esperienza di fede, ciò che Gesù Cristo ha fatto e fa per me, (ovviamente alla luce del Vangelo!) perché è a me che Gesù chiede: «Chi sono io per te?» ed io con il mio cuore e la mia vita devo rispondere. Non posso rispondere con le parole degli altri, magari citando qualche bravo teologo, così faccio bella figura! Ma allora come fare? Come ci ha suggerito il Papa nell’Esortazione Apostolica «Gaudete et exsultate». Vivere le beatitudini e le opere di misericordia nelle piccole e grandi scelte quotidiane. E allora ecco che possiamo ritornare alla domanda personale di Gesù: «Chi sono io per te?»

Abbiamo la domanda di Gesù, abbiamo gli strumenti necessari, possiamo rispondergli, ricordando l’ammonimento di san Francesco: «Annunciate il Vangelo e, se è necessario, anche con le parole!»

“Signore, Tu per me sei l’Amore eterno. Sei quell’amico che, nonostante le mie ostinazioni, ancora mi vuoi bene e stai lì ad aspettare, senza forzare le mie scelte. Aiutami ad essere come Te, capace di avere sempre il cuore aperto all’accoglienza e al dono, ma soprattutto donami l’umiltà e la pazienza di saper accogliere le scelte dell’altro nella sua libertà, nel bene e nel male. Signore, Tu sei tutto per me, perdonami e accoglimi! Amen”

Buon cammino!



domenica 9 settembre 2018

XXIII DOMENICA T.O. (Anno B)

XXIII DOMENICA T.O. (Anno B)
«Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e parlare i muti»

Carissimi amici,
il Vangelo di questa domenica è molto interessante, perché attraverso la guarigione di un sordo, Gesù ci vuole dire che la fede non sono parole, ma testimonianza concreta.

In passato (qualcuno lo crede ancora oggi!) si credeva che se una persona era sorda, la stessa “malattia” colpiva le corde vocali e viceversa. Noto è il brano di Zaccaria che era muto e le persone intorno, «domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse» (Lc 1,62). Zaccaria era muto, non sordo! Con il tempo, finalmente, si è capito che la sordità e il mutismo sono realtà diverse da loro, anche se il mutismo è una conseguenza oggettiva della sordità. Io parlo, perché ascolto! Questa è la conclusione: so dire e leggere il mio nome, perché ho ascoltato la parola e la fonetica delle lettere.

Portiamo tutto questo discorso a livello di fede. Per testimoniare la fede, è necessario fare esperienza di Cristo. Se non «ascolto» la Parola di Dio, come posso annunciarla? Ma attenzione! È vero che il mutismo è conseguenza della sordità, ma ci sono dei sordi che parlano. Come è possibile? Semplice! Attraverso il labiale, la logopedia. In pratica la vista e il tatto sono fondamentali. Anche qui il passaggio al discorso di fede. Se io, non avendo avuto esperienza diretta della Parola di Dio perché sono stato sordo nei suoi confronti, una persona può farmi fare questa esperienza di fede. Come? Con la sua testimonianza concreta di vita. Ciò che il Papa chiama «fede per attrazione». Io vedendo il tuo stile di vita, capisco il significato del Vangelo.
Ecco allora la conclusione bella del Vangelo di oggi. Ha fatto bene ogni cosa: fa udire la sua Parola e attraverso la testimonianza concreta, fa parlare chi ancora non l’ha ascoltata.

Fede e testimonianza sono indivisibili. Non può esistere la fede senza testimonianza e non può esistere testimonianza senza fede. Dio per comunicare sé stesso, si è dovuto manifestare all’umanità «sorda» e l’umanità, attraverso questa testimonianza ha imparato ad ascoltare e a diffonderla.

Chiediamo al Signore di farci ascoltare la sua Parola e di essere testimoni del Suo Amore per coloro che riescono a sentire questo richiamo d’Amore.

“Signore Gesù, tante volte sono stato sordo nei confronti della Tua Parola. Grazie perché in questa mia sordità, mi hai trasmesso il Tuo Amore attraverso delle persone che lo hanno vissuto e lo vivono nella loro vita, permettendomi di fare questa esperienza di Amore e Misericordia. Aiuta anche me ad essere testimone della Tua Parola per aiutare le persone che sono lontane dalla fede. Per Cristo nostro Signore. Amen!”

Buon cammino!


domenica 2 settembre 2018

XXII DOMENICA T.O. (Anno B)

XXII DOMENICA T.O. (Anno B)
«Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi padri?»

Carissimi amici,
Dopo aver meditato per quattro domeniche sul vero significato dell’Eucaristia, riprendiamo il nostro cammino con il Vangelo di Marco.

Oggi il Vangelo ci vuole far riflettere sulla concretezza della nostra fede, e lo fa toccando un argomento molto caro a noi cristiani: le tradizioni, le devozioni.
Sappiamo che le tradizioni e le devozioni, sono atti esteriori che dovrebbero dimostrare la nostra fede in Dio, ma in realtà non è sempre così. Più che dimostrare la fede in Dio, dimostrano la fede agli atti esteriori in sé. Ad esempio. Se chiediamo perché facciamo una novena, la risposta sarà: «Perché si è sempre fatta!». Difficilmente troveremo delle risposte del tipo: «Perché è un tempo di preghiera e riflessione che aiuta a vivere più da cristiani!». E molto spesso si attua un antico proverbio: «Fatta la festa, gabbato lo Santo», perché tutti presenti nel giorno di festa, ma il giorno dopo tutto finito! Questo però non avviene solo a livello di devozione. Anche tra amici succede la stessa cosa. Un amico si sposa, tutti a festeggiare, dal giorno dopo quasi ci si dimentica.

Gesù ci richiama perché questo modo di fare non va bene. La fede è fiducia e anche fedeltà. Ed essere fedeli significa essere coerenti, mantenere un impegno preso. Se siamo devoti a sant’Antonio e partecipiamo alla novena e alla processione, dobbiamo anche impegnarci (con tutta la nostra umanità) a vivere come ha vissuto sant’Antonio, cioè vivere il Vangelo, altrimenti non ha senso fare novene e processioni. È una perdita di tempo ed è una presa in giro a Dio! Sorge spontanea una domanda: Come si vive il Vangelo? Una risposta molto bella e concreta la da il Papa nell’esortazione apostolica “Gaudete et Exsultate” al capitolo terzo. In questo capitolo, il Papa ci spiega in maniera molto semplice e concreta come vivere le beatitudini e le opere di misericordia. Personalmente ho meditato questo capitolo durante una novena, proprio per dire che la santità non è poi così impossibile da raggiungere e che la novena non è un semplice susseguirsi di azioni liturgiche, ma un tempo di riflessione e crescita spirituale.

Ecco allora che se noi utilizziamo le novene come un tempo di riflessione e crescita spirituale, anche la nostra quotidianità acquista tutto un altro stile, che è lo stile del Vangelo. Ridiamo un valore serio e profondo alle nostre tradizioni, affinché non siano più atti ipocriti, ma momenti di formazione e rigenerazione spirituale.

“Signore, aiutami a vivere ciò che prego, dammi il sano discernimento per tenere ciò che è utile per la fede e rimuovere ciò che è di ostacolo alla fede, così come fa il contadino con la vite e i tralci e perdona tutte quelle volte che ho pregato per “abitudine”, dimenticando che la preghiera è la forma più alta di dialogo con Te che sei la via, la verità e la vita. Amen!”


Buon cammino!