sabato 28 luglio 2018

XVII DOMENICA T.O. (Anno B)

XVII DOMENICA T.O. (Anno B)
«C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?»

Il contesto in cui si colloca questa frase è molto semplice. Abbiamo una grande folla che ascolta Gesù, ma questa folla inizia ad avere fame e Gesù chiede ai discepoli: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?»
Ci sono due riposte molto interessanti:
1)      Duecento denari di pane non sono sufficienti;
2)      C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci.
La prima risposta va contro ogni speranza: “NON SONO SUFFICIENTI”, la seconda risposta tralascia un senso di speranza: “C’È QUI”.
Gesù agisce dove c’è la speranza!

È la speranza che permette di fare grandi cose.
Chi non spera è un uomo finito, statico, non si aspetta più nulla dalla vita, è negativo e depresso. Chi invece spera è un uomo che vuole vivere perché attende che qualcosa di nuovo, di diverso accade nella sua vita. Il Papa ci invita sempre a non perdere la speranza, a non farci rubare la speranza.

Credo che i “piccoli” vivono di più la speranza.
Chi soffre spera nella guarigione, spera in una vita migliore;
Chi oggi è povero, spera che domani possa mangiare;
Chi oggi è triste, spera che domani torni la gioia;
Chi oggi è solo, spera che domani trovi un amico.

Io credo nella speranza. Ho visto e conosciuto tante persone che hannotrasformato una maledizione in una benedizione.
Ciò che dico l’ho sperimentato anche io. Cinque anni fa non ero ciò che sono ora. Da quando mi sono messo nelle mani di Dio, la mia vita è cambiata!
Quale è il segreto? Fidarsi di Dio, affidarsi a Dio.
Bisogna imparare a riconoscere che da soli non possiamo fare niente.
Anche se quello che noi siamo, che noi abbiamo è poco, dobbiamo offrirlo lo stesso al Signore e agli altri. Questo è un segno di grande speranza e umiltà!


“Signore, Tu conosci le mie potenzialità e i miei limiti, lavoriamo insieme! Aiutami a non perdere mai la speranza di dire: «Eccomi qui! Ci sono!» Sostienimi nel momento della prova, allontana da me l’egoismo e la superbia. Accetta la mia vita per quello che è, e trasformala in un dono prezioso da condividere, non per mia vanità, ma per il Tuo nome glorioso. Amen!”

sabato 21 luglio 2018

XVI DOMENICA T.O. (Anno B)

XVI DOMENICA T.O. (Anno B)
«Ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore».

Carissimi amici,
il Vangelo di questa domenica è ricco di spunti di riflessioni, anche se il tema è unico: l’essere pastore.
Una prima espressione che ha attirato la mia attenzione, è all'inizio del brano evangelico, quando Gesù dice: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto e riposatevi un po’». Gesù ci invita a stare con Lui e vivere un’esperienza di deserto, quindi di solitudine, per riposare la nostra mente, il nostro corpo. Questa è un’esperienza fondamentale e bella per il pastore e non solo! Noi esseri umani, siamo un po’ come i cellulari e i tablet. Ogni tanto abbiamo bisogno di fermarci e di stare collegati al ricaricatore, che nel nostro caso è Cristo. Vivere esperienza di deserto non è allontanarsi dal mondo per chiudersi in se stessi e impastare tutti i nostri problemi come una betoniera. Vivere il deserto significa trovare energia nuova per affrontare e risolvere i problemi. Ed ecco che è necessario un tempo per fermarsi e riflettere. Io da un paio di anni, ho fatto la scelta che un giorno a settimana lo dedico a me stesso. Un giorno per vivere l’esperienza del deserto, della tranquillità, in modo da affrontare la settimana pieno di energie nuove. Questo per un pastore è fondamentale, perché lavorare senza fermarsi mai è dannoso per il pastore e per il gregge, perché poi si arriva ad un punto in cui la tensione e lo stress accumulati, esplodono facendo grandi danni. Se in giro ci sono troppi pastori acidi, forse il motivo è che manca questo deserto di rigenerazione.

All’esperienza del deserto, segue quella dell’attività. Gesù si ritrova delle persone smarrite, ed «Ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore». Così è nata la mia vocazione e allo stesso modo sta iniziando il mio ministero pastorale. Tutto è iniziato nella mia Parrocchia di origine dieci anni fa, quando il mio vecchio parroco è stato lungamente assente per gravi motivi di salute. Vedevo giorno dopo giorno la mia comunità sgretolarsi, perché il pastore che per quasi trent’anni ha guidato quel gregge era assente! Da li, è maturata in me quest’ultima espressione di Gesù. Al termine del mio percorso formativo, mi ritrovo in una comunità dove per molto tempo è mancato un pastore, quasi a significare che la riflessione maturata alcuni anni fa, oggi, dopo un lungo periodo di deserto e formazione, si può realizzare. Queste due esperienze (deserto e missione) sono fondamentali per la mia vita. Il deserto della formazione, mi ha aiutato a capire come vivere la missione.

Infine una riflessione che va oltre la figura del pastore. Ognuno di noi necessita di una guida, di una figura di riferimento. Gesù è la guida per eccellenza. Lui, come buon pastore, guida e protegge il suo gregge. Ma la cosa più bella è che non si occupa del gregge in generale, ma si occupa di ogni singola pecora. Gesù pone la sua attenzione su tutti noi, dal più piccolo al più grande, dal più santo al più peccatore. Nessuno è escluso dall’amore di Dio! Ed ecco che anche noi, come cristiani, siamo chiamati ad occuparci non solo della società in generale, ma di ogni singolo individuo, soprattutto di coloro che ci sono più vicini. Molte volte si sente parlare di pace nel mondo, di accoglienza di chi viene da persecuzioni e guerre. Sono tutti sentimenti santi e nobili, ma se poi andiamo a vedere nella concretezza delle nostre realtà, non siamo proprio portatori di pace e accoglienza, basta vedere le nostre famiglie, i nostri piccoli paesi. Ecco allora che oggi, come non mai, c’è bisogno di essere pastori tra le persone che ogni giorno incontriamo e tocchiamo. Solo così saremo capaci di vivere la pace e l’accoglienza.

Chiediamo al Signore di aiutarci a vivere l’esperienza di solitudine con Lui per entrare pieni di energia e Spirito Santo nella missione.

Signore, grazie perché mi dai sempre l’opportunità di confrontarmi con te, di riposare con te. Grazie perché mi dai energie nuove per affrontare le problematiche che durante la settimana si susseguono, e perdonami per quelle volte che ho voluto strafare diventando acido e scontroso con il gregge. Ti chiedo di continuare a prenderti sempre cura di me, affinché possa diventare un buon pastore. Per Cristo nostro Signore. Amen!”


Buon cammino!

sabato 14 luglio 2018

XV DOMENICA T.O (Anno B)

XV DOMENICA T.O (Anno B)
«prese a mandarli a due a due»

Carissimi amici,
il messaggio del Vangelo di questa domenica è l’attività missionaria. L’essere «mandato» è una delle caratteristiche fondamentali del cristiano, perché il verbo mandare in greco si traduce con apostolo. Quindi gli apostoli sono di natura dei missionari e Gesù stesso da il comando di andare in tutto il mondo ad annunciare il Vangelo.

Nel brano del Vangelo, Gesù dà alcune caratteristiche dell’essere missionario. Innanzitutto non li manda soli, ma in coppia. Questo è un passaggio importante per alcuni motivi. Innanzitutto la credibilità. Quando si è in due, la testimonianza acquista veridicità, il singolo difficilmente viene creduto. Non a caso Gesù, tra i suoi insegnamenti, dice: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35). Non ci si ama da soli! L’amore prevede un io e un tu che diventa un noi. Un secondo aspetto è appunto la relazione. Un uomo non è nato per essere da solo, la presenza di una persona accanto è di fondamentale importanza per un dialogo, per un confronto, per un aiuto, per un sostegno.

Poi Gesù elenca una serie di cose che gli apostoli non devono portare. Tra queste serie di cose, c’è il denaro. Se pensiamo la missione con la logica dei soldi, essa durerà tanto quanto la quantità di soldi. Il denaro da una parte è indispensabile per vivere, ma dall'altra limita la nostra libertà. Pensando al mio vissuto personale, in passato ero molto legato al denaro. Poi con il tempo, vedendo la mia libertà venire meno, perché soprattutto il denaro diminuiva, ho capito che esso non doveva essere più la mia priorità, o meglio, non mi dovevo più lasciare condizionare. Così ho assunto un nuovo stile di vita basato sull'essenzialità e sulla semplicità. Ho capito che la priorità è di Dio e delle persone che Lui mi fa incontrare. Certo, la scarsità di denaro si fa sentire, ma finora non mi è mai mancato nulla! Ed è vero quando Gesù ci dice che la nostra ricompensa è cento volte tanto, perché più faccio dono della mia vita in totale gratuità, più ricevo tanta vicinanza e riconoscenza dalle persone. Certo, in giro si incontrano anche persone che rifiutano la nostra presenza, e anche qui, Gesù ci da delle indicazioni molto belle. Dice Gesù: «Se in qualche luogo non vi accogliessero […] andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi». Presa alla lettera, questa frase sembrerebbe dispregiativa, ma in realtà ha un significato spirituale molto profondo. In altri termini Gesù vuole dirci che se qualcuno non ci vuole accogliere, dobbiamo rispettare la sua libertà e andare via. Il segno di scuotere la polvere sotto i piedi è quasi un voler chiedere scusa. Questa è l’umiltà! «Ho così rispetto di te che perfino la tua polvere ti lascio». È molto bello un passaggio del Prefazio della Preghiera Eucaristica della Riconciliazione II, quando dice: «la ricerca sincera della pace estingue le contese, l’amore vince l’odio e la vendetta è disarmata dal perdono». Ecco che questo gesto di umiltà, diventa così davvero «testimonianza per loro», come ci ricorda il Vangelo. Questa è un’esperienza che ho vissuto tante volte e vi garantisco che è vera. L’amore vince sempre su tutto ed è capace di scaldare un cuore di ghiaccio. Al nostro gesto di umiltà, corrisponderà l’apertura de cuore. Magari non subito, ma si aprirà!

Semplicità è umiltà, quindi, sono le caratteristiche della missione. Partire così, con i pochi mezzi a disposizione, ma con un cuore stracolmo di amore, ed avere l’umiltà di rispettare non solo chi ci accoglie, ma soprattutto chi ci respinge.

“Signore, tante volte ho messo le risorse umane al vertice della missione e non lo Spirito Santo. Ti ringrazio perché mi hai fatto fare esperienza di ristrettezza economica per farmi aprire il cuore alla Tua infinita Provvidenza, non fatta solo di denaro, ma soprattutto di cuori aperti ed innamorati che hanno arricchito la mia anima ed il mio cuore. Aiutami a continuare questo stile di donazione gratuita verso le persone che ogni giorno mi fai incontrare. Per Cristo nostro Signore. Amen!”


Buon cammino!

domenica 8 luglio 2018

XIV DOMENICA T.O. (Anno B)

XIV DOMENICA T.O. (Anno B)
«La forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza».

Carissimi amici,
per capire bene il Vangelo di questa domenica, mi sembra opportuno partire dalla seconda lettura che oggi la liturgia ci propone, che è tratta dalla seconda lettera di san Paolo alla comunità di Corinto.

Tutta la liturgia della Parola, ha come comune denominatore i profeti giudicati male dalla propria comunità. Ezechiele viene trattato male, il salmo 122 è una richiesta di aiuto al Signore nel momento dell’umiliazione, san Paolo che si sente amareggiato nello scrivere questa seconda lettera, ed infine Gesù che viene giudicato e preso in giro dai suoi parenti. Questo è avvenuto nel passato, ma purtroppo avviene anche oggi. Quante volte ci riteniamo superiori agli altri, pensando che nessuno può insegnarci qualcosa? Quante volte giudichiamo le persone in base al loro passato o provenienza?

Riflettendo sul perché di questo pregiudizio, ho pensato che è causato dalla mancanza di intelligenza, cioè dalla mancanza di sapersi leggere dentro, di scoprire la nostra umanità. Questa incapacità di leggersi dentro, porta a giudicare l’altro quando non rispetta certi ideali morali e religiosi, o peggio se si utilizza come criterio di giudizio gli errori passati degli altri, dimenticando che come Dio ha perdonato e perdona me, perdona anche gli altri.

Ho scelto come chiave di lettura questa frase del Signore a san Paolo, perché ci fa riflettere sulla nostra umanità e sul fatto che la forza rinnovatrice dello Spirito Santo agisce nel momento in cui io sono più disarmato. Quando una persona è troppo sicura di se stessa, lo Spirito Santo non riesce ad entrare e a lavorare!

Io credo nelle conversioni e non giudico le persone che hanno avuto un passato difficile e ora testimoniano di come Cristo è capace di distruggere un cuore di pietra e sostituirlo con un cuore di carne. Ci credo perché anche io ho fatto questa esperienza, o meglio, ogni giorno faccio questa esperienza. Sì, ogni giorno! Perché ogni giorno cerco di vivere la fede nella mia umanità. Non basta dire: «Lo scorso anno Dio ha cambiato la mia vita!» Bisogna avere la capacità di dire ogni giorno: «Dio si è manifestato oggi nella mia debolezza». Gli esseri umani perfetti non esistono e non esisteranno mai in questa vita. Non esiste la conversione permanente, ma la conversione quotidiana.

Ecco, allora, che se entriamo in questa logica, non staremo più a giudicare le persone per il passato o la provenienza, perché riconosciamo in quella persona la nostra stessa umanità fatta di gioie e di dolori, di attese e speranze. Non sentiamoci onnipotenti perché abbiamo scoperto Cristo, pensando che questa esperienza è solo nostra. Chiunque può fare esperienza di Cristo e soprattutto in qualsiasi momento!

Chiediamo al Signore di farci fare questa esperienza d’Amore ogni giorno, sapendo che quando siamo deboli, allora siamo forti, perché il Signore ci dona la sua Grazia, la sua Misericordia!

“Signore, tante volte ho giudicato le persone in base al loro passato e alla loro provenienza, senza considerare il mio passato e la mia provenienza. Aiutami a guardare l’altro con la consapevolezza che la mia umanità e uguale alla sua, in modo da accoglierlo e di amarlo come me stesso. Amen!”


Buon cammino!