IV DOMENICA DI PASQUA (Anno B)
«E ho altre pecore che non provengono
da questo recinto: anche a quelle devo guidare».
Carissimi amici,
da tanti anni, questa domenica è
dedicata alle vocazioni sacerdotali e religiose, e il brano del Vangelo di
questa IV domenica di Pasqua, ci fa riflettere proprio sulla figura del
pastore, chiamato a curare e proteggere il gregge.
La frase sulla quale mi sono
soffermato è molto interessante, soprattutto per motivi pastorali. Sappiamo che
Dio non è Padre solo di coloro che sono nel recinto della fede cristiana, ma è
Padre di tutta l’umanità. Il Papa non ha la responsabilità solo sui cattolici,
ma è chiamato ad occuparsi di tutti gli uomini. Un vescovo non deve guidare
solo i sacerdoti e i fedeli della propria diocesi, ma deve occuparsi di tutti.
Un parroco non deve operare solo nei confini della propria parrocchia, ma deve
aiutare anche il confratello accanto. È proprio su quest’ultimo aspetto, vorrei
soffermarmi un po’.
Capita molto spesso di sentire di
parroci che reclamano il proprio territorio in maniera quasi ossessiva, e altri
che, non solo non curano il proprio gregge, ma portano scompiglio anche nel
gregge di altri pastori. Queste due realtà, non sono una bella testimonianza!
Nasce spontanea la domanda: Come fare? Credo che un primo passo da compiere è
il dialogo tra i pastori. Non un dialogo di cortesia, ma un dialogo pastorale:
«Caro fratello, ho questa situazione, come la possiamo risolvere? È venuta
questa persona della tua parrocchia, che succede?» Ecco. Già se inizia questo
dialogo, metà dell’opera è fatta, perché le problematiche si risolvono insieme.
Questi dissensi, si verificano soprattutto quando di mezzo ci sono i sacramenti
e il catechismo. E a questo punto non necessita solo il dialogo, ma anche il
rispetto delle disposizioni del vescovo e della Chiesa. Ad esempio. Se un
parroco, insieme ai catechisti, hanno deciso che un ragazzo non può ricevere un
sacramento, per un motivo valido (la non frequenza del catechismo e delle
principali celebrazioni liturgiche), il parroco del paese vicino, non può fare
il «buonista», ma, per rispetto dell’altra comunità, oltre che del confratello,
è tenuto a chiedere spiegazioni, e accettare la decisione del parroco e dei
catechisti. Se invece i motivi sono futili, anche qui, un confronto con il
confratello può aiutare a rivedere la decisione presa, e cercare una soluzione
insieme. Questo significa occuparsi del gregge che proviene da un altro
recinto! Questo significa vivere le cosiddette «unità pastorali», dove non
esiste il mio o il tuo, ma il nostro! Questa è la mia esperienza pastorale che
sto vivendo in tre parrocchie con tre figure davvero belle, due sacerdoti e un
diacono. La bellezza sta proprio nel dialogo, nel rispetto reciproco, nella
vicinanza sia spirituale, sia pastorale. Anche se in luoghi diversi, in paesi
diversi, come direbbe san Luca, viviamo con un cuor solo ed un’anima sola (Cf
At 4,32). Questa bella testimonianza di vita sacerdotale e pastorale, è ben
accolta dalle comunità e anche loro stanno iniziando a camminare in questo
stile. Non più l’uno contro l’altro, ma l’uno per l’altro.
Vi ho parlato di questa esperienza,
perché questa è una delle tante meraviglie della vita sacerdotale. Una vita
consacrata a Dio, ma totalmente donata per una comunità. In questi ultimi anni,
ho imparato davvero tanto, e ringrazio il Signore, per avermi fatto fare questa
esperienza, che apre gli orizzonti, apre il cuore. L’essere sacerdote è davvero
bello, se si entra nella dinamica della condivisione, dell’amore. Solo così il
presbiterio può essere una famiglia, una casa. E un sacerdote felice rende
felice tutta la comunità.
Chiediamo al Signore di illuminare
tutti i sacerdoti, affinché possano scoprire la bellezza della condivisione e
dello stare insieme.
“Signore,
grazie per avermi chiamato a realizzare questo progetto d’amore con Te. Grazie
perché mi hai fatto scoprire la bellezza della condivisione sacerdotale, dello
stare insieme e del lavorare pastoralmente insieme. Ti chiedo di aiutare tutti
i sacerdoti a mettere da parte il proprio io e aprirsi al dialogo pastorale con
gli altri sacerdoti. Per Cristo nostro Signore. Amen!”
Buon cammino!
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