sabato 24 febbraio 2018

II DOMENICA DI QUARESIMA (anno B)

II DOMENICA DI QUARESIMA (anno B)
«Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa»

Carissimi amici,
la Liturgia, nella seconda domenica di Quaresima, propone il brano evangelico della Trasfigurazione. È un testo molto bello, ricco e profondo.
Partiamo innanzitutto descrivendo ciò che accade. Gesù, insieme a tre discepoli, sale la montagna. Sulla montagna avviene qualcosa di grande. Dio Padre rivela l’identità di Gesù e invita ad ascoltare la sua Parola. Successivamente una condivisione di questo evento e poi una discesa. Da questa brevissima sintesi emergono tre cose importanti per il nostro cammino quaresimale. C’è una salita, che indica il cammino che stiamo facendo; c’è un annuncio “kerigmatico” che indica l’ascolto della Parola al quale segue una condivisione del messaggio ricevuto; poi c’è una discesa che indica che il messaggio ricevuto, non è stato compreso, c’è bisogno di tornare indietro e rincominciare il cammino.

Proprio su questo ultimo passaggio, mi vorrei soffermare: la discesa!
Pietro e gli altri due discepoli, assistono a qualcosa davvero di unico. Dio che rivela chi è Gesù e lo fa non solo con le parole, ma anche attraverso un segno grandioso. Accanto a Gesù compaiono Mosè ed Elìa, questo a significare che Gesù è la pienezza della Legge e dei Profeti. Attenzione ad un particolare molto interessante, che ci fa capire anche il senso della discesa dal monte. Tutte le rappresentazioni della Trasfigurazione, collocano Gesù al centro e gli altri due personaggi ai lati, questo proprio per dire che Gesù è il centro di tutto. Ma Pietro, da buon ebreo, cambia l’ordine. Al centro mette Mosè, la Legge e di fianco Gesù e Elìa. (non a caso per gli Ebrei, Gesù è paragonato ad un profeta). Pietro non ha compreso l’insegnamento di Gesù, Pietro non ha capito chi è Gesù, ed ecco che deve tornare indietro, scendere a valle e rincominciare il cammino. La Quaresima non è altro che questa continua ricerca del Volto di Dio. Nella prima lettura, Abramo supera la prova e sul monte fa festa con l’ariete impigliato tra i cespugli, Pietro, invece, deve provarci di nuovo.

Il fallimento, non è la fine, ma un occasione per rincominciare. Pietro non è sceso da solo. Con lui c’era Gesù. Gesù ci accompagna sia quando facciamo cose buone, sia quando dobbiamo rincominciare dopo un errore, un fallimento. Questo è il senso anche del Sacramento della Riconciliazione. Si scende insieme con Gesù, per iniziare un nuovo cammino.

Chiediamo al Signore di aiutarci a fare un cammino serio e profondo.

“Signore, tante volte sono arrivato in vetta, ma non ti ho incontrato. La gioia di essere arrivato, non mi ha fatto comprendere chi davvero Tu sei. Ti ringrazio perché mi hai preso per mano e insieme siamo scesi giù per fare un nuovo cammino. Aiutami Signore, stammi sempre vicino. Amen!”


Buon cammino a tutti!

sabato 17 febbraio 2018

I DOMENICA DI QUARESIMA (Anno B)

I DOMENICA DI QUARESIMA (Anno B)
«In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto»

Carissimi amici,
da qualche giorno è iniziato il cammino della Quaresima. Mercoledì delle Ceneri dicevo l’importanza di questo tempo, di questo cammino. Un tempo di ricerca, di scoperta, un tempo nel quale ognuno di noi è chiamato a mettersi in discussione, per ritrovare l’essenzialità della vita.

La prima domenica di Quaresima, la liturgia ci propone i brani evangelici che raccontano le tentazioni di Gesù nel deserto. Il Vangelo di Marco, che proclamiamo in questo anno, non elenca le varie tentazioni che Gesù affronta, ma rimane sul generico, infatti dice: «Nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana». Il tema delle tentazioni è importante, all’inizio del cammino quaresimale, perché esse sono lo strumento sia di Dio e sia di Satana.
Strumento di Dio, in quanto ci aiutano a cercare sempre di più la verità e a rafforzare la nostra fede, in altre parole è una palestra. Strumento di Satana, perché attraverso di esse, vuole allontanarci da Dio. Quindi prepariamoci, perché in questo cammino verso la Pasqua, ci sarà molto da lavorare per dire SI a Dio e NO a Satana.

Dopo questa introduzione, mi vorrei soffermare sulla frase che ho scelto, perché è molto interessante è profonda. Lo Spirito Santo che sospinge Gesù nel deserto. Ciò che mi colpisce è il verbo «sospingere». Dalla traduzione latina, significa «spingere su», cioè un accompagnamento verso l’alto. Lo Spirito Santo che fa salire Gesù, verso questo luogo molto importante, dal punto di vista spirituale, che è appunto, il deserto. Non a caso le persone che vivono in luoghi solitari, sono detti eremiti, perché deserto proviene dal greco eremos, ma ancora è più incisiva l’espressione ebraica midbar, che significa il luogo della Parola. Gesù che vive questa forte esperienza di silenzio e di ascolto della propria coscienza, ma soprattutto della voce del Padre. Mi piace anche il significato che da il vocabolario italiano al verbo sospingere. Tra i vari esempi è citato il delicato soffio del vento che apre le vele e spinge la barca. Lo Spirito Santo, che soffia, guida e accompagna Gesù. Un’immagine davvero molto suggestiva!

Ecco allora, che sarebbe bello, se anche noi, chiediamo allo Spirito Santo di farci fare questa esperienza, mistica da un lato, e di forte ricerca e discernimento dall’altro.
Chiaramente il deserto non è solo esperienza mistica e ascetica, il deserto è anche solitudine, austerità, fatica, disagio (soprattutto per chi abitualmente è indaffarato in tante cose). Io l’ho fatta varie volte, e vi assicuro che è una bellissima esperienza. L’ultima che ho fatto, è stata la scorsa estate, durante il corso di esercizi spirituali vicino Spoleto, nel silenzio della natura. La cosa che più mi è rimasta nel cuore è quando passeggiavo in mezzo a decine di piante fiorite di lavanda. Il profumo che emanavano e il sistematico e delicato ronzio di migliaia di api che attingevano il polline dalla lavanda, mi hanno aiutato a svuotare la mente da tanti pensieri e concentrami su me stesso e sul Signore. come vorrei ripercorrere di nuovo quel vialetto!

Chiediamo al Signore la grazia di poter cercare di vivere questa esperienza.

“Signore, manda il Tuo Santo Spirito a sospingermi nel deserto. Aiutami a fare un fruttuoso cammino di ricerca, e soprattutto donami la forza di resistere agli assalti del maligno. Ti chiedo tutto questo in nome di Cristo nostro Signore. Amen!”


Buon cammino nel deserto a tutti!

mercoledì 14 febbraio 2018

MERCOLEDÌ DELLE CENERI


MERCOLEDÌ DELLE CENERI
«Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo».

Carissimi amici,
oggi iniziamo il cammino della Quaresima, che ci conduce al grande Triduo Pasquale del Signore morto e risorto per la nostra salvezza.

La Quaresima è un tempo di ricerca, di silenzio, di preghiera, di dialogo, di penitenza, di contemplazione, di adorazione. Un tempo nel quale siamo chiamati a riscoprire l’immenso amore di Dio per noi.
Tanti sono gli elementi e le caratteristiche di questo tempo, ma io mi vorrei soffermare sulle tre dinamiche che il Vangelo di oggi ci espone: la preghiera, la carità, il digiuno.

Sappiamo che la preghiera non è solamente un ripetere dei testi biblici-poetici, ma è soprattutto un dialogo aperto (che per coloro che hanno poca esperienza, sembra di più un monologo!) tra noi e Dio. Chiaramente è un dialogo sui generis, perché non è un dialogo verbale o gestuale, ma un dialogo cuore a cuore, dove a parlare non è la nostra bocca, ma la nostra anima. Chi coltiva questo modo di pregare, sa cosa sto dicendo!
Cosa dice la nostra anima in questo dialogo? Tutto ciò che abbiamo dentro. Gioie e dolori, attese e speranze, in un contesto di libertà e verità. La nostra anima, il nostro cuore, davanti a Dio, non hanno timore di tirare fuori tutto ciò che hanno dentro, non utilizzano i filtri che noi utilizziamo per evitare l’imbarazzo. Ecco allora che la preghiera diventa lo strumento che ci permette di mettere a nudo la nostra vita davanti a Dio. E come risposta, Dio ci dona un vestito nuovo, come nella parabola del Padre misericordioso. Il figlio si butta tra le braccia del padre in spirito di libertà e verità, e il padre lo riveste di una nuova dignità (Cf. Lc 15,11-32).

La carità, invece, non è solamente dare delle monete ai mendicanti o fare delle donazioni alla Caritas o altre organizzazioni umanitarie, ma è un qualcosa di più!
Quando parlo della carità, chiedo sempre qual è la differenza tra la carità che fa un cristiano e la carità che fa un ateo. Dal punto di vista del risultato concreto, non c’è nessuna differenza, il povero è aiutato ugualmente da entrambi. La differenza sta nelle motivazioni. (ad essere sinceri, l’ateo, nel fare la carità, è più bravo di noi!) l’ateo lo fa per filantropia, o semplicemente per sé stesso! Il cristiano dovrebbe, e sottolineo dovrebbe, farlo perché nel povero riconosce il Volto di Cristo (Cf. Mt 25,31-46). Su questo, difettiamo un po'! Questo non vale solo per chi è nel bisogno. Gesù ci invita a fare la carità reciproca (Cf. Gv15,12). Anche chi sta bene economicamente ha bisogno della nostra carità, del nostro amore. Dio è in ogni uomo proprio perché Egli ci ha creati a sua immagine e somiglianza (Cf. Gen1,27).

Il digiuno, la penitenza, non sono solo pratiche esteriori che riguardano solo il cibo, ma ci servono per sviluppare alcune virtù utili non solo nel percorso di fede, ma anche per la vita quotidiana. Alcune virtù sono: la pazienza, l’umiltà, il discernimento. Queste virtù, ci aiutano a riscoprire l’essenzialità della nostra vita. L’autunno scorso, per un paio di mesi, ho limitato la mia presenza sui social network ed è stata una bellissima esperienza, che mi ha «disintossicato» da tantissime fake news o inutili condivisioni che su facebook si trovano quotidianamente. Spesso la tentazione di dover commentare tutto, di fare polemiche con tutti è forte, soprattutto su temi molto delicati. Certo non è un peccato mortale, ma sicuramente, quel continuo rispondere, può essere occasione di peccato, nel senso che ti coinvolgi così tanto in quei commenti, da dimenticare tutta la realtà che ti circonda. Ovviamente non è l’unica esperienza di digiuno, c’è ne sono tante. Ecco, sarebbe bene che, almeno in questo tempo forte, facciamo tutti un po' di digiuno e di penitenza, proprio per riscoprire e fortificare le virtù sopra elencate.

In questo tempo di Quaresima, è opportuno vivere anche il sacramento della Riconciliazione. La domanda classica, quando si parla di questo sacramento è: «ma cosa devo dire al sacerdote?». Questa domanda è motivata da due fattori. Il primo è dalla parte del penitente, che, avendo perso il senso del peccato, non sa più cosa deve confessare, o meglio ancora, non sa da dove cominciare. Il secondo fattore è dalla parte del confessore, perché ogni confessore ha un suo approccio a questo sacramento. C’è chi lascia parlare il penitente, chi fa domande (a volte troppe, mettendo in imbarazzo il penitente), chi scambia il confessionale per l’ambone o per una cattedra facendo omelie o lezioni di morale, insomma un po' di tutto.

A tal proposito, mi permetto di consigliare un metodo, che a me, come penitente, mi aiuta tanto. Faccio li mio esame di coscienza e poi la confessione, utilizzando tre passaggi semplici, ma incisivi, che si possono collegare benissimo, anzi, vanno a concretizzare i tre elementi della Quaresima, che sopra ho esposto.
1)      Il mio rapporto con Dio (la preghiera);
2)      Il mio rapporto con gli altri (la carità);
3)      Il rapporto con me stesso (il digiuno/penitenza).

La confessione, poi, non è solo dire il peccato in maniera diretta (ho rubato!), ma è un dialogo vero e sincero. Utilizzando questi tre passaggi, è più semplice descriverli e soprattutto raccontarli. Ad esempio: «eh padre, il mio rapporto con Dio, non è sempre lineare. La preghiera è quasi assente, mi ricordo di Lui solo quando ho bisogno per un tornaconto personale. Con gli altri è ancora più difficile, con quella persona litigo sempre e non so come affrontare la situazione. Con me stesso non ne parliamo. Le tante situazioni che mi coinvolgono, non mi permettono di curare bene il mio corpo, lo stress degli impegni mi sta logorando dentro e fuori, ecc.». Chiaramente questo è un esempio generico, ma utilizzando questi tre elementi, ho toccato i punti essenziali e fondamentali della vita. E come sarebbe ancora più bello se, dopo aver raccontato queste nostre difficoltà, il confessore ci istruisse, proprio per cercare una soluzione, un modo per riparare al male fatto e magari darci un consiglio per evitare di rifarlo.

Ecco, allora, che i tre elementi della Quaresima, sono importanti e utilissimi per migliorare la nostra vita e per vivere in pace e serenità anche il sacramento della Riconciliazione.

Chiediamo al Signore di illuminarci sulla preghiera, sulla carità e sul digiuno, affinché possiamo vivere, non solo la Quaresima, ma tutta la nostra vita, questo cammino di ricerca del Bene assoluto, che è Dio.

“Signore, aiutami a riscoprire e a vivere queste grandi virtù. Fa che in questo tempo di Quaresima, possa ritrovare la gioia di stare con te, con i miei fratelli e anche con me stesso, perché soltanto un cuore libero da tante angosce e preoccupazioni è capace di amare di un amore vero e profondo. Amen!”

Buon cammino di Quaresima a tutti!

sabato 3 febbraio 2018

V DOMENICA T.O. (Anno B)

V DOMENICA T.O. (Anno B)
«Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto».

Carissimi amici,
il Vangelo di questa domenica, ci descrive Gesù come colui che guarisce le infermità, le malattie del corpo e soprattutto dell’anima.
Due sono le cure principali che Gesù «prescrive» a questi malati e a noi povere creature: la Misericordia e l’Eucaristia. Qualche anno fa, Papa Francesco, consegnò a tutti i fedeli presenti a San Pietro, la «misericordina», come a dire che la nostra cura è la preghiera. Solo la preghiera e i Sacramenti, sono in grado di mantenere sana la nostra anima e di conseguenza anche il nostro corpo, perché se la nostra anima è triste, anche il corpo ne risente. Conosco persone che sono riuscite a superare momenti di grave malattia, proprio grazie alla «serenità dell’anima». Infatti anche molti medici dicono che affrontare la sofferenza con uno stato emotivo e psicologico positivo, aiuta e facilita la ripresa dalla malattia. Fondamentalmente, anche la depressione arriva perché l’animo della persona è seriamente turbato. Ed ecco allora che necessita curare la propria anima!

Dopo questa riflessione sul tema centrale del Vangelo di oggi, mi vorrei soffermare su un particolare molto interessante. Alla richiesta degli Apostoli di continuare a guarire le persone, Gesù risponde che vuole andare altrove, in altri villaggi. Perché questa decisione? Riflettendo su questa cosa, mi sono venute in mente due risposte.
La prima è che Gesù non si è incarnato per poche persone, ma per tutti, quindi è giusto che si occupi anche di altre persone. La seconda risposta è che Gesù è il Rabbì, il maestro. Il maestro insegna, dà delle nozioni, ma poi spetta all’alunno mettere in pratica ciò che il maestro ha insegnato. E come se Gesù dicesse: «Bene, vi ho dato gli strumenti necessari per un buon percorso di fede. Buon lavoro!».
Questo aspetto è molto importante, perché noi, molto spesso ci leghiamo a eventi particolari, a persone che hanno doni e carismi speciali. Quante volte sento dire: «Ah, io vado là perché c’è quel prete meraviglioso, che sa parlare bene, che sogna la Madonna…». La domanda che spesso Gesù si è posto e che dobbiamo, oggi, anche noi porci è questa: la fede è fondata sulle parole, sui miracoli, su certe persone, oppure è fondata nella Risurrezione che ha salvato l’intera umanità?

Gesù ci ha dato la cura per la nostra anima. Adesso tocca a noi fare questa cura che Lui ci ha prescritto. Se non facciamo la cura che ci ha prescritto, è inutile stare dal medico. In concreto, se non vivo i Sacramenti, la preghiera, è inutile che sto sempre a chiedere e lamentarmi che tutto va storto. È vero che Gesù non rifiuta nessuno, però si rimane sempre sullo stesso punto, come un cane che si morde la coda. A cosa serve dire che io sto con Gesù, per poi rimanere fermo e bloccato?
Chiaramente, più la malattia dell’anima è grave, più ci vuole tempo per guarire, ma noi non dobbiamo pensare al tempo, ma dobbiamo pensare a seguire il percorso di riabilitazione che ci ha proposto Gesù. E soprattutto ricordiamoci che ciò che ci propone Gesù è proporzionato alle nostre capacità, quindi niente di impossibile.
L’ostacolo più grande da superare è la pigrizia e la paura di incominciare. È stato difficile anche per me, ed è difficile davanti ad una nuova sfida, ma la speranza e la «cura di Gesù»  mi danno tanta grinta per andare avanti. Ma non solo la speranza nel futuro, ma anche la consapevolezza di aver fatto dei progressi nel percorso di fede, mi aiuta a non mollare e andare avanti. E se sono riuscito io a capire questo, può farlo chiunque!

“Signore, ti ringrazio per avermi insegnato come superare le difficoltà. Grazie, perché ogni volta che la mia anima si ammala a causa del peccato, sei sempre pronto a curarmi con la Tua Misericordia. Amen!”


Buon cammino!