sabato 28 novembre 2020

I DOMENICA DI AVVENTO (Anno B)

I DOMENICA DI AVVENTO (Anno B) 
«Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate»

Carissimi amici,
con questa domenica, iniziamo il nuovo anno liturgico con il tempo dell’Avvento, che ci accompagnerà fino al 24 dicembre. L’Avvento, come dice la parola stessa, è un tempo di attesa. Esso è strutturato in due momenti. Il primo momento (I-II settimana) è l’attesa escatologica, cioè si riflette e si prega sul ritorno glorioso del Signore. il secondo momento (III-IV settimana) è l’attesa messianica, cioè facciamo memoria della prima venuta del Signore, ovvero la nascita nella grotta di Betlemme. 

Come primo momento, il Vangelo ci propone uno dei discorsi escatologici di Gesù, il quale invita ad essere vigilanti e pronti perché Lui potrebbe tornare quanto prima.
Chiaramente, noi non sappiamo il giorno e il momento quando questo avverrà, l’unica certezza assoluta è che ritornerà!
Per capire un po’ questo concetto, possiamo paragonare questo tempo di attesa ad una persona che ogni giorno tiene in ordine la casa, nell’eventualità che qualcuno vada a trovarla. Oppure quando una coppia riceve la notizia che tra circa nove mesi avrà un figlio, già da subito, con grande gioia e trepidazione, iniziano a preparare tutto per accogliere questa nuova vita. Così come anche due fidanzati, che curano il loro amore, in attesa che arrivi il giorno del loro matrimonio.

Ecco, alcuni esempi di quotidianità, che ci aiutano a riflettere sul senso dell’Avvento. Come noi ci impegniamo a fare queste cose, così dovremmo impegnarci ad accogliere il Signore. Come? Mettere in pratica ciò che abbiamo meditato nel Vangelo di domenica scorsa, ovvero le opere di Misericordia, che non sono solo quelle corporali e spirituali, ma soprattutto i nostri talenti, il tutto vissuto nella preghiera e nella fede, perché, se a ciò che facciamo manca il cuore e l’amore, abbiamo messo in mostra il nostro io e non Dio!
Allora possiamo sintetizzare il messaggio di Gesù in questo modo: vivi ogni giorno in prospettiva dell’ultimo. Dove l’ultimo non è la morte, la tomba, ma la risurrezione, il Paradiso.

Chiediamo al Signore di renderci saldi ed irreprensibili, come ci ricorda San Paolo, fino alla venuta gloriosa del Signore.

“Signore, il Tuo invito ad essere vigilante, mi è di grande aiuto, perché spesso mi lascio distrarre dalle cose del mondo. Continua ogni giorno ad esortarmi a vivere il Vangelo, in modo da poter gustare in pienezza il Tuo Amore e la vita senza fine. Amen!”

Buon cammino!

sabato 21 novembre 2020

XXXIV DOMENICA T.O. (Anno A)

XXXIV DOMENICA T.O. (Anno A)
Solennità di Cristo Re dell’Universo
 
«In verità io vi dico: tutto quello che avete fato a uno dei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me».

Carissimi amici,
la Solennità di questa domenica conclude l’anno liturgico e la Chiesa ci fa riflettere sul giudizio universale, raccontato nel capitolo 25 di Matteo.
È un testo molto bello, ricco e coinvolgente, dai tratti apocalittici, dove si parla del ritorno glorioso e del giudizio ultimo di Dio.

Quest’oggi vi propongo una riflessione che va oltre le già note opere di Misericordia. Domenica scorsa, ho spiegato che i talenti sono doni che il Signore ci ha dato e che noi siamo chiamati ad investire. In quella spiegazione mi ero soffermato molto sull’aspetto sociale dell’investimento dei talenti. Oggi proviamo a sostituire, o meglio, ad aggiungere i nostri talenti, alle opere di Misericordia, e vedremo come i nostri talenti sono il «pass» per il Paradiso.
Faccio qualche esempio, in modo da essere più chiaro. Se il Signore mi ha donato il talento della musica, io suono non solo per diventare famoso e prendere gli applausi degli altri, ma perché, attraverso la musica, gli altri facciano esperienza del divino. Così come l’arte, la cultura, l’artigianato, ecc.

Entriamo ancora di più in profondità. Prendiamo le opere di Misericordia così come le ha elencate Matteo e vediamo come le abbiamo vissute realmente nella quotidianità della nostra vita, perché io Mariano un giorno ho avuto fame e qualcuno mi ha dato da mangiare, ho avuto sete e qualcuno mi ha dato da bere, ero malato e qualcuno si è preso cura di me, ero solo e qualcuno mi è stato accanto. Sto parlando dei miei genitori! Tutti noi abbiamo vissuto questa esperienza, perché siamo stati e siamo figli. E Se i genitori vivono questo, non lo fanno per sport o per perdere tempo, ma lo fanno perché hanno tra le mani il dono meraviglioso della vita. E se questo è vero nella dimensione genitoriale, vale anche al contrario, quando i nostri genitori diventano anziani e hanno bisogno di noi. Prendersi cura dei bambini e degli anziani è la cosa più difficile, ma è la cosa più bella, perché ti permette di vivere questa pagina del Vangelo. E io ho maturato questa cosa, proprio sulla mia pelle. E non dimentico chi ha vissuto e vive le opere di Misericordia nei miei confronti, come allo stesso tempo non dimentico nemmeno chi è stato indifferente nel momento del bisogno. Le “selezioni” non si fanno se uno è bello o brutto, simpatico o antipatico, ma sulla carità, sull’Amore! E soprattutto le selezioni non le fa il Signore, ma ci selezioniamo da soli. Lui mette sono in ordine. Questo è quello che oggi ci ha insegnato il Vangelo.

Noi siamo ciò che viviamo. Tocca a noi decidere se essere pecore o capre!

“Signore, grazie perché mi hai aiutato a capire che non basta solo fare le opere di Misericordia, ma che c’è bisogno di viverle per il bene mio e degli altri. Perdonami se a volte mi sono lasciato prendere dall’orgoglio e non ho agito secondo la carità cristiana. Aiutami a vivere nella carità e nella gratuità, ricordando che tutto ciò che faccio agli altri, lo faccio a Te. Amen!

Buon cammino!

sabato 14 novembre 2020

XXXIII DOMENICA T.O. (Anno A)

 XXXIII DOMENICA T.O. (Anno A)

«Bene, servo buono e fedele – gli disse il padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone».

 

Carissimi amici,

domenica scorsa, Gesù ci ha esortato alla vigilanza, a pensare al futuro vivendo il presente. Oggi ci invita a mettere a frutto, a investire i nostri talenti. Al tempo di Gesù, i talenti erano soldi, oggi i talenti sono le qualità, le abilità che ognuno di noi possiede.

 

Il Signore, a ognuno di noi ha dato dei talenti. C’è chi ha il talento per la musica, chi per la pittura, chi per lo studio, chi per lo sport, chi per l’artigianato, ecc.

La domanda fondamentale è: «io investo i miei talenti che il Signore mi ha donato?». Dal punto di vista spirituale è importante porsi questa domanda, perché il Vangelo di oggi è l’anticipo del testo che mediteremo domenica prossima, ovvero le opere di Misericordia.

 

In una comunità cristiana, è fondamentale mettersi in gioco, non solo per se stessi, ma soprattutto per gli altri. Se prendiamo i vari talenti che ho citato, vissuti in una comunità parrocchiale, ci permetteranno di far crescere la comunità, perché ci sarà chi suona, chi dipinge, chi studia la teologia o la storia della propria comunità, chi aiuta i giovani in attività di sport nell’oratorio, chi sistemerà le attrezzature della parrocchia, ecc. Ma questo poi vissuto non solo nella parrocchia, ma anche nella società.

 

Quanti giovani passano le loro giornate davanti ai bar o davanti le slot machine, oppure chiusi in casa con i videogiochi. Alla domanda: «Cosa vuoi fare?» c’è sempre la risposta: «eh, ma non c’è lavoro, meglio rimanere in casa!». È vero, il lavoro dipendente è difficile trovarlo in questo periodo, ma il lavoro indipendente è sempre disponibile! Tutti, e dico tutti, abbiamo dei talenti e delle qualità. Mettiamole a frutto, investiamo su questi talenti che abbiamo. Usciamo dalla mentalità di essere sotto qualcuno per poter far qualcosa. Questi talenti, vissuti con spirito cristiano, saranno il nostro «pass» per il Regno dei Cieli, e lo vedremo domenica prossima. Le opere di Misericordia, non sono solo quelle che Matteo scrive nel suo Vangelo, ma sono tutti i nostri talenti.

 

Il Signore mi ha donato il talento della musica. Non ho avuto la possibilità di frequentare il conservatorio, ma non mi sono arreso! Con pazienza e tenacia, ho imparato a suonare e sono felice di animare le celebrazioni, ma non solo! Mi sento felice anche quando suono da solo, perché è un dono che il Signore mi ha dato e io lo ringrazio così, mettendo a frutto questo talento. Così come tante altre cose. Qualcuno dice che al posto del cervello ho un vulcano, ed in parte è vero, perché non mi sono fermato mai davanti a niente. Una società migliore la possiamo realizzare, se lo vogliamo!

 

Vi lascio con queste domande di riflessione:

Quali sono i tuoi talenti?

Come li hai investiti?

 

“Signore, ti ringrazio per avermi donato dei talenti. Aiutami a riconoscerli e a investirli, soprattutto nella carità. Perdonami per quelle volte che mi sono tirato indietro, pensando a me stesso e non agli altri che in quel momento avevano bisogno del talento che Tu mi hai donato. Aiutami ad essere ogni giorno strumento del Tuo Amore, proprio attraverso i talenti che mi hai donato, non per mio orgoglio, ma per la Tua Gloria. Amen!”

 

Buon cammino!

sabato 7 novembre 2020

XXXII DOMENICA T.O. (Anno A)

XXXII DOMENICA T.O. (Anno A)
«La Sapienza […] si lascia trovare da coloro che la cercano»

Carissimi amici,
nel Vangelo di questa domenica, Gesù ci fa riflettere su due realtà: la saggezza e la stoltezza.
Vediamo cosa sono queste due realtà, partendo dal loro significato semantico.

Saggio proviene dal latino sapidus che significa avere senno, avere sapore. Il saggio è la persona sapiente, prudente, avveduta. Avere il dono della Sapienza, della saggezza, è molto importante, perché ti permette di rimanere vigile, attento sulle situazioni della vita. Il Saggio spesso è visto con sospetto, perché non si lascia condizionare dalle correnti, ma le sa prevedere e si sa preparare. Questo è il motivo per il quale dico sempre di verificare ogni notizia, di ragionarci sopra, di fare quello che comunemente chiamiamo discernimento. Tanti piccoli o grandi errori si possono tranquillamente evitare utilizzando la saggezza, che non significa essere muti e fermi, ma capaci di agire con intelligenza e scaltrezza.

Stolto proviene dal latino stultus che significa grossolano, insipiente, sciocco, immobile. Tra questi significati, due attirano la mia attenzione: insipiente e immobile. Essere insipiente è l’esatto contrario dell’essere sapiente, ed è facile capirlo. Immobile indica la persona che sta ferma, che non sa cosa fare, che non sa ragionare e vive costantemente in balia delle correnti e delle ideologie.

A livello umano, abbiamo capito che la saggezza è la soluzione a tutti i nostri problemi. A livello spirituale, la saggezza ci aiuta a ricercare e a vivere la vera fede. Che non si limita alle poche nozioni che abbiamo imparato o che ci hanno detto, ma che ci permette di fare un cammino serio, soprattutto rompendo quelli che sono i nostri schemi e preconcetti, ormai obsoleti. La stessa pagina del Vangelo, ogni giorno ci da nuovi spunti di riflessione. Cose che non avevamo mai capito.

La Sapienza è uno dei sette doni dello Spirito Santo. Chiediamo al Signore di mentes tuorum visita […] Accende lumen sensibus di visitare le nostre menti, di essere luce all’intelletto, come recita l’inno del Veni Creator. 

Sarebbe davvero bello, ogni mattina, cantare il Veni Creatori per sentire questa forte presenza di Dio nella nostra vita. Non è un caso che esso viene cantato sempre all’inizio di un ritiro o di un momento particolare di preghiera. Senza lo Spirito Santo, nulla di buono si realizza nella nostra vita, rischiando poi di vivere da stolti!

Buon cammino!