sabato 20 ottobre 2018

XXIX DOMENICA T.O. (Anno B)

XXIX DOMENICA T.O. (Anno B)
«Maestro, volgiamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo»

Questa frase mi ha toccato profondamente perché molto spesso la vivo. La parola centrale è VOGLIAMO. Come se fosse un comando. Non è un desiderio, ma un avere. È bello vedere i bambini quando chiedono qualcosa ai genitori: «Papà, mamma posso fare questo? Posso andare la?». Noi grandi invece “vogliamo”, ad ogni costo, ad ogni condizione, disposti a fare tutto pur di ottenere (almeno quando chiediamo). Spesso lo faccio anche io e quante volte mi sono ritrovato con le mani vuote, quante volte Dio ha infranto le mie pretese. Spesso sento dire: «Ma perché Dio non mi ascolta?» più che dire questo, domandiamoci: «ma io come ho chiesto?». Tutto si gioca sulla modalità di porre la domanda a Dio, senza fingere di essere umili, pensando: «adesso, con il viso umile, chiedo al Signore e Lui mi esaudisce!». Illusi! La vera umiltà nasce nel cuore e soprattutto essa è silenziosa. Se noi pensiamo per un solo istante di essere umili, in quel momento abbiamo peccato di superbia. Il Signore sa tutto di noi, Lui vuole che siamo sinceri nel chiedere.

Vi racconto un episodio che mi è capitato il mese scorso.
La notte del 6 settembre, mia madre è stata ricoverata d’urgenza in ospedale per una forte emorragia interna causata da un’ulcera perforata. I medici ci avevano dato il 50% delle possibilità che mamma si salvasse. Dopo un delicatissimo intervento chirurgico, viene portata in rianimazione e lì è rimasta per 10 giorni. I medici, anche se hanno dato il massimo, avevano perso le speranze, e ogni giorno che andavamo a parlare con loro, era sempre la stessa risposta: «è stabile, ma non possiamo prevedere niente!». In quei giorni invocai il miracolo. Chiesi al Signore di svegliarla, ma non ottenni niente. Poi mi ricordai che il Signore aveva esaudito molte mie preghiere in passato e capì che avevo sbagliato modalità. Intanto mia madre dalla rianimazione, è stata portata nel reparto di chirurgia e anche qui i medici ci parlavano di condizioni critiche e lunghezza di tempi, impossibili da prevedere. La mia preghiera ormai era diventata questa: «Signore, non chiedo altro! Tu sai e conosci, fai tu ciò che è più giusto!». Dopo 40 giorni d’ospedale, i medici hanno stabilito che mia madre nei prossimi giorni potrà tornare a casa. Si, il Signore ha fatto ciò che riteneva giusto! Ha “premiato” la preghiera, non fatta di richieste, ma di affidamento: «Fai tu, mi fido di te! Nel bene e nel male».

Non è la prima volta che mi succede una cosa simile! Ogni volta che prego in questo modo, il Signore esaudisce la mia preghiera, ecco perché ogni giorno dico al Signore: «Signore, ti affido tutte le persone che pregano per me e che si affidano alla mia preghiera. Tu conosci il loro cuore e la loro situazione, fai Tu!». Questo significa che tutto dipende dal nostro cuore. Per ottenere dobbiamo abbandonare i nostri calcoli e affidarci alle braccia di Dio. Dal Signore non possiamo pretendere nulla, ci ha dato la cosa più bella ed importante che è la vita, il suo Amore e la sua Misericordia. «Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno.» (Eb4,16).

“Signore, aiutami a non pretendere niente da Te, cerca di rendere il mio cuore puro dalla superbia e dall’orgoglio. Chiedo perdono per tutte le volte che ti ho sfruttato e comandato, ma soprattutto chiedo perdono per le volte che ho sfruttato gli altri. Gesù, Misericordia. Amen!”


Buon cammino!

domenica 14 ottobre 2018

XXVIII DOMENICA T.O. (Anno B)

XXVIII DOMENICA T.O. (Anno B)
«Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!».

Carissimi amici,
il Vangelo di questa domenica è molto interessante, perché ci fa riflettere su un aspetto importante che caratterizza la nostra vita: la ricchezza. Ovviamente non parliamo di ricchezza soltanto economica. Gesù non è contro la ricchezza in generale, ma contro alcuni atteggiamenti che girano intorno alla ricchezza, come viene gestita la ricchezza.

Facciamo qualche esempio. Un uomo di umili origini che ha vissuto sempre in povertà, mai un problema con nessuno, si ritrova quasi al termine della vita, un enorme capitale in denaro. Come è possibile questo? Probabilmente durante la sua vita è stato avaro con se stesso e con gli altri, non ha vissuto in pienezza la vita, perché doveva accumulare. Oppure una persona ricca di doti e qualità che rimane indifferente alla realtà che lo circonda, vivendo nel suo orgoglio ed egoismo. Ecco, Gesù a queste persone dice che così non si può entrare nel regno di Dio. Ed è facile immaginare il perché. Nel regno di Dio si entra solo se si è capaci di amare, di lasciarsi amare e questo significa condividere le proprie ricchezze, sia materiali, sia intellettuali. Chiaramente non esiste tariffa! Ognuno condivide in base alle proprie possibilità (questo lo vedremo meglio tra qualche domenica, quando si parlerà della povera vedova).

Personalmente credo in tutto questo. Perché ho vissuto e cerco di vivere questa dimensione di condivisione. Qualcuno mi dice che ho le mani bucate, che non so mettermi da parte dei soldi. In parte è vero, perché spesso arrivo a fine mese con pochi euro, ma nonostante tutto sto benissimo e non mi manca il necessario per vivere. E questo “necessario” che non mi manca, proviene dalla condivisione che gli altri fanno con me. Attenzione non è uno scambio, un baratto, come chiedeva il tale a Gesù! Perché questa condivisione avviene tra persone diverse. Questa è la logica della condivisione, dell’amore fraterno. Il tale si allontana da Gesù, perché Lui gli ha chiesto di condividere con i poveri, con gli altri.

Il messaggio del Vangelo è proprio questo: l’amore non è scambio tra pari. L’amore è condivisione, è donazione libera e nulla pretende in cambio (cf. 1Cor 13). Ed è bello che alla preoccupazione dei discepoli, Gesù risponde che se per l’uomo è impossibile salvarsi da solo, non lo è per Dio. Questo significa che nonostante la durezza del cuore umano, Dio continua ad amarci al punto da rompere il nostro cuore di pietra. Ed ecco che Pietro dice: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito» e Gesù risponde che la ricompensa non la darà Lui personalmente, ma saranno gli altri a ricompensare le fatiche, proprio nella logica della condivisione.

Come al solito, Gesù non ci chiede cose che sono lontane dalle nostra capacità e possibilità. Ci dice di amare, non a parole, ma con i fatti, cioè con la nostra vita, donando ciò che Lui (attraverso gli altri) ci dà. È difficile, ma non impossibile. Provare per credere!

Signore, grazie per avermi insegnato il valore della condivisione. In questi anni ho donato tanto e allo stesso tempo ho ricevuto tantissimo e perdonami se non sempre mi viene spontaneo condividere. Converti ogni giorno il mio cuore, perché possa amare sempre più intensamente Te e le persone che mi poni accanto. Amen!”


Buon cammino!

domenica 7 ottobre 2018

XXVII DOMENICA T.O. (Anno B)


XXVII DOMENICA T.O. (Anno B)
«Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola».

Carissimi amici,
il Vangelo di questa domenica ci fa riflettere sul valore del matrimonio e dell’Amore. Da un lato abbiamo i farisei che vogliono legittimare il divorzio, parlando di divisione, dall’altra parte, invece abbiamo Gesù che parla di unione, anzi di fusione. Nella storia dell’umanità, sappiamo chi divide: il diavolo. Ovviamente questo discorso di Gesù va capito bene! Se una coppia rischia di distruggersi a vicenda in maniera grave, chiaramente le cose sono diverse, ma questo è un altro argomento!

Ciò che mi preme sottolineare oggi, è il messaggio di fondo del Vangelo. Gesù parla di indissolubilità del matrimonio, ma c’è un altro sacramento indissolubile che lega per sempre due realtà: il battesimo! Con il battesimo, noi ci leghiamo in maniera indissolubile al Signore, in particolare alla morte e risurrezione di Gesù. E il diavolo, ogni giorno vuole farci separare da Dio!

Come è possibile diventare una sola carne con Cristo? Attraverso l’Eucaristia. Non solo quella ricevuta, ma anche quella donata, cioè la nostra vita. Vivere l’Eucaristia, farsi Eucaristia, è l’unico modo di essere una carne sola in Cristo. Così come diceva san Paolo: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). E se noi viviamo questo stile di vita (con tutte le difficoltà umane!), ecco allora che anche il matrimonio diventa indissolubile. E come sarebbe bello se ogni giorno il marito dicesse alla moglie e viceversa: «questo è il mio corpo che è dato per te!». E allo stesso modo i genitori nei confronti dei figli. Non è romanticismo, è Vangelo! Quel corpo donato, è la vita consegnata nelle mani dell’altro, fino al gesto più estremo e profondo: morire per l’altro che poi diventa un vivere per l’altro!

Donare la propria vita, è sempre doloroso, perché bisogna fare spazio all’altro nel nostro cuore, e accoglierlo così com’è. Certamente gli spigoli vanno smussati, altrimenti non si riesce a vivere bene insieme, ma donare la propria vita è anche gioia, perché ti permette di vivere una relazione vera e profonda con l’altro, e questo vale in tutte le realtà: famiglia, scuola, lavoro, Chiesa, ecc.

Chiediamo al Signore di aiutarci a vivere queste relazioni in maniera autentica.

“Signore, grazie per la tua fedeltà nei miei confronti. Aiutami ad essere una sola carne con te, per poter vivere in maniera profonda le relazioni con gli altri e perdonami per quelle volte che mi sono allontanato da te e dai miei fratelli. Amen!”

Buon cammino!