venerdì 30 ottobre 2015

XXXI DOMENICA T.O. (Anno B) - SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI

XXXI DOMENICA T.O. (Anno B)
SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI
«Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli»

Questa domenica, tutta la Chiesa è in festa perché loda e ringrazia Dio per il dono di tante persone che hanno testimoniato l’amore di Dio e hanno vissuto l’insegnamento delle beatitudini.
I santi non sono solo quelli che la Chiesa ha riconosciuto ufficialmente, ma anche quegli uomini e quelle donne che hanno servito il Signore nel silenzio e nell'anonimato.
La vocazione di ognuno di noi è la santità. Siamo nati per diventare santi!

Il problema nasce su cosa fare per diventare santi. Personalmente penso che le beatitudini e le opere di misericordia (che mediteremo il 2 Novembre) sono delle ottime indicazioni che ci conducono al Paradiso e alla santità.

I due brani ci fanno capire che in ogni situazione della nostra vita, noi siamo μακαριοι, cioè Benedetti.
Dio non ci disprezza quando siamo vuoti interiormente, quando siamo nella sofferenza, nella solitudine, nella persecuzione, nelle umiliazioni, ma è con noi. Perdonate il gioco di parole… Dio bene-dice di noi.
Ma solo la grazia dello Spirito Santo ci permetterà di riconoscerlo in queste realtà.

E allora capiamo che il Paradiso non è così lontano, la santità non è impossibile.

Le beatitudini diventato un segno concreto di speranza. Cristo non è risorto invano, ma attraverso la sua Pasqua ci ha fatto capire che se anche il male ci darà fastidio (la Passione), non avrà mai e poi mai l’ultima parola (la Risurrezione).
I Cristiani non sono i seguaci di un Dio morto, ma sono i seguaci di un Dio risorto, vivo e presente nella storia di ogni uomo, nel bene e nel male.

Chiediamo al Signore di continuare a benedirci in ogni condizione della nostra vita.


“Signore, aiutami in questo cammino terreno a vivere i tuoi insegnamenti, rendimi consapevole di essere benedetto da Te anche quando sono nel peccato, nella sofferenza spirituale e fisica. Perdonami quando io stesso ho maledetto le Tue beatitudini, considerandole una profonda ingiustizia. Solo ora capisco che, solo attraverso di esse si può accedere al Tuo amore e alla Tua infinita Misericordia. Grazie per questo immenso dono. Amen!”

Affidiamo al Signore anche tutti i nostri cari defunti...

venerdì 23 ottobre 2015

XXX DOMENICA T.O. (Anno B)

XXX DOMENICA T.O. (Anno B)
«Cosa vuoi che io faccia per te?»

Se domenica scorsa ci siamo messi dalla parte di coloro che chiedono, oggi proviamo a metterci dalla parte di coloro che danno un qualcosa.
Gesù fa la domanda del “servo”, o meglio, di colui che deve servire. Spesso questa domanda mi piace ascoltarla più che pronunciarla, ma Gesù, che è Dio, non prova vergogna nel formulare questa domanda, lo fa nella logica del servizio, dell’amore.

Mi colpisce l’atteggiamento del cieco. Egli era li per mendicare, chiedere i soldi alle persone che passavano.
Egli conosceva Gesù, sapeva che era importante, poteva chiedergli qualsiasi cosa: ricchezza, potere, fama, ecc. Invece si accontenta di riavere la vista.
Il cieco chiede a Gesù la vista, la dignità. È la fede in Gesù, che lo porta a gridare e a sperare in un futuro migliore, che non è fatto di elemosina, ma di dignità. Quella dignità che manca a chi è senza lavoro, senza una casa, nella piena solitudine.
Papa Francesco continua a dirlo, lo ha detto in terra di Molise, lo ha detto a Scampia (Na)…
All’uomo di oggi non manca il pane, ma la dignità di portarlo a casa, di guadagnarlo onestamente.

La domanda che fa Gesù al cieco, proviamola a farla a chi non ha lavoro, a chi prova un disagio sociale, a chi è solo…
Spesso mi fermo con queste persone, non cercano soldi, cercano una persona capace di ascoltare, di prestare una spalla su cui sfogare il proprio dolore, le proprie preoccupazioni per un futuro incerto.
È Gesù stesso che mi chiede: «Mariano, cosa vuoi che io faccia per te?»


“Signore, una cosa la puoi fare: continua ad amarmi e a perdonarmi. Soprattutto quando resto indifferente ai bisogni di chi mi vive accanto. Mi hai messo alla prova in modo da sperimentare la generosità degli altri e della tua Provvidenza. Una generosità che non viene solo dal portamonete, ma da sentimenti dettati dall’amicizia, dal rispetto, dall’amore. Grazie per avermi messo accanto persone capaci di amare, di sostenere e soprattutto capaci di insegnarmi a vivere il servizio della carità. Una carità fatta nel nome di Gesù Cristo, nostro Signore. Amen!”

sabato 17 ottobre 2015

XXIX DOMENICA T.O. (Anno B)

XXIX DOMENICA T.O. (Anno B)
«Maestro, volgiamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo»

Questa frase mi ha toccato profondamente perché molto spesso la vivo. La parola centrale è VOGLIAMO. Come se fosse un comando. Non è un desiderio, ma un avere. È bello vedere i bambini quando chiedono qualcosa ai genitori: «Papà, mamma posso fare questo? Posso andare la?». Noi grandi invece “vogliamo”, ad ogni costo, ad ogni condizione, disposti a fare tutto pur di ottenere (almeno quando chiediamo). Spesso lo faccio anche io e quante volte mi sono ritrovato con le mani vuote, quante volte Dio ha infranto le mie pretese. Spesso sento dire: «Ma perché Dio non mi ascolta?» più che dire questo, domandiamoci: «ma io come ho chiesto?». Tutto si gioca sulla modalità di porre la domanda a Dio, senza fingere di essere umili, pensando: «adesso, con il viso umile, chiedo al Signore e Lui mi esaudisce!». Illusi! La vera umiltà nasce nel cuore e soprattutto essa è silenziosa. Se noi pensiamo per un solo istante di essere umili, in quel momento abbiamo peccato di superbia. Il Signore sa tutto di noi, Lui vuole che siamo sinceri nel chiedere.

Vi racconto un episodio che mi è capitato il mese scorso.
Dal 27 settembre al 3 ottobre, insieme ai miei compagni di seminario, abbiamo partecipato alla “missione popolare” ad Avezzano (Aq). I primi due giorni i missione, per me sono partiti sottotono perché non mi erano state affidate attività rilevanti da svolgere e non sapevo cosa fare. In breve, mi stavo annoiando! Il secondo giorno, durante un momento di adorazione, davanti a Gesù Eucarestia, c’erano due cestini. Nel primo cestino bisognava mettere un foglio con la preghiera personale, nel secondo cestino bisognava prendere un bigliettino con una frase biblica. Ad un certo punto, mi sono alzato, ho preso il foglietto bianco e ho scritto: «Signore, sono scoraggiato e sfiduciato. Perdonami ed aiutami!». Ho chiuso il foglietto, l’ho messo nel cestino e ho preso la frase biblica. Sul foglietto c’era il testo di Mc 16,15. Ho guardato Gesù e gli ho detto: «Ma come! Mi prendi in giro? Io ti chiedo aiuto perché voglio fare qualcosa e tu mi rispondi così?». Dal giorno successivo sono stato chiamato a fare varie attività: volantinaggio, visita alle famiglia, visita in ospedale, cenacoli del Vangelo, oratorio, scuola, ecc.

Non è la prima volta che mi succede una cosa simile! Questo significa che tutto dipende dal nostro cuore. Per ottenere dobbiamo abbandonare i nostri calcoli e affidarci alle braccia di Dio. Dal Signore non possiamo pretendere nulla, ci ha dato la cosa più bella ed importante che è la vita, il suo amore e la sua Misericordia. «Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno.» (Eb4,16).


“Signore, aiutami a non pretendere niente da Te, cerca di rendere il mio cuore puro dalla superbia e dall’orgoglio. Chiedo perdono per tutte le volte che ti ho sfruttato e comandato, ma soprattutto chiedo perdono per le volte che ho sfruttato gli altri. Gesù, se puoi, perdonami. Amen!”